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Viene spontaneo domandarsi: perché così tante persone – giovani, adulti, anziani – sono attratte dall’espressione artistica rappresentata nel film? Credo che una possibile spiegazione sia da cercare nel fatto che, come si diceva in un articolo precedente, ci piace partecipare alle storie, ai racconti di vita. Probabilmente questo avviene perché non ci basta la nostra concreta, unica e personalissima biografia. Abbiamo bisogno, per sentirci parte del mondo, di entrare in contatto con altre vite. Come se queste storie, che appartengono ad altri, in realtà siano anche un po’ la nostra storia.
E’ su questo filo interpretativo che vorrei intrattenere l’attenzione del lettore.
La questione di fondo mi sembra la seguente: attraverso un racconto che si dipana su uno schermo, viene messa in gioco e visualizzata la nostra stessa identità. Mi faccio aiutare da un grande antropologo culturale, Carlo Tullio-Altan, il quale, con rigoroso metodo scientifico, sostiene che gli elementi fondamentali capaci di tenere assieme l’individuo alla sua società sono: a) l’Epos, inteso come la capacità di elaborare la memoria storica e collegarla al passato, al presente e al futuro; b) l’Ethos, ossia lo sviluppo di norme e regole atte a creare socialità tra le persone; c) il Logos, attraverso il quale si realizza la comunicazione sociale; d) il Genos, ovvero la dinamica dei rapporti familiari orientati a trasmettere valori fra le generazioni; e) il Topos, che fa riferimento a un territorio vissuto come valore e come fonte di affetti e di piacere estetico.[..] segue qui: Cinema e biografie: come funziona una buona storia? | Muoversi Insieme
Paolo Ferrario, Cinema e biografie: come funziona una buona storia? | in Muoversi Insieme Stannah
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Grandissimo!
w frederick back 🙂
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