…in che modo la filosofia può aiutarci a considerare l’inquietudine, spingendoci oltre le strade battute dal senso comune?
Da un punto di vista filosofico, si tratta di depurare il termine inquietudine da tutto ciò che lo riconduce a versioni di carattere psicoanalitico. In questo contesto, inquietudine è sintomo o presagio di altre manifestazioni che perturbano l’armonia pubblica o familiare e viene considerata una malattia. Oggi, prevalentemente, si dà questa versione, legata a stress, frustrazioni, vicende e motivazioni dell’esistenza. Se assumiamo la parola in questa accezione possiamo sostituirla con ansia, attese frustrate, desideri delusi. C’è tutta una microletteratura delle relazioni che dà conto di questi aspetti. Ma lo sguardo filosofico porta altrove. Spetta alla filosofia aprire alla vera essenza dell’inquietudine, che può essere definita come costante tensione al pensare e all’agire etico di cui la filosofia si è sempre occupata. Teofrasto e lo stesso Aristotele ci forniscono i primi esempi di profili di inquietudine. Inquietudine è l’esperienza di autoanalisi che la filosofia conduce su di sé. Manifestazione di inquietudine è la ricerca del senso e dell’essenza della vita, il tentativo di decifrare la verità umana, pur nella sua fragilità e debolezza. Il gesto filosofico costitutivo, attraversare il mondo in cui si è, è già una dimensione di autentica inquietudine. La filosofia, se non vuol ridursi a dogmatismo o a teologia, è costantemente pensiero della vita e del suo limite, riferimento alla morte, alla perdita, all’assenza. Non può esserci una filosofia quieta. Sempre si muove un pensiero che non si accontenta, che non va alla ricerca di facili approdi, sempre parziali, sempre soggettivi. La filosofia nasce quando si prende in consegna l’inquietudine, ci si accorge che il significato della vita è legato ai suoi limiti e ai suoi confini. Una cultura che sfugge all’inquietudine, nella facile ricerca del consenso, una cultura che non si confronta con il male, con il negativo, non solo evita la conoscenza ma annulla anche i sentieri dell’etica.
Come vengono considerati gli spiriti inquieti nella storia del pensiero?
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