Bozza di Decreto Legislativo
sul federalismo sanitario: primi appunti
Il Governo ha presentato (il 16 settembre n.d.r.) alla Conferenza delle Regioni la bozza di
decreto legislativo sui costi e i fabbisogni standard per la sanità, in attuazione della Legge
delega 42/2009 sul federalismo fiscale (vedi allegato: “Schema di decreto legislativo
recante disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel
settore sanitario”).
Come noto la Legge delega 42/2009 prevede che i Livelli Essenziali, di cui all’articolo 117
comma 2 lettera m della Costituzione (in questo caso per la sanità), siano finanziati
integralmente, sulla base di un fabbisogno di finanziamento standard individuato con
apposito decreto.
Si tratta di un provvedimento delicatissimo, che deve fissare le regole sul finanziamento dei
servizi per garantire ai cittadini, nel rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il
diritto alla salute e alle cure sancito dalla Costituzione.
Accanto alla valutazione di questo specifico decreto sulla Sanità ci dovrà essere quella sul
Decreto relativo alle entrate (fiscali, tributarie ecc) e sul fondo perequativo per le regioni
con entrate inferiori al fabbisogno standard.
Il rischio di “rompere” l’unità del Paese, in questo caso non assicurando uniforme
finanziamento per i LEA in ciascuna regione, penalizzando quelle più povere, era (e resta)
alto.
Peraltro i disservizi e i disavanzi accumulati in alcune regioni, a fronte invece della buona
gestione economica e assistenziale di altre, hanno già alimentato tensioni e tentazioni di
abbandonare al loro destino proprio le regioni in difficoltà. Per ora la Conferenza delle
Regioni, pur tra molte difficoltà, ha “tenuto” un profilo unitario, consapevole che il crollo
delle regioni più deboli finirebbe per colpire tutti. Infatti, proprio i disavanzi accumulati in
alcune regioni vengono utilizzati da chi vuole usare il federalismo fiscale per ridurre i
finanziamenti, ridimensionare il servizio sanitario nazionale e così compromettere
l’universalità del diritto alla Salute in tutto il Paese.
Per questo è condivisibile la bozza di Decreto laddove conferma che il fabbisogno
necessario alla sanità (il cosiddetto ex fondo sanitario) si determina, con Intesa Stato
Regioni, in sede nazionale (vedi bozza Decreto articolo 2: “fabbisogno sanitario nazionale
standard”), in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo. Infatti, quante risorse
debbano essere destinate a garantire il diritto alla salute e alle cure è decisione tutta
politica, che rivela quale modello di coesione sociale si vuole in un paese. L’importante è
però che si confermi anche il finanziamento su base pluriennale (almeno un triennio) per
garantire certezza e stabilità alla programmazione di un settore così delicato come quello
sanitario. La scelta di far discendere i fabbisogni delle singole regioni da un fabbisogno
nazionale fissato “politicamente” evita, per il momento, il rischio di imporre improbabili
costi di produzione industriali standard per la sanità, dove invece le variabili produttive
sono influenzate da moltissimi fattori (in primo luogo la variabilità dei bisogni) e dove
efficienza, efficacia e risultato (appropriatezza) non sono separabili.
Invece il decreto non è condivisibile quando usa il solo criterio dell’equilibrio di bilancio per
decidere quali regioni siano “virtuose”, diventando quelle standard per definire poi il
fabbisogno di finanziamento di ciascuna altra regione. Si mantiene così un’impostazione
tutta ragionieristica, sbagliata per la sanità. Dove, come è noto, non basta l’equilibrio di
bilancio per essere virtuosi se non si misura anche la qualità dell’assistenza garantita ai
cittadini.
In realtà il decreto dichiara (vedi bozza decreto articolo 3 comma 4a) che “equilibrio
economico” significa erogare i LEA in condizioni di efficienza e di appropriatezza, ma poi
non prevede concretamente come si applica questo principio. Così l’unico criterio di
“virtuosità” resta l’equilibrio di bilancio.
Suscita poi forti perplessità la procedura tecnica individuata (vedi bozza decreto: articolo 3
comma 4b) per definire i costi e i fabbisogni standard regionali; in quanto il meccanismo
scelto è assai contraddittorio e anzi rischia di essere ancora più “rigido” dell’attuale modello
di riparto tra le regioni del finanziamento sanitario, definendo per via centrale addirittura a
quali LEA le singole regioni debbano destinare le risorse (vedi bozza decreto articolo 3
comma 4g). Condivisibile è la conferma della quota procapite pesata in base all’età della
popolazione di ciascuna regione (che influenza notevolmente i consumi sanitari) per
calcolare i fabbisogni regionali. Andrebbe però considerato anche l’indice di deprivazione.
Le simulazioni sugli effetti del meccanismo sono assai incerte, quello che è sicuro che se si
dovessero verificare variazioni importanti dell’attuale riparto, ciò causerebbe la rivolta delle
regioni penalizzate. Probabilmente alla fine l’unica soluzione praticabile sarà il tradizionale
“match” tra regioni, e poi con il Governo, sul riparto del finanziamento nazionale (peraltro
l’articolo 4 della bozza di decreto lascia intravedere questa “via d’uscita”).
Per quanto ci riguarda insisteremo affinché nel confronto tra Governo e Regioni (è prevista
il 23 p.v. una Conferenza delle Regioni sul tema) si decida di cambiare queste parti della
bozza di Decreto, soprattutto misurando finalmente i risultati sulla qualità dell’assistenza
assicurata ai cittadini e non solo quelli, pur importanti, di tipo economico finanziario. Come
affermato giustamente dal Presidente Errani: “Il decreto deve essere costruito
sull’appropriatezza dei servizi e non solo sui risultati di bilancio”.
Inaccettabile è invece il silenzio del Governo sul Sociale: non si parla di definizione dei
Livelli Essenziali né di decreto sui fabbisogni standard per il Sociale. Pure qui il Presidente
Errani è stato chiarissimo, dichiarando irrinunciabile definire anche per l’Assistenza, oltre
che per la sanità, Livelli essenziali e fabbisogni standard.
Infine, altrettanto importante è rivedere l’ultima manovra finanziaria che ha tagliato le
risorse destinate al socio sanitario (direttamente e con il patto di stabilità). Perché la spesa
sanitaria è preziosa, va usata con rigore e in modo appropriato in base ai bisogni di
assistenza: e proprio l’esperienza delle regioni più “virtuose” dimostra che non con i tagli
indiscriminati ma con una profonda riorganizzazione dei servizi si assicura risanamento e
buona assistenza ai cittadini.
Vera Lamonica Segretaria nazionale CGIL Stefano Cecconi Responsabile Politiche per la Salute CGIL nazionale
17 settembre 2010
