A scuola nel Cyberspazio di Bruno Ventavoli: Come si può insegnare ai “nativi digitali” ossia ai ragazzi cresciuti all’ombra delle nuove tecnologie? Prova a rispondere un convegno a Torino

Studiano la poesia di Petrarca, intanto chattano, ascoltano un file musicale, rispondono al messaggino, guardano il filmato strano su Youtube. Leonardo da Vinci è passato alla storia per riuscire a fare un paio di cose contemporaneamente nell’era in cui c’era solo calamaio e pergamena, i nostri figli, con le nuove tecnologie ne fanno tre, cinque, dieci alla volta, con la stessa naturalezza con cui una volta noi piccoli calciavamo la palla. Sono la generazione dei «nativi digitali», croce e delizia del genitore che s’arrabatta come può nella limitazione del computer, perché non trova appigli nemmeno nell’indulgente Montessori. Ma il problema non è semplice questione di pedagogia domestica. Riguarda il futuro del mondo, dei comportamenti sociali, dei sistemi economici. I «nativi digitali» sono 2 miliardi – la data simbolica spartiacque è per quelli partoriti dopo il 1980 -, crescono, occupano ruoli importanti nella società, considerano gli strumenti della tecnologia come appendici del corpo e del pensiero, e cambiano il pianeta con i loro sogni e bisogni. Ma che rapporto c’è tra l’infinita potenzialità dell’Internet gratuito e l’insegnamento del sapere?

segue qui:

Come si può insegnare ai “nativi digitali” ossia ai ragazzi cresciuti all’ombra delle nuove tecnologie? Prova a rispondere un convegno a Torino

da La Stampa 29 giugno 2010

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