da: https://www.segnalo.it/TRACCE/CIT/CIT.htm
INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA’
Paolo Conte, Bella di giorno, in Psiche, 2008
Io so chi tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
l’istinto ti sa
trattare ti sa
guidare ti sa
con poche parole precise
poche parole decise
e uno sguardo d’intesa
un’elegantissima scusa
come una bella di giorno
tu sei il mondo che hai intorno
sei bella senza ritegno
nell’acqua fresca di un bagno
io so che tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
e sola
INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA’
ieri sera mi sono lasciata andare al riposo conservando nella mente e nel cuore questa vostra SPLENDIDA,
EMOZIONANTE associazione.
l’intuito mi ha fatto soffermare anche su quel “tu sei il mondo che hai intorno”.. parole che mi hanno fatto andare al
libro “Il Sistema Uomo” di Silvia Montefoschi.. allora
“.. tu sei il soggetto che mostra se stesso, quale presenza nel mondo, nel farci riflettere il mondo”…
“.. Il soggetto si rivela pertanto nel momento riflessivo in cui il mondo riflette se stesso; il momento in cui il mondo si
crea discorrendo di sé. Esso è dunque “l’ineffabile”, così come lo è il parlante che non può parlare di sé se non
come oggetto del suo stesso discorso. Il soggetto pertanto non è, ma diviene, sfuggendo sempre alla sua
oggettivazione.
Ma se del soggetto non si può parlare come di un oggetto del mondo, perché è esso stesso che parla di sé parlando
del mondo, ciò vuol dire che esso, “l’ineffabile”, è del mondo, quale scaturigine del discorso che non è mai finito.
Sicché, se “[su] ciò di cui non si può parlare si deve tacere ” (Wittgenstein) è perché si deve necessariamente stare
in silenzio fintanto che in noi l’ineffabile non parli, parlando del mondo, o è forse meglio dire fintanto che il mondo
non torni a parlare in noi, parlando di sé.”…
Così..
“ripetere gli scritti gli uni degli altri, servono da strumenti a questo Spirito per dare al mondo opere sempre nuove. E
se le anime
sapessero sottoporsi a quest’azione, la loro vita non sarebbe che una continuazione
delle divine scritture, le quali si esprimono fino alla fine del mondo non più con l’inchiostro e sulla carta, ma nei cuori.”
J.P. de Caussade
L’abbandono alla divina provvidenza
prisma
INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA’
“Se cerco di cogliere sul piano esperienziale il fenomeno intersoggettivo che io assumo come parametro, strumento
e finalità del mio interagire col paziente, devo dire che esso si rivela a me come la felice condizione dell’esistere
con l’altro senza bisogni.
Se però analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fonda sul soddisfacimento di due bisogni che le sono
essenziali; quello che l’altro ci sia, in quanto è grazie all’esserci dell’altro che io mi manifesto come esistente e mi
riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poiché mi riconosco solo se sono libera di dirmi e di darmi così come, di
volta in volta, l’esistere dell’altro mi rivela a me stessa.
In questa felice condizione, quindi, non percepisco altri bisogni se non quelli della presenza dell’altro e della mia
libertà. Non sono forse questi i requisiti dell’esistere dell’uomo come soggetto?
…
Devo procedere nell’analisi di queste caratteristiche: la relazione e la libertà.
Il primo bisogno del soggetto per essere tale è l’esistenza di un altro da sé. Molte sono le forme sotto le quali questo
altro si fa presenza agli occhi dell’uomo: può essere, di volta in volta, il mondo esterno, ovvero il mondo delle cose e
dei valori sociali, o il mondo interno, ovvero il mondo dei pensieri e degli affetti; può essere il Tu umano, l’altro
dell’incontro, o il Tu interiore, l’altro cui l’uomo si riferisce quando è con se stesso; può essere la corporeità
dell’uomo o i suoi comportamenti o i suoi modi di rapportarsi al mondo, nel momento in cui egli se ne distacca per
riconoscerli e riferirli a sé; può essere infine l’uomo nella sua globalità, quando l’uomo stesso prende da se
medesimo la distanza necessaria per definirsi in una identità.”
in Silvia Montefoschi, L’Uno e l’Altro: interdipendenza e intersoggettività, Feltrinelli, 1977, ora in Silvia Montefoschi,
L’evoluzione della coscienza, Opere, Volume Secondo – Tomo 1, Zephyro Edizioni, Milano 2008, p. 74-75.
INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA’
un frammento di intersoggetività preso dal film L’amore ha due facce di Barbra Streisand (amabile donna!):
“Ti amo anche se sei bella!”
INDIVIDUO PSICHE
Un buon metodo per star bene, conosciuto da sempre, potrebbe essere quello di cercare di essere se stessi,
senza continuamente conformarsi, o dipendere dall’approvazione degli altri
individuo psiche
Fu una pioggia di stelle sul mio viso.
Sentii gravarmi da un infinito cielo
soffice, di calda luce.
Sentii la terra nelle mani
e nei capelli,
e fu il sapore di quella terra in bocca
e di quel bacio,
e fu il risucchio del mio corpo
dalle profondità abissali di quel cielo,
e fu un sussulto, un grido
di sovraumana gioia,
a sentire quel cielo entro il mio ventre,
quel cielo e quella terra,
la mia stessa terra
fatta della mia carne e del mio sangue.
Fu come un dileguarmi
in quella pioggia d’infinite stelle,
e ritrovarmi
nella dolcezza di un abbraccio amico,
umido ancora
di un sapor di latte,
di lacrime infantili
e di lontani baci.
in Silvia Montefoschi(a 26 anni), Fu una pioggia di stelle sul mio viso (Napoli 1952), Laboratorio Ricerche Evolutive di
Giampietro Gnesotto Editore, 1989
INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA’
lascio qui, per tutti, “Il canto d’amore del Vivente ovvero l’epifania dell’infinito” in “La glorificazione del vivente
nell’intersoggettività tra l’uno e l’altro”.
Tu sei
in quanto io ti penso
quale pensante me
e io sono
in quanto tu mi pensi
quale pensante te
sicchè
tu non cessi di pensarmi
e quindi di esserci
finchè io ti penso
e io non cesso di pensarti
e quindi di esserci
finchè tu mi pensi
E se
è il mio pensarti
a far sì che tu ci sia
quale pensante me
ed è il tuo pensarmi
a far sì che io ci sia
quale pensante te
tu non puoi cessare
di pensare me
perché io non posso cessare
di pensare te
e noi
non possiamo che
pensarci all’infinito
Ma se
è il nostro reciproco pensarci
a porci in essere
nell’infinito dirci
“Tu sei”
che
quale atto supremo dell’amore
ci fa l’un l’altro
garanti della vita
noi stessi siamo l’infinito
L’infinito infatti
si dà solamente
nell’intersoggettività
dove
il soggetto che pensa
non ha più bisogno
per esserci
quale pensante
di conoscersi nella finitudine
del suo pensato
perché si riconosce
nel pensare infinito
dell’altro soggetto che pensa
E se noi stessi
siamo l’infinito
l’infinito
finalmente è
perché
l’infinito non è
se non
in chi è infinitamente
INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA’
“Solo quando la percezione dell’unione delle presenze pensanti uscirà dal chiuso di una esperienza personale,
anche se fatta nella dualità della coppia dialogante, e si darà non più frammentata nei tanti incontri duali tra loro
separati dallo spazio e dal tempo, si realizzerà un punto di vista ancora superiore dal quale si vede che l’essere
tutto non è se non relazione. […]
E solo nel perseverare nel faticoso esercizio del mantenere costantemente vigile la presenza riflessiva, noi […]
operiamo ai fini che avvenga lo svelamento […] della logica dell’uno tutt’uno con l’uno che non può dire di sè se non
è cio che è…. “.
SILVIA MONTEFOSCHI
INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA’
se cerco di cogliere sul piano esperienziale il fenomeno intersoggettivo … devo dire che esso si rivela a me come la
felice condizione dell’esistere con l’altro senza bisogni.
Se poi analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fonda sul soddisfacimento di due bisogni che le sono
essenziali; quello che l’altro ci sia, in quanto è grazie all’esserci dell’altro che io mi manifesto come esistente e mi
riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poichè mi riconosco solo se sono libera di dirmi e di darmi così come, di
volta in volta, l’esistere dell’altro mi rivela a me stessa
Silvia Montefoschi, L’uno e l’altro, Feltrinelli, 1977, p. 32
INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA’
Il canto d’amore del Vivente ovvero l’epifania dell’infinito
Tu sei
in quanto io ti penso
quale pensante me
e io sono
in quanto tu mi pensi
quale pensante te
sicchè
tu non cessi di pensarmi
e quindi di esserci
finchè io ti penso
e io non cesso di pensarti
e quindi di esserci
finchè tu mi pensi
E se
è il mio pensarti
a far sì che tu ci sia
quale pensante me
ed è il tuo pensarmi
a far sì che io ci sia
quale pensante te
tu non puoi cessare
di pensare me
perché io non posso cessare
di pensare te
e noi
non possiamo che
pensarci all’infinito
Ma se
è il nostro reciproco pensarci
a porci in essere
nell’infinito dirci
“Tu sei”
che
quale atto supremo dell’amore
ci fa l’un l’altro
garanti della vita
noi stessi siamo l’infinito
L’infinito infatti
si dà solamente
nell’intersoggettività
dove
il soggetto che pensa
non ha più bisogno
per esserci
quale pensante
di conoscersi nella finitudine
del suo pensato
perché si riconosce
nel pensare infinito
dell’altro soggetto che pensa
E se noi stessi
siamo l’infinito
l’infinito
finalmente è
perché
l’infinito non è
se non
in chi è infinitamente
in Silvia Montefoschi, La glorificazione del vivente nell’intersoggettività tra l’uno e l’altro, Golden Press, Genova
