Assistenti sociali: 70 anni della formazione a Verona. Fonte informativa: agenparl.eu

Settanta anni fa prendevano avvio nella città di Verona le prime esperienze di formazione per assistenti sociali. L’allora Libera Scuola di Scienze Storiche “Ludovico Antonio Muratori” istituì la Scuola Superiore di Servizio Sociale, supportata, a partire dal 1959, dalla costituzione del Consorzio fra gli Enti Locali per lo sviluppo degli studi universitari a Verona.
È nel 1987 che la Scuola diviene Scuola diretta a fini speciali e in seguito, nel 1994, diploma universitario. Ulteriore passaggio significativo, che ci trasferisce dentro l’attualità, è la trasformazione della Scuola nel 1999 (a partire quindi dall’anno accademico 2000-2001) in corso di laurea in Scienze del Servizio sociale. Le trasformazioni più recenti ci hanno portato inoltre ad articolare il percorso formativo in due fasi: una laurea triennale – il “Corso di laurea in Scienze del Servizio sociale” – e una laurea magistrale – il “Corso di laurea magistrale in Servizio sociale in ambiti complessi”.
Il primo indirizzato alla formazione di base dell’assistente sociale, il secondo a perfezionare la figura sotto il profilo professionale, indirizzandola alla gestione delle situazioni a elevata complessità, relativamente ai casi seguiti, così come alle organizzazioni di appartenenza. Da quest’anno accademico, inoltre, il percorso prevede un ulteriore passaggio formativo, rappresentato dal Master di I e II livello inerente la “Formazione alla supervisione nei servizi sociali”. La supervisione sul lavoro degli operatori dei servizi sociali è prevista dai Leps Livelli essenziali delle prestazioni previste in ambito sociale, come momento di riflessione e controllo sul livello di qualificazione professionale degli operatori. L’università di Verona in questo modo cerca di dare continuità a un percorso di formazione che dal primo livello arriva fino alla fase postlaurea, operando in stretto raccordo con il territorio.
Uno degli aspetti qualificanti del percorso formativo è l’attenzione da sempre riservata al tirocinio. La formazione teorica, per quel che attiene le materie professionali e le altre materie a esse strettamente integrate, trova una connessione con le attività di tirocinio. Chi frequenta i percorsi di laurea triennale e magistrale è tenuto a trascorrere un numero considerevole di ore su campo, affiancato da operatori che operano nei servizi nel ruolo di supervisori e da docenti che nella sede formativa rielaborano le esperienze di tirocinio. Un modo costruttivo di mettere in stretta relazione teoria e prassi, per farle diventare di fatto parte integrante di un unico percorso formativo.
L’attività di formazione è inoltre strettamente connessa con quella di ricerca che il corso di studi promuove e realizza. Per alimentare di risorse e sollecitazioni la formazione e la ricerca, negli anni si sono consolidati rapporti con soggetti significati del territorio, a partire dagli enti locali, le aziende sanitarie e l’Ordine degli assistenti sociali. Soggetti che aiutano a presidiare la qualità del percorso formativo e a individuare contenuti e modalità di innovazione nella didattica.
Quale futuro per la professione?
“Sono molte le questioni aperte relativamente alla professione dell’assistente sociale – spiegano gli organizzatori – In primo luogo ci pare importante tenere sempre in vista la partita della formazione continua, quanto mai necessaria nelle fasi di forte cambiamento sociale che stiamo attraversando.
Inoltre, lo scenario di mutamento tecnologico ci impone di pensare e ripensare anche le modalità di azione che interessano i professionisti della relazione. Facciamo i conti quotidianamente con una tecnologia sempre più penetrante nelle dinamiche relazionali, che riguardano il rapporto con l’utenza e fra colleghi di lavoro, situazione che ci interroga proprio sul contenuto del lavoro e le modalità operative delle professioni di aiuto.
Un’ulteriore questione rilevante è quella dell’immagine pubblica dell’assistente sociale, spesso ancora vittima di letture stereotipate, veicolate da sistemi di comunicazione poco attenti alle reali competenze e attività della figura. La reputazione conquistata sul campo, spesso operando nell’invisibilità e nel rispetto di un rigoroso codice deontologico, non sempre raggiunge l’immaginario collettivo. Negli anni il carico di lavoro e di responsabilità che tocca all’assistente sociale, così come ad altre figure che operano nell’area dei servizi sociali e sanitari, non è emerso a sufficienza, rendendo merito del lavoro svolto.
Questi aspetti ci portano ad un’ultima questione, quella dell’avvicinamento delle generazioni più giovani di neodiplomati al percorso formativo per diventare assistente sociale. Non di rado nel corso delle attività di orientamento che svolgiamo, scopriamo l’assoluta mancanza di informazioni su figure come l’assistente sociale, e non di rado anche il persistere di letture poco corrispondenti alla realtà del contenuto del lavoro e del ruolo. Un terreno sul quale ci dobbiamo impegnare costantemente”.
Agenzia di stampa Univerona News 


VIDEO | Assistenti sociali di ieri e di oggi, i 70 anni della formazione a Verona – TgVerona

 

2 commenti

  1. Sono passati 70 anni dall’istituzione dei corsi di servizio sociale professionale -SSP- a Verona, sono gli stessi anni della storia della nostra professione così come si è sviluppata in Italia dagli anni del dopo guerra. 

    Dall’inizio degli anni Novanta la formazione di base avviene in ambito accademico, ciò accade anche per una parte della formazione continua. Il SSP, come sappiamo, è cambiato col mutare della società e di conseguenza vi è stata la costante necessità di adeguarsi ad essi anche nelle metodologie e nelle tecniche professionali. La realtà sociale attuale è sempre più complessa e il sistema dei servizi di welfare sembra attraversare una crisi, si può dire un costante indebolimento, i cui  effetti sulla popolazione più esposta a rischi di emigrazione sono ben visibili. 

    Vi è anche il tema del diverso approccio culturale alla solidarietà sociale che è rilevabile in particolare nelle nuove generazioni. 

    Le professioni di aiuto in qualche modo subiscono questa situazione a partire dal fatto che sono sempre meno attrattive per i giovani. Quella dell’assistente sociale, pur segnando negli anni un costante aumento numerico di iscritti all’albo professionale, non si sottrae ad un certo malessere in particolare di chi lavora da più tempo nei vari ambiti, soprattutto nella PA. 

    A partire da queste brevi considerazioni il tema della formazione, a mio avviso, necessita di un ripensamento, fin dalla formazione universitaria. Occorre affrontare la complessità sociale e organizzativa con strumenti sempre più efficaci e ciò richiede solide basi scientifiche e culturali. A partire da queste constatazioni è evidente che la laurea triennale è sempre più insufficiente a poter fornire una formazione adeguata alle attuali sfide, perciò si impone la necessità di una laurea a ciclo quinquennale corredato da un robusto tirocinio professionale. Un corso dove, nell’ultima parte biennale, sia possibile accedere a studi di prima specializzazione di area (età evolutiva, disabilità e non autosufficienza, dipendenze, giuridico-forense. manageriale, supervisione professionale ecc), secondo un’offerta diversificata e coordinata, messa a disposizione dalle Accademie. 

    Ne consegue che anche l’offerta formativa post laurea, cosiddetta ‘continua’ dovrebbe fornire ulteriori strumenti di apprendimento e aggiornamento. L’offerta di corsi di specializzazione, master ecc dovrebbe essere programmata secondo le reali necessità del mondo del lavoro, rilevate anche in collaborazione con l’Ordine professionale. Certo la formazione post laurea va ben oltre quella universitaria, dunque senza nulla togliere ad altre Agenzie, arricchendo e diversificando l’offerta, come è giusto che sia, a vantaggio dei professionisti.

    Pare invece che rispetto a quello che ho prospettato si vada in direzioni ben diverse. Ne sono la prova la mancanza di volontà di riformare il corso di laurea (il panorama attuale dell’offerta formativa delle lauree biennali, pur con interessanti accezioni, spesso è ridotto ad un ripasso dei contenuti della laurea triennale, pur con qualche approfondimento in merito alla programmazione, gestione e coordinamento dei servizi). 

    La proposta di master o corsi di specializzazione sembra organizza in modo discontinuo, seguendo a volte logiche di mercato (vedi il proliferare di master sulla supervisione sulla spinta dei finanziamenti del PNRR). Inoltre anche l’idea del nostro Ordine nazionale di chiedere per legge l’istituzione di albi speciali diversificati per aree come quelle sopra elencate sembra più una scorciatoia, un po’ velleitaria, scelta per ovviare alla difficoltà di proseguire sulla strada della laurea quinquennale (che pure era stata proposta una decina d’anni or sono dallo stesso Ordine e poi inspiegabilmente abbandonata).

    Mi fermo qui con le mie riflessioni, tralasciando gli aspetti già toccati nel commento sulla celebrazione del 70° anno del corso di formazione a Verona e i vari altri problemi che la professione deve affrontare in questa difficile congiuntura. Spero sempre che non manchino sviluppi positivi soprattutto per le future generazioni di professionisti del sociale.

    Marco Mazzoleni

    Piace a 1 persona

Lascia un Commento se vuoi contribuire al contenuto della informazione