Le riforme costituzionali 1999-2001 sulla forma di stato dieci anni dopo. Traccia introduttiva per un dibattito che si proponga di fare un bilancio del decennio.
Marcello Cecchetti (25-01-2010)
Qualunque tentativo di analizzare il rendimento istituzionale delle riforme costituzionali sulla c.d. “federalizzazione” della forma di stato italiana (legge cost. n. 1 del 1999, legge cost. n. 2 del 2001 e legge cost. n. 3 del 2001) non sembra poter fare a meno di muovere dalla individuazione degli obiettivi, delle aspettative e perfino delle “speranze” o degli “auspici” che si ponevano a sostegno o che, quantomeno, accompagnavano quegli interventi riformatori, i quali, come è noto, erano maturati − nella loro versione più compiuta prima dell’avvio dei procedimenti di revisione che condussero alla loro approvazione − nell’ambito dei lavori dell’ultima Commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta dall’on. D’Alema.Si può ritenere che quelle riforme fossero caratterizzate da due coordinate principali:
l rafforzamento del potere decisionale dei cittadini nella determinazione degli indirizzi politici delle istituzioni rappresentative, in particolare sul versante dell’elezione degli esecutivi e delle assemblee legislative delle Regioni, in linea con quanto già precedentemente avvenuto con le riforme della legislazione ordinaria per l’elezione dei Sindaci e dei Presidenti delle Province (legge n. 81 del 1993) e per l’elezione dei Consigli regionali (legge n. 43 del 1995); a proposito di questa linea di tendenza, qualcuno parlò, addirittura, di “restituzione” dello scettro al popolo sovrano… (segue)
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