Terroristi di sinistra: Cesare Battisti

ARRESTATO IN BRASILE EX TERRORISTA CESARE BATTISTI

Una buona giornata per la giustizia.
Per come vedo io i fatti sociali, quando gli autori dei delitti scontano la pena è una buona giornata.

Cesare Battisti, l’ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac) latitante dal 2004, è stato arrestato a Rio de Janeiro, in Brasile, insieme ad una donna, con falsi documenti francesi.

Condannato in Italia a due ergastoli per 4 omicidi tra il ’78 e il 79.

Evaso dal carcere italiano nel 1980, si rifugiò in Francia grazie alla “dottrina Mitterrand” (l’asilo a ricercati per atti violenti d’ispirazione politica che avessero rinunciato alla lotta armata) e divenne scrittore.

Nel 2004 un nuovo arresto, ai domiciliari e un’ estradizione più vicina, la latitanza.

 

Di questo personaggio domani scriveranno Il Manifesto, Liberazione, L’Unità. Ne parleranno come un  perseguitato. Uno per il quale occorrerebbe “chiudere con quella fase storica”.

Sono abbastanza sicuro che, come al solito non si parlerà delle vittime.

E allora oggi lo ricordo, nel mio DiarioBlog, con le parole di una vittima, Alberto Torregiani, rimasto paralizzato in un attacco armato di cui era mandante il “padrino” Battisti

 

L’ergastolo l’ho fatto….  ….io al posto tuo»

di ALBERTO TORREGIANI

(Figlio del gioielliere ucciso il 16 febbraio 1979. Per il delitto Cesare Battisti è stato condannato come mandante.

Continuo a leggere e continuo a non capire.
Non capire come si possa usare così tanta ostinazione nel nascondere la verità, nel non ammettere le colpe, così tanta falsità nel nascondersi dietro un dito.
Quel dito che più volte ha premuto il grilletto.
Rispondo alle tue lettere, caro Battisti.
Rispondo perché sia una volta per tutte chiarita la verità.
Chi ti risponde è Alberto Torregiani, figlio di una delle tue vittime. Che a causa di uno degli assalti del tuo gruppo – quello del 16 febbraio 1979, in seguito quale rimase appunto ucciso mio padre Pierluigi – è rimasto paralizzato a vita.
E che più volte tu e i tuoi compagni avete denigrato come “emerito imbecille” (mi riferisco alle risposte date proposte sul sito carmillaonline. com).
Rispondo con una lettera aperta, come tu hai scritto agli italiani e ai francesi. Non cado subito nella tentazione di parlare dei tuoi figli, della preoccupazione di padre che indichi come motivo della tua fuga (credo tuttavia che sia classico argomento pietoso, da ultima spiaggia).
La prima considerazione sta nella tua grande difficoltà nello scrivere ciò che riguarda.
Ricordo un tuo appunto, dove dicesti che per ben undici volte hai dovuto riscrivere stessa frase per farti capire dal tuo lettore.
Mi chiedo come mai una persona abbia così tanta difficoltà a scrivere un pensiero se tale pensiero è dettato dalla verità, dalla buona fede.
Sono consapevole, da provata esperienza di vita, che la verità non ha problemi ad esprimersi.
La difficoltà comincia quando si vuole “creare” la verità, “la frase giusta” finalizzata alla propria salvezza.
Le parole che ti accusano e che reputi così violente, lo choc di cui tu parli, non potrebbero mai paralizzarti, poiché non ne conosci il significato e non sai come la paralisi, quella fisica, rende una persona.
Come fai a scrivere questa ignobiltà quando da anni, e non solo in questi mesi, cordate di “rossi” appoggiano, sfruttando un canale privilegiato, la tua causa (come se tale fosse), al pari per esempio di un uomo davvero condannato ingiustamente come Nelson Mandela?
Ti prego, non confondere le anime di buona fede accoppiandoti ad una persona che della lotta per la libertà ha fatto bandiera. Nessuno grida, urla, sbraita contro una sola voce, e nessuno imputa aggettivi scorretti su di te.
La tua voce, il tuo pensiero si è fatto ascoltare, ed è solo grazie a gente che non si fa incastrare dalle “belle parole” che ora è possibile far intravedere il giusto; anche a quei più che difendevano la tua causa, ma solo perché ignari delle tue azioni. È impressionante come con tanta sprezzante facilità usi parole come «la mia sincerità», «la mia verità».
Certamente ogni uomo ha il diritto di opporsi alle accuse rivoltegli, ma certamente lo stesso uomo ha possibilità in questo Paese, come in quello in cui risiedi, di potersi difendere dalle stesse accuse.
Dici che hai preso parte a una guerra. Ma sbagli i conti: in quel gruppo armato in cui ti riconoscevi non c’erano migliaia di militanti, bensì pochi terroristi.
Tuttalpiù migliaia possono essere stati i simpatizzanti, ma questi non andavano in giro a far rapine, attentati, esecuzioni.
E se un certo Mutti ti indica come uno dei leader del gruppo dei Pac, come puoi tu e i tuoi compari scrittori scrivere che il Mutti è un bugiardo, quando lo stesso era appartenente proprio al tuo gruppo, e come te fece razzie, rapine, attentati, esecuzioni?
Non dai nessun valore alla sua parola, come si può dar valore alla tua?
Molte persone in vari tempi della storia, pur avendo perso fiducia nella giustizia, hanno usato altre “armi” per combattere e vincere le loro guerre. Se tanto male si riversava in te da questa giustizia che ora rinneghi, perché non hai cercato da subito lidi migliori?
E non giustificare con la solita propinata frase del “valore di Stato”.
Eri in galera con accuse per rapine, sei evaso perché cosciente dei tuoi crimini.
Non sei stato condannato dai pentiti ma dall’ammissione di colpevolezza comprovata dalla tua fuga dopo solo un anno e pochi mesi di carcere, e non dopo parecchi anni di carcere come dici.
L’impegno politico in quell’epoca ha travolto migliaia di persone, ma nessuna (se non i soliti pochi noti) ha brandito armi, ha sparato per la “rivoluzione”.
Voi parlate di guerra, di rivoluzione, come se queste parole vi appartenessero: la rivoluzione si fa contro un dittatore, un despota, uno Stato impositore.
Ebbene sì, è possibile ammettere che lo Stato italiano in quegli anni non fosse acqua di rose, ma ben lungi dal paragonarlo ad un Paese dittatore.
In ultimo, l’esilio che ti sei concesso non ti è stato imposto da nessuno e da nessuno dato come punizione.
Dopo anni su una spiaggia tropicale, hai preferito rifugiarti in Francia col solo ed unico scopo consapevole di poter rimanere libero, grazie ad un decreto che ha permesso tramite un gioco politico a tutti o quasi i delinquenti di deviare dalle loro responsabilità, nascondendosi in una botte di ferro.
Il tuo esilio sarà parte della tua storia, ma non certo del tuo Paese, lo stesso Paese che hai rinnegato e che oggi definisci popolato da imbecilli creduloni.
Non ho mai letto (in primis perché non lo sapevo) i tuoi libri, ma so per certo che in tutte le tue storie, oltre che raccontare certamente le tue gesta, rivolgi il tuo pensiero a quei ragazzi spaesati e inconsapevoli delle verità, cercando non di risparmiare loro lo stesso tuo sbandamento, ma inneggiando il tuo colore, la tua ideologia.
Niente da obbiettare, la libertà dona agli uomini la coscienza di decidere da che parte stare, ma la scelta diventa giusta se tutte le bandiere vengono elencate, spiegate e capite, solo allora se n’è in grado.
Oggi tu non riesci a capire il perché l’estradizione ti minacci ancora. Come giusto che sia la verità prima o poi salta fuori, la giustizia chiede il suo riscatto, uomini di buona volontà non si fermano alle meccaniche che gente del tuo stampo ha creato solo per fare i suoi porci comodi. È strano che nella lettera spedita ai tuoi avvocati parli della tua impossibilità ad accettare il carcere. Aggiungi che a pagare sarebbe la tua famiglia, i tuoi figli, che non ti permetti il rischio di non rivedere più i tuoi cari, il Paese dove sono nati.
Sono dispiaciuto per il futuro così amaro dei tuoi figli, sono solidale con loro, perché so cosa significa crescere senza un padre.
Ma sono convinto che un uomo integerrimo nelle sue idee possa trovare il coraggio di affrontare le responsabilità delle proprie azioni.
No, mio caro Battisti, non vi è scampo alla verità e alla giustizia.

Questo è quanto le mie ferite mi spingono a dire.

Perché chi sta scontando l’ergastolo non sei tu. Sono io.

(Da: http://www.politicaonline.net/forum)

Lascia un Commento se vuoi contribuire al contenuto della informazione