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E’ nato un ceto di milionari, una borghesia degli affari che possiede aziende anche da 15 milioni di fatturato, si
riunisce al ristorante Hong Kong e gravita attorno all`associazione di amicizia Weng Zhou.
I nuovi ricchi hanno imparato ad apprezzare la Versilia e il Brunello di Montalcino, comprano le quote del circolo del golf e sognano un giorno di scalarlo, adorano le Audi e il gioco d`azzardo, fanno la spola tra la Toscana e la madrepatria viaggiando (per lo più Lufthansa) e intrecciando affari.Al massimo sono 55enni e hanno figli nati in Italia, muniti di regolare passaporto e che parlano la nostra lingua senza erre moscia. Questa neo-borghesia ha avuto la capacità di arrivare nel Paese del fashion e inventare un modello di business che non esisteva. Nel gergo si chiama «pronto moda», 500 aziende che copiano stilisti e catene di successo, producono a velocità turbo lavorando 7 giorni a settimana e 20 ore al giorno, per poi venderli sui mercati europei a prezzi mostruosi (jeans a 5 euro, giacche a 10-12 e cappotti a 30).
E un prodotto per la donna che nei negozi e mercati rionali ha scalzato maglie e abiti dei piccoli confezionisti del Napoletano e di Martina Franca. Questo modello di business vince grazie a due condizioni: i cinesi comprano sempre di più le stoffe direttamente nel loro Paese (se le acquistassero dai tessitori di Prato spenderebbero il doppio) e la loro filiera produttiva ha a monte una miriade di laboratori conto-terzisti che sfruttano il lavoro di connazionali ararrivati con visto turistico a tre mesi ….
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Il patto di Prato con i ‘nemici’ cinesi di Dario Di Vico. Dal blog Generazione Pro Pro di Dario Di Vico. Corriere Della Sera
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