
“… Il libro che più mi ispira è il volto umano, fino al punto che non riesco a parlare, e nemmeno a formulare un pensiero, se non mi sta davanti qualcuno: almeno uno, un essere vivente; allora sono sicuro che il discorso si snoda in tutta abbondanza, come un torrente, a volte in troppa piena. Mi succede così quando predico, ad esempio: pur dopo anni e anni di praticaccia. E’ così: non mi viene la parola se non mi rappresento qualcuno in ascolto o che mi parli. Anzi, è questa la ragione per cui quasi tutto il mio scrivere si svolge in forma di colloquio: è sul filo dell’io e del tu che si snoda il discorso. A osservare bene, tutta la mia poesia è un colloquio.
No, non c’è praticaccia che tenga: se non guardo in faccia la gente, non riesco a parlare.
Sì, il mio primo libro è la faccia dell’uomo. Sono uno dal colloquio a vivo, più che di lettura, anche se il desiderio di leggere mi perseguita con graffiante nostalgia: uno dei tanti desideri che mi lampeggiano dentro, da sempre.” (David Maria Turoldo, La mia vita per gli amici)

