Bassam Tibi, sociologo tedesco di origine siriana, fino all’anno scorso docente all’Università di Gottinga e uno dei pochi musulmani liberali di cui io sia a conoscenza, affronta nel suo saggio Islamischer Fundamentalismus, moderne Wissenschaft und Technologie, un aspetto specifico dell’islam fondamentalista: il suo rapporto con la scienza e la tecnologia moderne che, come ben si sa, sono prodotti della cultura occidentale. Tibi distingue nettamente fra tradizionalisti e fondamentalisti: i primi rifiutano la scienza e la tecnologia moderne in nome della purezza dottrinale coranica delle origini, mentre i secondi agiscono in modo più raffinato, accogliendo e usando i frutti della modernità, ma senza accettare al contempo la forma mentis e i presupposti che li hanno resi possibili. Secondo questi, infatti, gli esseri umani sono in grado, attraverso il loro intelletto, d’indagare e conoscere la realtà e, in questo modo, possono anche trasformarla. Non c’è nulla che non possa essere sottoposto all’indagine razionale e le conoscenze che ne derivano sono sempre rinegoziabili e modificabili attraverso nuove indagini e nuove conoscenze. Bassam Tibi definisce questo modo di procedere Koennen-Wissen: potere-sapere. Da questo principio illuministico, dunque, discendono non soltanto scienza e tecnologia moderne, ma anche – per esempio – il principio dell’autonomia e della libertà dell’individuo. Viceversa l’islam non ha mai affermato il principio secondo cui l’uomo, con il suo intelletto, è in grado di conoscere la realtà, perché la fonte ultima di ogni sapere è il Corano, che è la rivelazione di Allah, a cui l’essere umano deve solo sottomettersi (e, infatti, il termine “islam” significa proprio sottomissione).
Eppure i fondamentalisti non tradizionalisti accettano di buon grado i prodotti della scienza e della tecnologia moderne, soprattutto per quanto riguarda le armi. Come giustificano questa schizofrenia? Per alcuni di loro questo avviene attraverso lo stratagemma della “riappropriazione”, un meccanismo psicologico che permette loro di annullare, ai loro stessi occhi, questa contraddizione. Questo consiste nell’affermare che, in realtà, il progresso tecnico-scientifico non è, in realtà, il frutto dell’illuminismo ma è un fenomeno islamico e che loro, per l’appunto, si limitano a “riappropriarsi” di ciò che era stato sottratto loro dagli occidentali.

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