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Mercato del lavoro News n. 165
Gli indicatori dell’Istat ci dicono che senza interventi efficaci sul “mismatch” il tetto occupazionale potrebbe essere stato raggiunto.
I dati Istat sull’occupazione del mese di Luglio sono celebrati così come appaiono: molto positivi! Cresce per l’ennesima volta il numero degli occupati (+ 56.000 rispetto a giugno) e diminuisce quello dei disoccupati (- 107.000). Anche le percentuali sono da record: 62,3% il tasso di occupazione e 6,5% quello di disoccupazione (mai così basso dalla crisi del 2008). Le dimensioni della crescita sono fuori discussione: in termini tendenziali (cioè rispetto a 12 mesi fa) il numero di occupati è aumentato di 490.000 unità (+ 1% il tasso di occupazione).
Fin qui le buone notizie: se entriamo nel dettaglio dei dati vediamo alcune contraddizioni che avevamo già segnalato nei recenti numeri dell’Osservatorio e che dimostrano di non essere occasionali ma strutturali e in relativa crescita, potenzialmente dei veri bugs.
Il primo dato evidente è che il numero degli occupati aumenta solo in forza della crescita dei lavoratori autonomi, mentre i dipendenti calano (- 18.000 unità) per il secondo mese consecutivo e per la prima volta dopo 2 anni diminuiscono i lavoratori a tempo indeterminato. In sé non è un indice di grave preoccupazione, ma si colloca in un contesto nel quale per tre mesi l’indice di fiducia delle imprese si colloca in terreno negativo, il PMI (che registra le previsioni di acquisti da parte dei manager) è sceso di due punti), l’indice della produzione industriale del II° trimestre è sceso di 1,6 punti, soprattutto nel comparto manifatturiero. Gli istituti di ricerca prevedono una stabilizzazione dell’economia dell’area Euro, e anche per l’Italia la fine della crescita impetuosa che ha caratterizzato gli anni del dopo Covid. Dinamica abbastanza normale, ma che per l’Italia rappresenta un problema che non esiste per le economie europee paragonabili alla nostra: l’aspetto più evidente e clamoroso è quello che dopo più di due anni di crescita clamorosa il tasso di occupazione sia salito al 62,3%: e si fermerà lì più o meno, viste le previsioni. C’è di male che il tasso di occupazione sale come visto al 62,3% ma si confronta con quello medio europeo al 70%: finito il periodo magico di crescita come potrà aumentare l’occupazione in Italia?
Un ulteriore dato di dettaglio può delineare meglio perché la situazione sia preoccupante: il tasso di disoccupazione così festosamente basso è in realtà determinato dal fatto che sempre meno persone cercano lavoro. E non perché siano già occupate, ma perché sono scoraggiate o non interessate a trovare occupazione. Il dato davvero negativo del report è quello relativo al numero degli inattivi (ossia persone che non lavorano né lo cercano) che aumenta di 73.000 unità rispetto a giugno, con un tasso rispetto alla popolazione potenzialmente attiva del 33,3%. Un dato sostanzialmente statico negli ultimi 18 mesi.
Il quale associato al trend moderatamente negativo dell’occupazione dipendente lancia segnali che, associati alle previsioni sull’economia, parlano di un “tetto” occupazionale ormai raggiunto, lasciando aperte le grandi questioni del mismatch, e quindi di un mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Senza uno choc esterno, che può essere una rapida crescita dei mercati oppure un (improbabile) intervento massiccio sulle politiche attive del lavoro, difficilmente quel tetto potrà essere seriamente superato. ( A cura di Claudio Negro)
Milano, 1.09.2024
