La Commissione parlamentare per le questioni regionali l’11 novembre 2009lha approvato un documento conclusivo in relazione all’indagine conoscitiva sull’attuazione dell’articolo 119 della costituzione in relazione al nuovo assetto di competenze riconosciute alle regioni ed alle autonomie locali in materia di federalismo fiscale.
Nelle “note conclusive” del documento – pubblicato anche nella sezione “In Parlamento” del sito http://www.regioni.it , il link è: http://www.regioni.it/upload/DocCPQR_Fed_fisc111109.doc – si legge, fra l’altro, che “l’esigenza di superare progressivamente il criterio della ripartizione delle risorse in base alla spesa storica regolando il passaggio dall’attuale finanza decentrata di tipo derivato ad un sistema fiscale-finanziario autonomo e responsabile è ineludibile” e “la definizione dei costi standard rappresenta l’elemento centrale dell’intero impianto riformatore: il disegno di legge rimette ai decreti delegati il compito di darvi forma e sostanza”. “Il fulcro della disciplina –prosegue il documento della Commissione – è la determinazione dei costi standard e del parametro rispetto al quale definirne il perimetro. Il nodo da sciogliere consiste nella necessità di definire se il costo standard si debba delineare quale mera scelta formale ovvero se implichi, come auspicato dalla riforma, una valutazione anche in termini di efficacia, efficienza ed appropriatezza dei servizi offerti in un dato territorio. Se si accede a tale impostazione metodologica è utile ricorrere al parametro del fabbisogno standard optando esplicitamente per un modello che riferisca il livello standard non al «costo» bensì al «fabbisogno»; il primo si delinea quale concetto formale e neutro, il secondo si pone quale valore sostanziale che impone una problematica valutazione delle spese in termini di congruità, efficienza ed adeguatezza dei servizi o delle prestazioni rese. Peraltro, risulta evidente che la definizione dei costi standard è strettamente connessa alle specifiche finalità perseguite con la riforma: la ristrutturazione, la riduzione e il controllo della spesa pubblica; la diminuzione della pressione fiscale complessiva; la semplificazione delle funzioni amministrative e la razionalizzazione dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Obiettivi da raggiungere in un quadro di rispetto dei vincoli del Patto di stabilità europeo. […] Il passaggio ai costi standard è segno della volontà di razionalizzare e di ridefinire il complessivo quadro di riferimento. La chiave di volta potrebbe essere rappresentata dalla costruzione di un sistema basato sul patto di convergenza, un patto di congruità costruito su un metodo negoziale, quindi flessibile, incentrato sull’individuazione del valore del fabbisogno standard per ciascuna unità di prodotto-servizio essenziale unitariamente definito tra i diversi livelli istituzionali coinvolti. Evidentemente il fabbisogno standard ha una valenza economica e sociale significativa, conseguentemente andrebbe rilevato e calcolato non solo in base a criteri economici o meramente contabili, bensì in termini di efficacia-efficienza del servizio commisurandolo alla congrua relazione tra i correlati costi e benefici. Ne deriva che al fine di calcolare il fabbisogno standard come delineato è necessario adottare specifici indicatori” […] e “in una prima analisi, gli indicatori indispensabili sono quelli riferibili al parametro territoriale o geografico, a quello morfologico e a quello demografico. Sono molteplici i fattori da considerare quali parametri da adottare come indicatori per definire il fabbisogno standard inteso come rapporto costi-benefici del servizio erogato, affinché il servizio stesso si configuri nei termini di efficienza, efficacia ed appropriatezza”. [..] “Uno strumento utile a superare l’inefficienza amministrativa e gestionale potrebbe essere l’aggregazione in bacini di utenza ottimali per l’erogazione dei servizi, quali quelli attualmente previsti per l’acqua o per il gas ovvero i bacini di trasporto a livello locale. In tale quadro il patto tra Enti territoriali e Stato potrebbe qualificarsi quale regola cogente dinamica di riforma economico-sociale in modo da impedirne soggettive interpretazioni, inadempienze e disapplicazioni. Il patto di convergenza o di congruità andrebbe qualificato come accordo che definisce unanimemente, per un determinato periodo temporale, per ogni unità di servizio prodotto, il fabbisogno standard che convenzionalmente le parti ritengono congruo. Un aspetto di particolare rilievo, cui si dovrà porre adeguata attenzione nell’esercizio della delega, afferisce alla necessità di approntare, nell’ottica di un efficiente e solidale federalismo fiscale, misure tese a potenziare adeguatamente le infrastrutture materiali e la loro effettiva funzionalità, soprattutto in relazione alle aree che versano in condizioni di maggiore disagio socio-economico, in coordinamento funzionale con le specificità, non solo metodologiche ma anche teleologiche. In ordine alla previsione di un Fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante si ravvisa l’esigenza che siano predisposte misure di verifica e monitoraggio «esterno» ai destinatari-gestori, Regioni ed Enti locali, al fine di considerare i principi di territorialità, sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nel quadro di un necessario collegamento tra il prelievo fiscale e il beneficio fornito ai cittadini-utenti. Il sistema dovrebbe opportunamente contemplare l’attivazione di meccanismi premiali dei comportamenti virtuosi e di misure sanzionatorie tali da dissuadere politiche di spesa non in linea col mantenimento dell’equilibrio della finanza pubblica nel suo complesso”. Occorre segnalare la necessità di dare in sede di delega la maggior trasparenza logica possibile alle norme tributarie: la formulazione di talune disposizioni, particolarmente complessa potrebbe alimentare interpretazioni non in sintonia con la ratio della normativa”[…] L’autonomia di entrata e di spesa delle Regioni e degli Enti locali sancita dall’articolo 119 della Costituzione richiama all’esigenza di un solido ed adeguato coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. La valorizzazione dell’autonomia finanziaria non può essere disgiunta dalla necessità di definire un equilibrato sistema di relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo del territorio basato su un rafforzato coordinamento della finanza pubblica a tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili. Tale quadro di riferimento suggerisce l’opportunità di procedere ad una graduale armonizzazione dei bilanci dello Stato e dei diversi livelli territoriali con la revisione della legge di contabilità pubblica. Occorre altresì necessario, in una prospettiva di potenziamento degli strumenti di coordinamento, attivare una sede permanente di cooperazione sulle questioni di finanza pubblica. Un tema non secondario attiene al potenziamento ed alla omogeneizzazione tra i livelli territoriali delle fonti informative sui dati relativi ai flussi di finanza pubblica al fine di consentire un oggettivo confronto, aggregazione ed analisi.”[…]
Infine “occorre accompagnare tale provvedimento con altri urgenti processi di riforma, quali l’attuazione dell’articolo 117, comma 2, lettera p) della Costituzione ed il nuovo ordinamento degli Enti locali, la disciplina delle funzioni delle città metropolitane e, nel più generale contesto di riforma istituzionale, il superamento dell’attuale bicameralismo. […] L’attuazione del federalismo fiscale non deve […] essere accompagnata dal potenziamento di organismi di coordinamento e concertazione di tipo amministrativo, tecnico e contabile, ma deve indurre a valorizzare il ruolo delle sedi interistituzionali di coordinamento, in attesa di riforme costituzionali che conducano all’istituzione di una Camera delle autonomie ove comporre a sintesi le istanze derivanti dai diversi livelli territoriali. In tale prospettiva si pone l’opportunità, unanimemente condivisa e caldeggiata, che la composizione della Commissione parlamentare per le questioni regionali venga integrata dai rappresentanti delle autonomie territoriali ai sensi dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, affinché quest’ultima possa qualificarsi come Organo consultivo ed esaustivamente rappresentativo delle molteplici istanze provenienti dalle autonomie territoriali e quale momento istituzionale per comporre i molteplici e differenziati interessi espressi dai diversi livelli di governo territoriale riconosciuti dalla Costituzione. Si ribadisce che tale indicazione è stata prospettata ed auspicata da tutti i soggetti ascoltati in audizione nel corso dell’indagine”.
Newsletter n. 1477 del venerdì 13 novembre 2009
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quanto asserisce l’On Fini interessa la riorganizzazione iostituzionale dell’Ordinamento del Paese Italia ancorato ancora a superate logiche di partito che hanno tutto l’interesse a manovrare il timone della governabilità nel potenziamento degli interessi di parte anziche proiettarsi nelle necessità del Paese e,quindi,dei cittadini.Auguro all’On Fini tanta buona fortuna perchè il momento politico è veramente difficile
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