Recensione a “Soggetti di storie. Donne, uomini e scritture di sé” di Barbara Mapelli
di Laura Cuppini
Prendiamo la penna (il computer) e scriviamo. Lasciamo fluire le parole in un testo che – presumibilmente – nessun altro leggerà mai. Frasi che raccontano di noi, che sembrano dare un senso a quello che stiamo vivendo o che abbiamo vissuto. Ed è proprio così, “una creazione testuale che si deposita su una superficie reinventando, aggiornando, rinnovando quelle emozioni (quei momenti woolfiani) ‘di essere’” (Duccio Demetrio).
Un senso di “liberazione”, quello dato dalla scrittura, che tutti abbiamo provato.
Ma c’è un modo diverso, più complesso, di accostarsi al racconto di sé. Ed è quello che inquadra il percorso di un singolo in una storia collettiva fatta di culture, convenzioni sociali, conquiste e sconfitte. In una storia anche “sessuata”, cioè che tenga conto dei differenti ruoli, sensibilità e difficoltà di uomini e donne.
È il punto di partenza del libro “Soggetti di storie. Donne, uomini e scritture di sé” a cura di Barbara Mapelli (ed. Guerini scientifica, Milano 2008) e con i contributi di Duccio Demetrio, autore del saggio introduttivo (da cui è tratta la citazione poche righe sopra), Laura Menin e Marco Deriu. Un libro diviso in quattro parti, capitoli diversi – nel contenuto, nello stile e nella “geografia” – ma che intessono tra loro un dialogo più profondo di quanto possa risultare a una prima impressione.
(in allegato il testo completo dell’articolo)
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06/02/2009
Fonte
Formez
