Massimo D’Alema: «Dovete stare tranquilli … mi farò da parte … cercherò di arrivare un minuto prima”, un ricordo di Paolo Ferrario del 5 dicembre 2008, ma facendo riferimento ad un discorso politico del gennaio 2000

Mi girava nella testa da giorni un ricordo politico.
Ma devo spiegare perché succedeva.
Sono ormai certo che il centro-sinistra non ha più una cultura di governo per questi tempi di molecolare transizione: la crisi bancaria ed economica che ha radici estese con il non aver fatto i conti con gli effetti della globalizzazione; le migrazioni di massa e l’ideologia culturalista e relativista, che cede penosamente davanti alla aggressività esplicita e latente dell’islamismo moderato e radicale; l’assenza di una minima idea sulle politiche per la sicurezza e l’identificazione con gli autori dei reati e la sottovalutazione del dolore delle vittime; la perdita di contatto con la realtà produttiva dei distretti socio-economici del nord; la tentazione dell’abbraccio mortale con quel che resta della “sinistra” (compresa quella che crede di usare l’Isola dei famosi e che, all’opposto, ne è digerita come un’ameba); la troppo debole virata verso il “centro”, unico soggetto sulla scena politica capace di spostare quei 3 milioni di voti che abbiamo perso alle elezioni di quest’anno.
Insomma: c’è una pesante crisi di valori e di programmi.
Cui rispondono con la rissa interna, con l’eliminazione della leadership di Veltroni: e a guidare questa ennesima “uccisione” del capo è Massimo D’Alema.
E così ci troviamo un capo del governo come Berlusconi, espressione di un autoritarismo personale e collettivo che viene da lontano. Siamo in queste condizioni per esclusiva colpa dell’arroganza della sinistra, che ha bocciato per ben due volte il percorso riformista di Romano Prodi.
E’ una personale diagnosi che ho argomentato spesso in questi ultimi anni, con dati ed argomenti.
Come se ne potrebbe uscire?
Credo solo con un totale ricambio delle classi  dirigenti di questo quindicennio. Sì: intendo di tutte quelle persone che ritroviamo settimanalmente nei programmi televisivi che hanno arricchito i compensi di Lerner, Santoro, Floris e accoliti.
E vengo al ricordo.
Era annidato in una fase biografica in cui militavo nel Pci/Pds/Ds.
Ricordavo una frase di Massimo D’Alema al 1° Congresso dei Ds – Democratici di sinistra, il  13/16 gennaio 2000.
Ricordavo perfettamente la sua frase, che ho ritrovato grazie agli archivi del Corriere della Sera (grande Paolo Mieli!):
«Dovete stare tranquilli, nel momento in cui avrò la comprensione di non essere più utile a questa difficile transizione, mi farò da parte.
Voi me lo farete capire ed io cercherò di arrivare un minuto prima di quel doloroso momento».
Sono passati 8 anni.
Non solo il personaggio non fa l’operazione di mettersi da parte.
Ma subdolamente delegittima l’attuale Leader del Partito Democratico.
A meno che non stia lavorando proprio per la contemporanea messa in pensione di sé e del resto della classe dirigente.
Se fosse così, ammirerei il suo intuito.
La verifica avverrà nel futuro
D’ Alema conquista i Ds, Trionfo al congresso, unità con Veltroni.
In Il Corriere della sera del 16 gennaio 2000.
No ai referendum, D’ Alema conquista i Ds Trionfo al congresso, unità con Veltroni. Boselli: esalta la boria del governo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TORINO – Sessantacinque minuti d’ intervento, 53 interruzioni e un lunghissimo applauso finale. Con un discorso a braccio da professionista della politica, Massimo D’ Alema riconquista il suo partito. Al terzo minuto d’ applausi alza il pugno. Al quarto si asciuga una lacrima. E così ristabilisce il feeling con il congresso, che fino a quel momento si era mostrato tanto tiepido nei confronti del governo. Rimescola le carte, D’ Alema, e le sfila dal mazzo per distribuirle nuovamente una ad una. A Veltroni, così bravo nel «suscitare emozioni», tocca quella coronata di leader dei Ds. A sé, D’ Alema riserva il ruolo di guida del governo e del Paese. Alla fine, in una specie di testamento, accenna perfino al momento in cui anche lui dovrà farsi da parte, ma qualcuno in platea gli grida: «Il leader sei tu». Applausi. IL SOCIALISMO – L’ identità diessina viene ancorata una volta per tutte nella famiglia dell’ Internazionale socialista: «Questo è il cuore della nostra identità». Il socialismo democratico viene messo in contrapposizione con l’ esperienza del comunismo. «Non c’ è niente da fare – ammette -, questa è la lezione della storia». Il Pci comunque un merito lo ha avuto, «quello di stare su questioni importanti con loro e non con altri». E la terza via? «Non mi interessa, se questa deve dividere il socialismo europeo, Blair da Jospin». IL GOVERNO – Il D’ Alema-bis si è costituito dopo una «crisi difficile» che ha fatto «pagare prezzi e commettere errori». Ma bisognava reagire al «logoramento» del centro-sinistra e bisognava prima del congresso. Per porre fine «all’ ambiguità» dell’ esecutivo che si costituì, grazie a Cossiga, dopo la crisi del governo dell’ Ulivo. TRIFOGLIO E PPI – D’ Alema vuole mantenere un dialogo con le forze di centro-sinistra. Pensa soprattutto «ai socialisti». Ma Boselli non raccoglie e boccia il discorso «senza una risposta ai problemi e tutto chiuso in un’ esaltazione della boria di governo». Castagnetti, leader Ppi, invita invece D’ Alema «a fare un passo indietro» quando sarà il momento di scegliere il candidiato per le politiche del 2001. Da parte sua, il premier ignora nella relazione Cossiga e si dice pronto «a convergenze» con Bertinotti. PARISI – D’ Alema invita il leader dei Democratici ad accettare l’ offerta di Veltroni, «l’ idea feconda di una federazione» tra le forze del centro-sinistra. E lo invita a non accelerare troppo, perché «le cose maturano attraverso processi storici, non quando un professore ha una trovata intelligente…». Quanto all’ Ulivo, al quale fino a pochi giorni fa il premier sembrava essersi convertito, ecco la confessione davanti al congresso: «Non ho mai condiviso un’ idea dell’ Ulivo come luogo in cui svaniva la sinistra italiana…». COFFERATI – La stoccata al segretario dell Cgil, che venerdì aveva scaldato la platea con un discorso da leader laburista, è da manuale. «Cofferati viene a torto indicato come espressione di un’ anima conservatrice della sinistra. Sfido chiunque a trovare nella sinistra europea un leader sindacale che dica che bisogna fare le privatizzazioni». Anche definire «scontro» il duello D’ Alema-Cofferati che animò il congresso romano del ‘ 97 è improprio. Quella fu «una appassionata discussione». Accurata la preparazione dell’ effetto finale: «Vi informo che con il centro-sinistra al governo del Paese il sindacato ha concordato la flessibilità contrattuale….». REFERENDUM – Se quello elettorale passerà, e il premier lo spera, «il Paese dovrà avere una nuova legge». Naturalmente maggioritaria. E i referendum sociali? «Sono contro, non perché rappresentano una minaccia a un vecchio ordine, ma perché intralciano la modernizzazione del Paese. Perché non si può procedere alla riforme a colpi di clava». A Cofferati, che aveva chiesto al premier di schierarsi, basta: «Una buona base di partenza». Le vere riforme – fa poi capire D’ Alema – le sta facendo lui alla guida del governo di centro-sinistra. L’ elenco è lungo e compiaciuto: scuola, privatizzazioni, pubblica ammnistrazione, federalismo. C’ è stata la «rivoluzione» dell’ elezione diretta dei presidenti delle Regioni. Adesso bisognerà arrivare a quella del capo del governo. E il welfare? «Stiamo disegnando un nuovo Stato sociale e promuoviamo una correzione: contenere la spesa previdenziale per aumentare quella sociale. La scelta non è contraria ai valori della sinistra…». Il POLO – A differenza di Veltroni che attacca duramente Berlusconi, D’ Alema preferisce ignorare il leader del Polo e ripiegare su Fini di cui bolla «l’ arretratezza politica e culturale». VELTRONI – «Ha messo in comunicazione la sinistra con il Paese, più di quanto io sia riuscito a fare, con le emozioni, le passioni civili di una nuova generazione». Ma lui ha dovuto evitare che il partito si dissolvesse quando tutte le certezze del passato comunista erano crollate. Ora la «responsabilità e l’ onore» che gli compete, grazie al partito, è «guidare il Paese». Per Veltroni l’ intervento del presidente è «ottimo» e va nella direzione di «una sinistra che ha identità e voglia di dialogo». LEADERSHIP – «Decideremo assieme, sono d’ accordo con la proposta Veltroni di una scelta popolare di un primo ministro come capo della sua maggioranza». Ed ecco il colpo di teatro finale: «Dovete stare tranquilli, nel momento in cui avrò la comprensione di non essere più utile a questa difficile transizione, mi farò da parte. Voi me lo farete capire ed io cercherò di arrivare un minuto prima di quel doloroso momento». Ovazione.
Cronaca di Felice Saulino

3 commenti

Lascia un Commento se vuoi contribuire al contenuto della informazione

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.