«Siamo duecentomila», ha detto la presidente del Budapest Pride, Viktoria Radvanyi. Una marea colorata e pacifica ha attraversato le strade della capitale ungherese sfidando il divieto imposto dal presidente Viktor Orbán.
Una giornata iniziata con le provocazioni del partito di estrema destra Patria Nostra e che è terminata tra la gioia di chi è sceso in piazza per reclamare i propri diritti.
A Budapest, come a Milano (e in altre cinque città italiane) l’onda dei Pride ha dipinto la giornata con i colori della sua resistenza arcobaleno, come ci racconta Simone Alliva.
«È stato un atto di disobbedienza civile contro l’autoritarismo» ha detto a Stefano Iannaccone l’eurodeputato del Pd Alessandro Zan, parte della delegazione italiana presente in Ungheria.
«Non mi stupirei se Meloni decidesse di vietare i Pride in Italia». Perché, come fa notare Marco Aime, non sempre la parola “democrazia” è associata al riconoscimento dei diritti umani. A volte si riduce a un puro meccanismo elettorale «neppure troppo democratico»
