Il lavoro di servizio nell’HOSPICE: bisogno, interazioni, deontologia, intervento della psicologa LUCIANA QUAIA al Seminario formativo dedicato al libro: SGUARDI SUL SERVIZIO SOCIALE: ESPERIENZE E LUOGHI DI UNA PROFESSIONE CHE CAMBIA, a cura di MARIA LUPPI, ANTONELLA BREGANTIN, ANTONELLA MAIOCCHI, LUCIA MARIANI, FrancoAngeli editore, 4 novembre 2016, ore 8,30-12,30

 

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QUI SOTTO GLI APPUNTI DELL’INTERVENTO


 

1 il bisogno

Le esperienze assistenziali dell’hospice hanno come propria filosofia la sostituzione del principio della “cura come guarigione” con quello del “prendersi cura” attraverso una relazione dove il malato possa trovare, unitamente alle cure palliative, calore, sincerità e competenza per vivere al meglio l’ultimo tratto della sua storia.

L’hospice si inserisce come anello complementare nella rete dei servizi: quando le cure all’interno dell’abitazione non rispondono più ai bisogni del malato, quando non sono più applicabili terapie adatte ad alleviare le sofferenze del paziente, quando la famiglia che assiste ha bisogno di sostegno, ecco che l’hospice diventa il luogo più simile all’ambiente domestico per accogliere il malato.

L’hospice accoglie i pazienti affetti da patologie inguaribili nella fase terminale della malattia (principalmente oncologici) che diventano utenti di questo servizio. La loro sofferenza  parte da una malattia organica, ma  non manca di esprimersi ad un livello che coinvolge tutta la persona, nelle sue dimensioni fisiche, psicologiche, sociali, spirituali.

I servizi forniti da un’assistenza hospice possono essere riassunti nel modo seguente: ricovero, cure sanitarie prevalentemente palliative, assistenza psicologica, sociale, spirituale, accompagnamento del familiare nella rielaborazione del lutto, presenza di volontari, supporto domiciliare quando il malato viene accolto per brevi periodi e poi dimesso.  Il numero dei pazienti è compreso tra le 10 e le 15 persone.

Il personale operante è composto da: personale medico ed infermieristico, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, psicologi, assistente sociale, volontari e assistente spirituale che operano tutti in sinergia per sviluppare compliance all’interno del triangolo malato – famiglia – èquipe curante

Centralità del malato e, pertanto, centralità della sua famiglia.

2. Le interazioni

La figura che più si integra con il lavoro dello psicologo è quella dell’assistente sociale, che interviene dal punto di vista relazionale in sintonia con l’aspetto sociale. Ricordiamo che spesso un problema psicologico può crearne uno sociale e che uno sociale può nascondere problemi a livello emotivo.

Oltre all’assoluta integrazione di questa figura professionale con il resto dell’equipe di cure palliative, ci sono interventi svolti a favore dell’unità di cura malato/famiglia che riguardano svariati e molteplici tipologie di casi.

Interventi di aiuto alla famiglia: la malattia inguaribile spesso comporta drastiche modificazioni all’interno della struttura familiare e conseguenti necessità di ristrutturazione dell’equilibrio, per esempio quando si ammala chi rivestiva ruolo di capofamiglia o di organizzatrice della gestione domestica. Oppure figli giovani che lavorano e non sono al corrente delle normative nazionali e regionali che tutelano i loro diritti e sono all’oscuro di alcuni benefici di legge (riconoscimento dell’inabilità al lavoro o l’eventuale pensione di reversibilità che può essere erogata al coniuge supersite, al minore o al disabile, i permessi lavorativi). Possono nascere difficoltà economiche se il malato è ancora in età lavorativa. Ci può essere la necessità di disbrigo di pratiche burocratiche che sottrarrebbero al tempo dell’assistenza e alla vicinanza al proprio congiunto malato

In alcuni casi l’assistente sociale è l’unica figura in grado di effettuare un’approfondita anamnesi sociale per fornire un quadro completo della famiglia e delle sue funzioni, compreso il livello di assistenza che la rete familiare è realisticamente in grado di fornire e le risorse eventualmente attivabili, per esempio quando un malato oncologico si stabilizza e può essere dimesso di nuovo al domicilio, con un supporto di aiuto.

Può anche verificarsi che l’utente sia una persona con patologia psichiatrica sola o con familiari vulnerabili che necessitano di una particolare tutela.

Vi sono anche i cosiddetti “casi sociali”, persone che non possono contare sulla famiglia, sono in condizioni di totale povertà e la loro abitazione inagibile o non adatta alle nuove condizioni di salute.

C’è l’incontro con altre culture: il malato oncologico straniero può avanzare richieste del tutto estranee alla nostra cultura (rifiutare la presenza di operatori donne; richiedere particolari momenti per la preghiera, effettuare rituali al momento del decesso difficilmente integrabili con lo spazio dell’hospice, necessità di contattare associazioni specializzate per il rientro della salma nel paese di origine).

Ci sono i casi di persone colpevoli di reato o vittime di gravi episodi di cronaca; gli etilisti o i tossicodipendenti; i malati di demenza; i disabili fisici e psichici …

L’assistente sociale, se non è in grado di provvedere direttamente a risolvere tali problemi, diventa figura essenziale per il raccordo con altri servizi territoriali competenti, verificando il buon esito delle sue segnalazioni.

Quindi ruolo interno, ma anche ruolo di mediazione con l’esterno con i diversi interlocutori formali e informali (medico di medicina generale, centri di igiene mentale, tribunali, distretti di competenza, servizi di assistenza domiciliare), ovvero tutti quei servizi che contattati e attivati costituiscono il tanto perseguito “lavoro in rete”.

3. Deontologia

La Carta dei diritti del morente compilata dal Comitato etico della Fondazione Floriani, i cui principali punti etici sono assolutamente in linea con i principi deontologici già presenti nei codici deontologici di psicologi, assistenti sociali, medici, infermieri) : 

Rispetto della dignità (il morente ha diritto a essere considerato come persona fino all’ultimo; al sollievo del dolore e della sofferenza; a morire in pace e con dignità)

Libertà personale di prendere decisioni (a essere informato sulle sue condizioni, se lo vuole; a partecipare alle decisioni che lo riguardano e al rispetto della sua volontà; a non subire interventi che prolunghino il morire;  a non essere ingannato e a ricevere risposte veritiere esprimere le sue emozioni;

Eguaglianza (all’aiuto psicologico e al conforto spirituale, secondo le sue convinzioni e la sua fede; a non morire nell’isolamento e in solitudine)

Partecipazione della famiglia (alla vicinanza dei suoi cari)

Integrazione e lavoro di rete (a cure di assistenza continua nell’ambiente desiderato)


vai a tutti gli audio del Convegno:

Audio del Seminario formativo: SGUARDI SUL SERVIZIO SOCIALE: ESPERIENZE E LUOGHI DI UNA PROFESSIONE CHE CAMBIA , a cura della Università di Milano Bicocca/Corso di laurea in Servizio Sociale e dell’Ordine Assistenti Sociali della Lombardia, Milano, 4 Novembre 2016, ore 8,30-12,30, aula 2 edificio 7. L’incontro di formazione è centrato sul libro dallo stesso titolo curato da MARIA LUPPI, ANTONELLA BREGANTIN, ANTONELLA MAIOCCHI, LUCIA MARIANI, FrancoAngeli editore

2 commenti

  1. Questo articolo merita un encomio per come innalza la figura dell’assistente sociale, nella dimensione del prendersi cura della persona. Grazie prof. Ferrario

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