Il crocifisso, i giudici e Natalia Ginzburg di Giuseppe Fiorentino e Francesco M. Valiante, L’OSSERVATORE ROMANO Edizione quotidiana 5 novembre 2009

La sentenza della Corte di Strasburgo

Il crocifisso, i giudici
e Natalia Ginzburg


di Giuseppe Fiorentino e Francesco M. Valiante

Tra tutti i simboli quotidianamente percepiti dai giovani, la sentenza emessa ieri dalla Corte di Strasburgo – che proibisce l’esposizione del crocifisso dalle aule scolastiche italiane perché sarebbe contraria al diritto dei genitori di educare i figli in linea con le loro convinzioni e al diritto dei bambini alla libertà di religione – ha colpito quello che più rappresenta una grande tradizione, non solo religiosa, del Continente europeo. “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana che ha sparso per il mondo l’idea dell’eguaglianza tra gli uomini fino allora assente”. A scrivere queste parole, il 22 marzo 1988, era Natalia Ginzburg sulle pagine de “l’Unità”, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, allora organo del Partito comunista italiano.
Le parole della scrittrice, a oltre vent’anni di distanza, esprimono un sentimento ancora ampiamente condiviso in Italia. Ne sono dimostrazione le tante reazioni seguite al pronunciamento della Corte europea. Mentre il Governo italiano ha annunciato di aver presentato ricorso contro la sentenza, il mondo politico ha evidenziato quasi unanimemente la mancanza di buon senso insita nel provvedimento, ribadendo come la laicità delle istituzioni sia un valore ben diverso dalla negazione del ruolo del cristianesimo. “Stupore e rammarico” sono stati espressi in particolare dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita Federico Lombardi, in una severa dichiarazione trasmessa dalla Radio Vaticana e dal Tg1. “È grave – ha affermato – voler emarginare dal mondo educativo un segno fondamentale dell’importanza dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana”. E ha continuato:  “Stupisce poi che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata all’identità storica, culturale e spirituale del popolo italiano. Non è per questa via che si viene attratti ad amare e condividere di più l’idea europea, che come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini”. Di “visione parziale e ideologica” ha parlato la Conferenza episcopale italiana, sottolineando che nella decisione della Corte “risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale”.
Va ricordato che in Italia il Consiglio di Stato nel 2006 aveva già ritenuto legittime le norme che prevedono l’esposizione del crocifisso nelle scuole, affermando che questo non assume valore discriminatorio per i non credenti perché rappresenta “valori civilmente rilevanti e, segnatamente, quei valori che soggiacciono e ispirano il nostro ordine costituzionale”.
In effetti la sentenza della Corte di Strasburgo, con l’intento di voler tutelare i diritti dell’uomo, finisce per mettere in discussione le radici sulle quali quegli stessi diritti si fondano, disconoscendo l’importanza del ruolo della religione – e in particolare del cristianesimo – nella costruzione dell’identità europea e nell’affermazione della centralità dell’uomo nella società. Sotto altro profilo, la decisione dei giudici di Strasburgo sembra ispirata a un’idea di laicità dello Stato che porta a emarginare il contributo della religione alla vita pubblica. Si potrebbe così prefigurare un futuro non tanto lontano fatto di ambienti pubblici privi di qualunque riferimento religioso e culturale nel timore di offendere l’altrui sensibilità. In realtà, non è nella negazione, bensì nell’accoglienza e nel rispetto delle diverse identità che si difende l’idea di laicità dello Stato e si favorisce l’integrazione tra le varie culture. “Il crocifisso rappresenta tutti” – spiegava Natalia Ginzburg – perché “prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti,  ebrei  e  non  ebrei  e  neri  e bianchi”.

(©L’Osservatore Romano – 5 novembre 2009)

L’OSSERVATORE ROMANO Edizione quotidiana 5 novembre 2009

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3 commenti

  1. L’EDITORIALE
    di Vittorio Feltri

    Quelli di Strasburgo hanno dimostrato a se stessi e al mondo (che ne ignora le opere) di esistere e di fare danni. Anziché occuparsi sul serio di la lotta alla droga e all’immigrazione selvaggia, sapete cosa fanno i signori giudici dell’Unione europea? Combattono il crocefisso. Pretendono che scompaia dai luoghi pubblici, in particolare dalle scuole, affinché non urti più la sensibilità dei bambini di altra religione.
    In che senso? Secondo i soloni dei diritti umani addetti a stabilire ciò che offende la persona mettendola a disagio nella società multietnica, il simbolo per eccellenza del cristianesimo, ossia Cristo sottoposto al supplizio romano, va sacrificato in omaggio al dovere d’ospitalità. Già. Se un alunno, putacaso musulmano, alza gli occhi e vede quell’oggetto (ormai classificato «stravagante») rischia di esserne turbato e di perdere la propria identità, il proprio equilibrio psicologico.
    Non è venuto in mente ai censori di Gesù che l’Europa è cristiana da secoli, che la sua storia è imperniata sul cristianesimo e che, se qualcuno viene qui da lontano per trovare pane, lavoro e pace, come minimo è obbligato a rispettare i nostri sentimenti, il nostro passato e il nostro presente senza per questo rinunciare alla propria fede?
    Tra l’altro, la stupidità della sentenza è aggravata dall’ignoranza dei valori del cristianesimo, simboleggiato non soltanto dall’oggetto «stravagante» dinanzi al quale milioni e milioni di europei si ritrovano e si riconoscono, ma da mille altri elementi visivamente apprezzabili.
    Per essere coerenti con la loro scempiaggine, gli estensori del documento avrebbero dovuto bandire con la croce anche i campanili, le cattedrali, i monasteri, le cappelle, tutta roba che si erge in luoghi pubblici e che pertanto, essendo esposta agli sguardi innocenti dei fanciulli suscettibili di turbamenti, andrebbe abbattuta perché emblematica del nostro scandaloso credo.
    C’è di più. Chiunque abbia frequentato la scuola dell’obbligo e magari un istituto tecnico o un qualsiasi liceo sa che i programmi di italiano (letteratura), storia e filosofia sono pieni di riferimenti cristiani. Andrebbe abolito anche questo tipo di studio perché provoca l’orticaria nei ragazzi di famiglie immigrate? Ovvio. Gentaglia come San Francesco, Dante (che si occupa di inferni, purgatori e paradisi) e Manzoni, per citare nomi «abbastanza» noti: via, fuori dai libri di testo perché nociva alla salute mentale della gioventù.
    È evidente. Siamo in presenza di un problema psichiatrico oltre che politico e religioso. Non vorremmo essere irriguardosi nei confronti dell’istituzione, ma c’è il sospetto che a Strasburgo giri troppa birra, e vi è la certezza che il tasso alcolico della Corte per i diritti umani è talmente elevato da richiedere l’intervento degli infermieri.
    Dimenticavamo. Bisognerà sopprimere il segno più dalle operazioni aritmetiche e algebriche perché graficamente somigliante alla croce.
    A proposito di croce, chissà che fine farà la croce rossa.
    E se invece chiudessimo il manicomio di Strasburgo?

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  2. Ho insegnato religione cattolica nelle scuole pubbliche (laiche) di ogni ordine e grado per 25 anni e vi assicuro che il Crocifisso esposto nelle aule scolastiche non ha mai dato fastidio ai ragazzi nè mai ha sollevato problemi con i rispettivi genitori. Solo negli ultimi anni, viste le notizie dei meedia, si è discusso sull’opportunità di esporlo per i commenti di alcuni professori ideologicamente schierati a sinistra ex sessantottini ancora fanatici. Mi sono sempre trovata comunque in un contesto di civile rispetto delle varie opinioni, sia le mie che le loro..Adesso è barbarie, orgoglio mal riposto e pregiudizio..Mi spiace che L’Osservatore romano non sia abbastanza presente nelle Edicole perchè si scoraggiano i lettori interessati e quelli che vorrebbero più in evidenza una stampa cattolica. Grazie per l’attenzione

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  3. gentile donatella viganò
    io purtroppo non sono credente
    eppure il simbolo di gesù cristo sulla croce lo sento mio.
    parla di un dio che si è fatto uono per la salvezza degli uomini.
    è un simbolo di grande potenza psicologica e culturale.
    uso le parole di massiomo cacciari, “quel simbolo significa perdono senza rappresaglia, amore senza ricompensa, essere innalzati nella sconfitta.”
    Quanto agli ex sessantottini: vorrei solo stendere una cappa pesante per dimenticare i danni ed il male che hanno prodotto
    grazie per il suo messaggio

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