Non è una presa di posizione di Emma Bonino. E neanche il grido terminale di Piergiorgio Welby: “Fatemi Morire”. E non è nemmeno la voce di Beppino Englaro a chiedere l’eutanasia. Questa volta, a riaprire il dibattito sullaccanimento terapeutico, è la presa di posizione di un intellettuale italiano libero e di grande successo. Di solito veste in camicia rossa e giacca nera, jeans e Clarks. E’ popolarissimo anche se non va mai in tv (preferisce l’edicola): il suo nome è Dylan Dog.Male incurabile. Tutto accade nel numero di gennaio, appena approdato in edicola (il 280 della serie), intitolato: Mater morbi. La trama è presto detta: l’indagatore dell’incubo si ammala. A pagina 6 è in barella, issato su un’ambulanza. A pagina 8 (evidentemente in Inghilterra non c’è lista di attesa) si infila già nel tubo di una risonanza magnetica. Le cose vanno malissimo: tumore allo stomaco. A pagina 15 finisce in ospedale (da incubo, ovvio) con un medico che lo rassicura, a pagina 19 si risveglia con una orribile cicatrice. E’ stato appena operato e ricucito. La storia inizia qui ….,
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Luca Telese » Dylan Dog e l’accanimento terapeutico

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