Sulla scelta di Pietro Ichino di appoggiare l’iniziativa politica di Mario Monti leggi
Dunque lei non crede di aver tradito il Pd e anche Renzi per aver rinunciato a portare avanti una battaglia di minoranza nel partito?
Questa idea del “tradimento” corrisponde a una vecchia concezione del “partito come casa. chiesa, famiglia” che credo debba considerarsi ormai del tutto fuori corso. Su di un piano molto pià laico e pragmatico, in molti mi hanno sollecitato a mantenere nonostante tutto la candidatura nel Pd, ricordandomi che così si deve fare in un grande partito moderno e in un sistema bipolare: “ora sei in minoranza, ma quando i fatti ti avranno dato ragione diventerai maggioranza”. Conosco bene questo discorso, per averlo praticato, con alterne vicende, lungo quarant’anni di lavoro politico in seno alla sinistra. Senonché questo discorso vale in una situazione ordinaria, nella quale si può contare su qualche anno di tempo per le proprie battaglie politiche e la posta in gioco è di ordinaria amministrazione o poco più; lo stesso discorso non può valere in una situazione di emergenza grave, nella quale se i fatti ti danno ragione il Paese rischia di rompersi l’osso del collo. Oggi la posta in gioco è questa. Oggi il discrimine fondamentale della politica italiana è tra chi è convinto che la strategia migliore per uscire dalla crisi sia quella concordata con i nostri partner europei, e chi invece è convinto che proprio questa strategia sia la rovina del Paese. È su questo punto che nel Pd vivono due anime diverse.

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