Il boia di Parigi preso a casa sua. Salah era nascosto come un boss, 19 marzo 2016

Ci sono i venti, venticinque, forse addirittura trenta del «primo cerchio», i fiancheggiatori, i complici, quelli che hanno affittato le case, recuperato i contanti, comprato le carte telefoniche, confezionato le cinture esplosive, e poi ci sono tutti gli altri, il «secondo cerchio», i vicini di casa, i compagni di scuola, di carcere, di bevute, quelli che non si farebbero mai saltare per aria, non partirebbero mai per la Siria e nemmeno venderebbero mai alla polizia o allo stato un amico, che sia o meno il terrorista più ricercato d’Europa. Alla fine uno, uno solo, ha ceduto, su dieci, cento, che sapevamo dove fosse Salah. Uno solo ha parlato, quando ormai Salah era braccato.

TUTTI CON LUI Dietro gli attentati del 13 novembre e dietro la fuga di quattro mesi di Salah Abdeslam sembra esserci un quartiere intero, tutta quella Molenbeek che ieri sera tirava sassi sugli agenti impegnati ad arrestare l’unico terrorista vivo delle stragi di Parigi.

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