Senza volerlo mi sono mosso in senso cronologico inverso, partendo dalla pellicola più recente, L’ultimo treno della notte, del 1975, con Flavio Bucci ed Enrico Maria Salerno. Non è, dei tre, quello che ho preferito ed è da guardare solo per l’efferato miscuglio di violenza gratuita, sangue e sesso e non per la costruzione psicologica dei personaggi, che restano invece piuttosto piatti e agiscono privi di motivazione. Gran parte del film è dedicato al viaggio notturno, da Monaco verso l’Italia, di due ragazze che vengono molestate, seviziate, stuprate e infine uccise da due balordi, di cui uno tossicodipendente, e da un’annoiata signora borghese per cui incitare i due giovani diventa un simpatico diversivo. Il film contrasta l’atmosfera cupa e claustrofobica del treno notturno con la grande casa illuminata del padre di una delle due ragazze, un insigne chirurgo, dove lui e altri amici si preparano a festeggiare il natale. Qui Aldo Lado inserisce un curioso dialogo sulla violenza in cui si contrappongono sostenitori dell’ordine e “progressisti” che incolpano la società: è una discussione che riflette e riproduce, ridotto ai banali minimi termini, il sapore di un’epoca. Per una pura coincidenza, i tre scendono alla stazione in cui il chirurgo sta aspettando le due ragazze. La donna è ferita e viene assistita dal medico a casa sua. Quando scopre che la figlia e l’amica sono state uccise e che gli assassini sono in casa sua, da medico pieno di umanità si trasforma in feroce e spietato vendicatore. Qualche spettatore, su FilmTv, ha osservato che è la stessa trama di L’ultima casa a sinistra, ma in realtà in questo film la storia è ancora più debole e la vendetta molto più crudele (oltre che sanguinaria).

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