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Partiamo dall’iraniano, che è la caratteristica differente, rispetto agli attentatori più recenti. Iraniano, quindi probabilmente sciita. Iraniano, quindi sicuramente nemico dell’Isis, che dopotutto è un’organizzazione araba nata per contrapporsi alla presa del potere sciita in Iraq e dall’imperialismo dell’Iran in Iraq e Siria (ma anche Libano, Yemen ecc.). Questa identità conferma che il terrorismo non è solo sunnita ma anche sciita, come si era visto del resto in tante occasioni: la strage del centro ebraico di Buenos Aires, quella di Burgas in Bulgaria, quella contro i Marines americani in Libano, per citare tre casi in cui gli agenti erano sciiti di Hezbollah, come sempre al soldo e al comando dell’Iran. Non esiste un islam teologicamente buono (quello sciita) e uno cattivo (quello sunnita). Ci sono diverse correnti musulmane (come ce n’è diverse cristiane).
Ma quelle che aderiscono agli insegnamenti del Corano e all’esempio di Maometto sono tutte aggressive, violente, nei termini attuali terroriste. Ritengono loro compito conquistare con la forza il mondo non islamico (inclusi i musulmani di correnti diverse dalla loro), piegare o meglio eliminare chi vi appartiene, impadronirsi delle sue terre e dei suoi beni. L’islam meno aggressivo, che esiste, è semplicemente il risultato di un compromesso con la modernità, di una tiepidezza religiosa individuale o collettiva, dell’ammissione implicita dell’inadeguatezza della tradizione religiosa al mondo contemporaneo. Per questa ragione l’Islam “vero”, cioè quello tradizionalista, è nemico mortale di queste forme “degenerate”. Fra la modernità, intesa come progresso e dunque come diritto individuale e collettivo all’innovazione, dunque alla libertà di pensiero, dunque alle scelte personali, e questa tradizione rigida e conservatrice, in cui anche la possibilità di interpretazione del Corano è stata dichiarata chiusa otto secoli fa, vi è una lotta mortale. Se vive la modernità come noi la conosciamo, l’islam “vero” muore; dove l’islam vive e prevale, elimina la modernità, di solito nelle forme di ucciderne sistematicamente i portatori, o anche solo i sospetti, chiunque dissenta. Questa è la ragione di fondo per cui siamo in guerra, che lo vogliamo o no. Perché anche se siamo indifferenti o tollerantissimi in materia religiosa, o forse soprattutto in questo caso, non è possibile distaccare il nostro stile di vita, il sistema di relazioni e di diritti in cui viviamo dalla libertà individuale di scelta e di pensiero. E l’Islam, parola che significa letteralmente sottomissione è l’opposto della libertà.
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Sorgente: Informazione Corretta
