Il fallimento degli Stati e l’assunzione di responsabilità individuale, Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 22 agosto 2011, www.ilmattino.it

Più o meno tutti, torniamo al lavoro. Un rientro strano, per molti il primo di questo genere. Si ritorna a lavorare con la consapevolezza di essere più poveri, e con la quasi certezza che i guai non siano affatto finiti qui.

E’ tutto diverso dall’ultimo “rientro in piena crisi”, quello del 2008. Allora a non avere più soldi, e a rischiare di fallire, erano le grandi banche d’affari (la più nota: Lehman). Oggi sono gli Stati. E la reazione psicologica delle persone è molto diversa.
Pochi credono che tutto dipenda da aspetti tecnici, come i mutui subprime all’origine della crisi di tre anni fa, o da oscure cricche finanziarie internazionali. Anche nelle prime sedute terapeutiche post vacanze, le persone sono preoccupate per gli enormi debiti pubblici, e la banalità dei discorsi dei governanti occidentali, titolari degli stessi.
Questa consapevolezza, che ispira le preoccupazioni delle persone che lavorano, crea in esse un atteggiamento psicologico nuovo. Anche se tutti hanno paura di tasse, balzelli, disordine, emerge l’intuizione che non si tratta di un “momento” ma di un vero e proprio passaggio, forse destinato a cambiare profondamente i sistemi economici e dunque la stessa vita dell’Occidente. Ciò conferisce alle persone anche più forza e determinazione.
Pochi si aspettano che i politici estraggano dal cappello un coniglio miracoloso, e i più preferiscono invece contare su di sé. Il pericolo fa sì che l’assumersi ogni responsabilità in prima persona appaia come l’unica mossa possibile, e la sola che potrebbe davvero cambiare la situazione.
Infatti, anche se il linguaggio della politica ha coperto questa realtà con ragioni ideologiche di vario tipo, la psiche umana sa bene, per un’intuizione elementare, che contare su ciò che non si ha (energie non tue, denari che non hai guadagnato, eventi che non si sono prodotti), mette chi lo fa in una posizione molto pericolosa, che può portare alla rovina. E’ la reazione elementare per la quale il generale De Gaulle, non un vero politico né un economista, ma dotato di buon senso contadino, richiamato al potere dai francesi, pretese il saldo in oro, con periodicità fissa, dei debiti prodotti nel periodo in dollari, moneta che già negli anni 60 del secolo scorso riteneva troppo indebitata.
Cinquant’anni dopo scoppia (come molti prevedevano già allora) la “bolla” dei debiti sovrani. E le persone, in Italia come negli altri paesi, più o meno a malincuore, ricominciano a progettare contando soprattutto sulle proprie forze.
I fallimenti degli Stati che hanno assunto ormai da tempo la fisionomia ambigua di genitori scialacquatori e disordinati, corrotti come quasi sempre accade ai bancarottieri, richiamano i cittadini ad assumersi le proprie responsabilità.
A differenza delle “crisi tecniche” (di origini poco comprensibili), quella attuale, dalla natura assai più chiara, non sembra suscitare reazioni di tipo depressivo, o lamentoso, ma operativo. Quando le navi si incrinano pericolosamente, è più interessante capire come salvarsi che indagare sulle colpe degli ufficiali. E’ questo l’atteggiamento, piuttosto spregiudicato e vitale, che sembra presiedere al nostro rientro. Tra le tante difficoltà si fa strada una quasi-certezza: sbaglia chi conta su forze e risorse che non ha.
L’antico sapere del padre di famiglia condiviso istintivamente dall’animale impegnato nella lotta per la vita, ritrova la sua secolare dignità. Non è certo la fine dei problemi, ma è un inizio.

Un commento

  1. Appunto, questo non può che essere l’epocale segno della necessità di un autentico cambio di spartito giacché la realtà si è già conformata a nuovi paradigmi pertanto per poter risultare competitivi in siffatto mondo non bisogna lasciarsi incantare dalle lusinghe di chi continua a nuotare nei privilegi di casta… giacché la realtà pretende radicali sostanziali riforme per indispensabili a superare l’assillante ammorbante obsolescenza per rendersi strutturalmente competitivi urgono strutturali innovazioni adottando soluzioni “a filiera corta” dinamiche -elastico flessibili – adattive sin dagli ingressi adottando anche un sistema elettorale all’altezza quanto il SEMIALTERNO prefigura per allinearsi ad una siffatta nuova realtà “informatizzata”! Serve un sistema elettorale che si strutturi secondo le esigenze dei nostri tempi ovvero che su una base proporzionale venga sostituito da una mandata al maggioritario in caso di fine anticipata della legislatura, ma, in questa evenienza la legislatura entrante non può modificare la Costituzione dopo la quale comunque, si ritornerà a mandate a base proporzionale! Proprio perché ad ogni latitudine il momento pretende soluzioni sistemiche capace d’ingenerare un autentico concorrenziale bipolarismo dinamico aperto all’intero catalogo delle opportunità serve che esso strutturalmente enuclei quelle “benchmarketing” soluzioni capace di farci allinearci a quanto la stessa realtà offre su molti fronti grazie a quanto le nuove tecnologie ed internet schiudono. Pertanto, si rende inderogabile adottare sistemi aperti che strutturalmente agiscano direttamente sui processi in modo da riuscire a spezzare rischi d’autoreferenzialità “di casta” e che ci mantengono prigionieri di quel latente storico “inciucio” che la storia italiana annovera che ingenera costantemente quel rissoso immobilismo che fa arrancare la stessa politica facendole confondere mezzi e fini in modo tale da lasciare ai soliti speculatori di turno mano libera!
    Allora per rendersi competitivi, significa strutturarsi in modo concorrenzialmente aperti quanto il semialterno prefigura, solo così ci si ritroverà ricettivi a sempre nuovi spazi di libertà e capaci di evitare rischiosi condizionamenti nel compendio mondiale. Quindi, non serve solo ridurre il costo della politica dimezzando il numero dei politici ma indispensabile risulta saper ridurre anche i livelli d’intermediazione burocratici – amministrativi che sono or giunti purtroppo a ben 10 considerando i dieci livelli che l’anacronistica piramide politico-amministrativa racchiude come autentici gironi infernali il cittadino italiano-europeo incartandolo dal livello circoscrizionale comunale fin su a quello dell’apice europeo!? Pertanto, per cambiare e risultare competitivi e contestualmente risultare autentici europeisti serve concepire gli stessi parlamenti degli stati europei a costante decrescente numero di membri sino alla loro autentica scomparsa ridurre l’elefantiaca farraginosa burocrazia europea significa innanzitutto richiamarsi a quel primordiale europeismo che giungerebbe a coniare un’autentica unità politica europea –Stati Uniti Europei- che la renderebbe capace d’assumersi le proprie responsabilità politiche… diversamente anche gli “eurobond” rimarranno un miraggio anziché l’unico contingente modo per contrastare l’attuale infiammata speculazione! Il fatto stesso che la Banca centrale europea -BCE- accettò di trattenerci per i capelli investendo enormi cifre nell’acquisto dei nostri titoli pubblici ne segna l’inevitabile esigenza di dover proseguire su questo fronte! Giacché imprescindibile resta la necessità di ristrutturare ovunque il sistema nel suo complesso in ragione ed alla luce di quanto le nuove tecnologie già permettono fare… solo così, si potrà iniziare ad armonizzare la crescita, la giustizia sociale, diritti e qualità della vita delle persone, democrazia e legalità. Urge un autentico “new deal” che renda flessibile e snella la struttura nel suo complesso a filiera corta affinché se ne possano rimuovere tutte quelle anacronistiche discrasie che si perpetuano nello spazio tempo. Siffatte anomalie che fertilizzano la speculazione fine a se stessa e che ha gonfiato in modo spropositato le rappresentanze politiche ed amministrative ed i livelli burocratici determinando scandalose retribuzioni e liquidazioni di manager sia pubblici che privati… arrivando perfino all’assurdo di “pagare con doppio stipendio i dirigenti statati e permettendo carriere per i fuori ruolo” M. Gabanelli e B. Iovene http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/25/Quei_super_dirigenti_statali_pagati_co_8_110825041.shtml
    … ed all’incredibile “eredità di partiti defunti” http://www.pietroichino.it/?p=15278 , ecc. Pertanto, per poter cambiare musica urgono nuovi spariti affrontando in modo strutturale la questione sin dal sistema elettoral-istituzionale – SEMIALTERNO! Giacché, per non soccombere serve ridurre anche quell’elefantiaca farraginosa burocrazia europea! Così come anche in Trentino dove, nonostante precedentemente siano stati considerati fuori legge i comprensori, si agisce in senso contrario, infeudando sempre più il territorio con anacronistiche denominate “comunità di valle” quando per risolvere i contingenti problemi bastava ricorrere ad istituire dei “semplici dinamici elastico-flessibili consorzi” a scomparsa: progettati alla bisogna su specifici scopi e concretezze per poi dissolversi! Invece, si continua anticamente ad ingrossare ed ingrassare – infeudare con una mordente pluto burocrazia – di casta per ulteriormente ingessare ed imbalsamare la nostra realtà! Allora, come supporre di potersi ritrovare competitivi quanto i nuovi emergenti paesi che s’aiutano con le nuove tecnologie per rendersi continuativamente sempre più strutturalmente elastici e snelli a filiere operative corte iniziando da quelle burocratiche! L’eccesiva ubriacatura di “federalismo formale” ci fa intendere la sussidiarietà solo come un semplice auspicio!?

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