Stimolate dalle notizie in arrivo dalla Tunisia, in cui si stava consumando la Rivoluzione dei Gelsomini, in Egitto la prime proteste di piazza si sviluppano il 25 gennaio al Cairo e ad Alessandria. Le parole d’ordine dei manifestanti sono analoghe a quelle che guidano la rivolta contro il regime di Ben Ali: basta con la corruzione, più lavoro, più libertà, prezzi meno alti per i beni di primo consumo e soprattutto stop al regime autoritario del “Faraone” Hosni Mubarak, al potere da trent’anni e da tempo impegnato ad aprire per il figlio Gamal una strada moquettata verso la sua successione. I disordini si diffondono in molte città (i morti, alla fine, saranno più di 350) mentre Piazza Tahrir al Cairo diventa il cuore geografico e simbolico della “Rivoluzione del Loto”.
Il 29 gennaio viene nominato vicepresidente l’ex capo dei Servizi egiziani, Omar Suleiman. Sarà lui ad annunciare, l’11 febbraio, la fine dell’era di Hosni Mubarak. Il potere passa temporaneamente all’esercito che dovrebbe accompagnare il paese verso future elezioni in cui, questo è il timore di molti sia in Egitto sia in Occidente, potrebbero avere un ruolo da protagonisti i Fratelli musulmani e altre organizzazioni islamiste.
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Egitto, la rivoluzione del loto e il rischio integralista – Il Sole 24 ORE.
