Ex agente dei servizi segreti, rinomata guardia del corpo, è assunto da star della canzone, nera e bellissima con figlioletto di otto anni, minacciata dalle lettere di un maniaco. Fra i due è innamoramento e amore impossibile |
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| A uccidere la Houston è stata la droga o si è tolta la vita? |
| February 13, 2012 at 10:47 AM |
| Giorgio Dell’Arti:La morte della grande cantante Whitney Houston a soli 48 anni, come del resto sette mesi fa quella di Amy Winehouse, ci dice qualcosa che già sappiamo e continuamente dimentichiamo: la ricchezza, il successo, la bellezza, il talento non bastano a fare di un uomo o di una donna un essere felice. La felicità è qualcosa di più semplice, talmente semplice da risultare tante volte irraggiungibile.
Come è morta, quella poveretta? La polizia ci sta lavorando. Il corpo è stato trovato sabato pomeriggio in una stanza al quarto piano dell’hotel Beverly Hilton, a Beverly Hills Los Angeles. Whitney doveva partecipare alla serata dei Grammy, forse il più importante riconoscimento musicale americano. Lei l’aveva vinto sei volte. Sosteneva che era la festa che le piaceva di più… Non si sa chi ha ritrovato il cadavere: la Cnn dice l’ultimo fidanzato, il cantante Raj Jay. L’annuncio è stato dato dalla sua portavoce, Kristen Forster. Tutta la storia è durata una decina di ore: alle 15.55 americane la scoperta del corpo probabilmente da parte di un body-guard, all’una di notte italiana l’annuncio che non c’era più niente da fare. Nel frattempo sono stati fatti vari tentativi per rianimarla. È arrivata la figlia diciannovenne, Bobbi Kristina, e ha litigato con la polizia che non la faceva entrare. Alcuni dicono che Whitney fosse sdraiata in terra. Altri che sia annegata nella vasca da bagno: aveva preso qualche sostanza, aveva bevuto, s’è immersa nell’acqua in quelle condizioni e s’è addormentata, scivolando giù quasi senza accorgersene. È una sequenza abbastanza incredibile, ma è quella più accreditata nel momento in cui scriviamo. Altre fonti riferiscono che la polizia ha trovato in camera molte pillole. C’è come sempre il terrore di pronunciare la parola “suicidio”. Aveva una qualche ragione per togliersi la vita? Non c’è mai una ragione per togliersi la vita: persone che si trovano in difficoltà ben più gravi di quelle di Whitney Houston resistono e tirano avanti lo stesso. È certo che però le cose le andavano male. Da una decina d’anni non riusciva più a centrare un successo e l’ultima tournée, quella del 2010, era stata un disastro, specialmente in Australia. Un disastro anche a Milano, peraltro, dove il pubblico aveva generosamente fatto finta di non accorgersi che non era più lei. Ma Eros Ramazzotti aveva abbandonato il concerto a metà serata, dicendo che non valeva niente. L’anno prima Whitney aveva partecipato a X Factor e Mara Maionchi, intervistata ieri, ha raccontato che aveva difficoltà a cantare. Una che stava normalmente tre ottave sopra tutti gli altri! «Si intuiva che era una donna ammalata, magari distrutta dai medicinali, dai calmanti. Voglio dire non c’è bisogno di pensare subito alle droghe. Aveva sempre un’aria rintronata. D’altra parte, ormai, ce la facevano vedere poco, c’era sempre uno staff che la proteggeva». In quello stesso 2009 aveva invano tentato un rilancio con l’album I look you. La storia delle droghe però è vera. Si faceva di crac. Da ultimo pare mischiasse cocaina, marijuana e psicofarmaci. Dopo il fallimento della tournée del 2010, s’era andata a disintossicare a Parigi. Poi c’era probabilmente ricascata: giovedì quelli dell’Abc dicono di averla vista in una discoteca di Hollywood disorientata e confusa. Altri cronisti hanno scritto che era ormai al verde, chiamava gli amici per farsi prestare cento dollari, l’Arista, la sua casa discografica, la teneva su anticipandole proventi futuri. Con l’Arista aveva firmato nel 2001 un contratto da 100 milioni per la realizzazione di sei album. Non è una cifra spropositata: in quell’anno la Houston aveva già venduto la maggior parte dei suoi 190 milioni di dischi, aveva già cantato l’inno dell’Olimpiade di Seul 1988 e vinto l’Oscar per la migliore canzone originale 1998. Io me la ricordo al cinema. Sì, con Kevin Costner, Bodyguard, 1992 in italiano “Guardia del corpo”. Un successo di pubblico e soprattutto della canzone I will always love you, cioè la colonna sonora di un film più venduta di tutti i tempi, con 42 milioni di copie. Ora sta per uscire Sparkle, storia di tre sorelle che tentano la carriera musicale negli anni Cinquanta. Nella tragedia di questa donna non c’entrerà anche quel matrimonio sbagliato, quel marito che la picchiava? Bobby Brown, rapper, padre di tre figli avuti con tre donne diverse, qualche guaio con la giustizia, di sei anni più giovane. La riempiva di botte, anche se una volta lei raccontò: «Contrariamente a quel che si crede, ero io che lo picchiavo». Gli amici dicono che di recente aveva cercato la pace convertendosi all’Islam. |


