Il cosiddetto SETTORE “NON PROFIT”


Il settore del “non profit” (chiamato anche del terzo settore) ormai da alcuni anni rappresenta una realtà importante nel tessuto sociale del nostro Paese.

Attraverso interventi privati soddisfa esigenze di rilevanza pubblica e contribuisce ad aumentare l’occupazione. Questi Enti, senza alcun fine di lucro, sono:

le cooperative sociali,

le organizzazioni di volontariato,

le associazioni sportive dilettanti,

organizzazioni di utilità sociali non lucrative (dette “ONLUS“)

le “pro loco” dei paesi.

Esiste un modo scientifico e riconosciuto a livello internazionale, per classificare il “non profit” (espressione che significa: “assenza di lucro” – che non deve, quindi esistere come primo ed esclusivo fine). Per essere riconosciuto come organismo “non profit“, un ente deve avere le seguenti cinque caratteristiche:

l’ente deve avere un atto costitutivo ed uno statuto (ricordiamoci che l’atto costitutivo è l’atto di fondazione, mentre lo statuto è il regolamento interno),

deve trattarsi di un ente privato,

l’ente non può distribuire profitti ai soci ( e, nel caso ne avesse, li deve reinvestire nelle sue attività),

deve essere autonomo (per meglio fare gli interessi della collettività),

deve servirsi dell’opera di volontari.

Disciplina fiscale

dal primo gennaio 1998 è entrata in vigore la nuova disciplina fiscale per gli enti non commerciali e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, prevista nel decreto legislativo del 4/12/1997 n. 460 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero uno del 2 gennaio 1998.

Prima non c’erano incentivi particolari per chi faceva una donazione ad un ente di beneficenza e non erano previsti sconti di rilievo sulle tariffe telefoniche, postali e sull’IVA. Anche se tale provvedimento non rappresenta la soluzione a tutti i problemi, è stato comunque accolto con favore dagli organismi di questo tipo, per gli sconti fiscali, che vanno dall’esenzione sostanziale delle imposte sui redditi, alle agevolazioni sull’IVA. In pratica, quindi, con tale legge sono stati introdotti sconti fiscali a queste categorie “non profit“:

gli enti non commerciali,

le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)

La legge si compone di 30 articoli, suddivisi in due sezioni. La prima sezione (articoli da 1 a 9) introduce modifiche alla normativa tributaria degli enti non commerciali (imposte sul reddito ed imposte sul valore aggiunto).

La seconda sezione (articoli da 10 a 29) introduce le disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilità sociali (ONLUS). A favore di tale organismo, il legislatore ha previsto agevolazioni ai fini delle imposte dirette ed indirette, ma nello stesso tempo ha imposto vincoli e precisi obblighi contabili dell’organizzazione. L’articolo 10 della citata legge stabilisce i presupposti per ottenere la qualifica di ONLUS, che sono i seguenti:

presupposti soggettivi

dice testualmente l’articolo 10 della citata legge: “…sono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori: assistenza sociale e socio sanitaria – assistenza sanitaria – beneficenza –istruzione – formazione – sport dilettantistico – tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico… – tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente… – promozione della cultura e dell’arte – tutela dei diritti civili – ricerca scientifica di particolare interesse sociale… – l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale…”

presupposti oggettivi

nell’atto costitutivo (che è una specie di atto di nascita dell’ente) e nello statuto (che è il regolamento dell’ente) deve essere scritto:

che l’ente deve svolgere solo attività di solidarietà sociale e nient’altro. E si intendono svolti i fini di solidarietà sociale, quando questi sono diretti a portare benefici alle persone svantaggiate (per condizioni fisiche, psichiche, economiche, familiari). Chiaramente questi fini di solidarietà sociale possono essere svolti nei settori dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della cultura, dell’arte, ecc;

il divieto di distribuire utili, di qualsiasi tipo, durante l’esistenza e l’operatività dell’organizzazione (salvo, ovviamente, che la stessa legge preveda il contrario in certi casi). Tali utili, quando esistono, devono essere usati per le attività dell’ente;

l’obbligo, in caso di scioglimento, di dare l’intero patrimonio ad altre organizzazioni di utilità sociale (che non siano lucrative) o a fini che siano, comunque, di pubblica utilità;

è, poi, assolutamente obbligatorio redigere (cioè scrivere) il bilancio, alla fine di ogni anno (si dice anche: alla fine di ogni esercizio).

Ed ancora, l’articolo 8 della legge citata afferma che “sono in ogni caso considerate Onlus, nel rispetto della loro struttura e della loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991 n. 266 (che riportiamo nelle sue parti più significative), iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano….”

Ribadisce, poi, la legge in esame, all’articolo 10, che “non si considerano in ogni caso Onlus gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative,…..i partiti ed i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria”.

Ricordiamo, infine, che il successivo articolo 11 prevede la istituzione, presso il Ministero delle Finanze, dell’anagrafe unica delle Onlus.

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