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Nell’ottobre del 2004, nella mia Colorno, organizzammo una sorta di «numero zero» dei Comuni Virtuosi, un convegno aperto a tutte le amministrazioni italiane che volevano incontrarsi e condividere buone idee. Parteciparono una trentina di sindaci del Nord e del Centro Italia, oltre al sindaco di Melpignano in rappresentanza del Sud. In quell’occasione, oltre ad approfondire nuovi progetti e a tessere una fitta rete di legami e contatti, condividemmo una bozza di Statuto e redigemmo un Manifesto dei Comuni Virtuosi, documento che ancora oggi è «inciso» nelle delibere di approvazione che ogni comune deve approvare in consiglio per diventare socio della rete. Il presente Manifesto rappresenta i Comuni e i cittadini che aspirano a convertire in progetti concreti i sogni e le utopie realizzabili. Il comune virtuoso ama il proprio territorio, ha a cuore la salute, il futuro e la felicità dei propri cittadini. Il comune virtuoso adotta tutte quelle misure che diffondono nuove consapevolezze e vuole soddisfare bisogni ed esigenze concrete nel campo della sostenibilità ambientale, urbanistica e sociale. Intervenire a difesa dell’ambiente, migliorare la qualità della vita e tutelare i Beni Comuni, intesi come beni naturali e relazionali indisponibili che appartengono all’umanità, è possibile. Questa possibilità la vogliamo vivere non piú come uno slogan ma come possibilità concreta, consapevoli che la sfida di oggi è rappresentata dal passaggio dalla pur importante enunciazione di principi alla prassi quotidiana. I Comuni Virtuosi hanno dimostrato che: – è possibile (ed economicamente conveniente) aspirare a una ottimalegestione del territorio, all’insegna del principio ispiratore del «no consumo di suolo» (opzione cementificazione zero, recupero e riqualificazione aree dismesse, progettazione e programmazione del territorio partecipata, bioedilizia, ecc.); – è possibile (ed economicamente conveniente) ridurre l’ impronta ecologica della macchina comunale attraverso misure e interventi concreti ed efficienti (efficienza energetica, acquisti verdi, mense biologiche, ecc.); – è possibile (ed economicamente conveniente) ridurre l’inquinamento atmosferico promuovendo politiche e progetti concreti di mobilità sostenibile (car sharing, car pooling, trasporto pubblico integrato, piedibus, scelta di carburanti alternativi al petrolio e meno inquinanti, ecc.); – è possibile (ed economicamente conveniente) promuovere una correttagestione dei rifiuti, visti non piú come un problema ma come risorsa, attraverso la raccolta differenziata «porta a porta» e l’attivazione di progetti concreti tesi alla riduzione della produzione dei rifiuti (progetti per la riduzione dei rifiuti e riuso, ecc.), in una politica che aspira al traguardo «rifiuti zero»; – è possibile incentivare nuovi stili di vita negli enti locali e nelle loro comunità, attraverso politiche e progettazioni atte a stimolare nella cittadinanza scelte quotidiane sobrie e sostenibili (autoproduzione, filiera corta, cibo biologico e di stagione, sostegno alla costituzione di gruppi di acquisto, turismo e ospitalità sostenibili, promozione della cultura della pace, cooperazione e solidarietà, disimballo dei territori, diffusione del commercio equo e solidale, banche del tempo, autoproduzione, finanza etica, ecc.), favorendo il piú possibile l’autoproduzione di beni e lo scambio di «servizi», sottraendoli al mercato per una società della sobrietà ispirata ai temi della decrescita. Maturammo in quei giorni la consapevolezza che dovevamo dotarci di un coordinamento nazionale, per riuscire a incidere con maggior forza nella realtà e far conoscere i nostri progetti e le sperimentazioni avviate. Tutti, infatti, ognuno per il proprio ruolo e per la propria esperienza territoriale, ci eravamo accorti che nel sistema politico attuale e nei partiti tradizionali, di destra come di sinistra, non c’era grande spazio e sensibilità per le questioni a noi care. L’ambiente era un corollario, confinato negli uffici e sulle scrivanie di assessori spesso isolati dal resto del gruppo, che avevano l’opportunità di portare avanti singoli progetti anche significativi nel contesto però di un’azione di giunta complessiva che spesso si rimangiava i pochi risultati conseguiti dal singolo con un governo della città decisamente impattante e insostenibile… Fu allora che ci mettemmo insieme: Colorno, Monsano, Melpignano e Vezzano Ligure, i famosi «quattro amici al bar» della canzone di Gino Paoli. Il 23 maggio del 2005, nella sala consiliare del municipio di Vezzano, davanti a un notaio della zona, nacque l’Associazione nazionale dei Comuni Virtuosi. Quattro comuni molto distanti tra loro, diversissimi per dimensioni e caratteristiche sociali, economiche, culturali. Quattro esperienze diverse, portate avanti da altrettanti amministratori che si erano conosciuti quasi per caso solo pochi mesi prima in un luogo improbabile sulle colline tra Gubbio e Perugia. È cosí che nascono i Comuni Virtuosi, una rete che oggi conta una sessantina di iscritti in tutto il territorio nazionale per circa 440 000 abitanti residenti. |

