TRA LE NUVOLE, (Up in the Air), 2009 diretto da Jason Reitman

TRA LE NUVOLE

(Up in the Air), 2009 diretto da Jason Reitman e co-sceneggiato dallo stesso Reitman con Sheldon Turner, basandosi sull’omonimo romanzo che Walter Kirn ha scritto nel 2001, con George Clooney


TRA LE NUVOLE (UP IN THE AIR) di Jason Reitman 2009


I protagonisti

RYAN
Efficiente tagliatore di teste è convinto che una valigia leggera sia il segreto di un’esistenza di successo. Abitare le nuvole, con i piedi sospesi da terra, è molto meno complicato che intessere rapporti interpersonali.
La sua unica fedeltà è riservata alle compagnie di volo per accumulare quel numero di miglia necessario a eleggerlo utente privilegiato.
Il processo di maturazione affettiva lo porterà ad affrontare le nuvole con una consapevolezza diversa.

ALEX
Donna carrierista ha le idee molto chiare sul come tenere separati lavoro e casa. Ama la sua famiglia, di cui tiene nascosta l’esistenza, ma non vuole rinunciare a piacevoli evasioni durante la fatica dei continui viaggi.
Mente sapendo di mentire, ma in questa consapevole scissione si muove con un equilibrio per lei soddisfacente e appagante.

NATHALIE
Entra in scena come giovane promessa di un efficientismo sempre meno rispettoso delle relazioni umane, ma svela presto la sua immaturità affettiva e la sua incapacità di tenere testa alle sue stesse convinzioni. La sua iniziale scissione tra affettività e intelletto troverà presto, fortunatamente per lei, una profonda crepa.

Il non luogo

Il nonluogo, per dirlo con le parole dell’antropologo Marc Augé, è “quello spazio che non crea né identità singola, né relazione, ma solitudine e similitudine”. Nel nonluogo la relazione interpersonale è trasformata in una relazione oggettuale, dove le indicazioni sono rivolte a tutti indistintamente e gli interventi proposti sono pensati in forma standardizzata e indifferenziata. La percezione di quel luogo quindi sarà di impersonalità, di omologazione e artificiosità.
I nonluoghi sono luoghi di transizione dove non si sta, non si abita (anche il genius loci qui non sopravvive).

ANALISI DEL FILM

Premessa

A tutta prima questo film ci fa vedere tutto ciò che non è l’anima, con elementi che si pongono in dimensione contraria o addirittura in negazione dell’anima.
Il film, come il sogno, è anche nostro: Ryan viaggia più in cielo che in terra e ognuno di noi ha fatto almeno una volta un sogno in cui si è su un aereo e si vola.  A livello simbolico possiamo interpretare l’elemento aria come associato all’intelletto, quindi possiamo dire che è un viaggio che facciamo nel mentale. Stare in aria, stare fra le nuvole, questo è l’abitare del protagonista. I piedi non stanno sulla terra: già questo ci dice molto.

La professione di Ryan

Ryan fa il tagliatore di teste. Lo vediamo già nelle prime scene impegnato a gestire le reazioni di chi gli si siede di fronte per conoscere il suo destino.
Uno, in particolare, reagisce con una domanda “Chi sei tu?” (per potermi fare questo).
La domanda da cui parte il film “E’ chi sono io?”
Ryan ha una lucida capacità di leggere il proprio comportamento “Sono uno preso in affitto da società i cui capi non hanno il coraggio di assumersi l’onere di dare il ben servito ai propri dipendenti. Io arrivo, licenzio e me ne vado”.
Ryan ha un ritmo serrato di lavoro: ha fatto un numero considerevole di viaggi, gli piace sostare negli aeroporti e passare di volo in volo. In sostanza diventa depresso quando deve stare a casa durante i periodi di ferie. Ma alla domanda “Chi sono io?” non sa trovare una risposta profonda.

In questo suo abitare le nuvole ha imparato che nell’essere sempre in viaggio – ha percorso più miglia nell’anno di quante ce ne vogliano per andare sulla luna – può trovare considerevoli vantaggi, soprattutto quelli offerti dalla fidelizzazione alla compagnia aerea, alla compagnia degli alberghi, al noleggio delle auto. Quello che per la gente comune rappresenta la convenzionalità dei nonluoghi (sushi con sapore poco convincente, bibite nei contenitori di plastica), per Ryan invece costituisce il calore di casa.

La sua professionalità viene impiegata anche in ambito di formazione e spesso i suoi viaggi sono legati all’attività di conferenziere. Le sue sono “conferenze motivazionali” e il tema dominante da cui lui parte sempre è quello della preparazione dello zaino. In una sua conferenza lo ascoltiamo in un invito particolare: mettere tutto nello zaino, dall’oggetto più piccolo al più grande: i mobili, la macchina, gli elettrodomestici, la casa … Valutare poi il peso di tutto ciò che si pensa di portarsi appresso. Il consiglio finale è quello di bruciare lo zaino, così si può viaggiare più leggeri.
“Chi sono io?” Incominciamo noi a capirlo: se tu vivi portando solo un trolley con la vita chiusa lì dentro, se non necessiti altro, se questo è il genere di vita che tu vuoi … tu sei quello.

Nella porta della scuola di Platone c’era scritto “Conosci te stesso”. Il soggetto di chi si conosce è il soggetto dell’anima, e man mano che la scopre si rende conto della sua vastità e si riconosce ignorante, proprio perché l’anima è l’universale, il divino in noi, e la ricerca del centro di quest’anima è una cosa che impegna tutta la vita.
E’ questo un tipo di ricerca che non viene svolta comunemente perché l’impegno è oneroso, è meglio occuparsi d’altro.
“Chi sono io” è la domanda che correrà sotterranea per tutto il film nell’uomo che sceglie di stare sopra le nuvole, finchè alla fine verrà a conoscere la sua dimensione e lascerà aperta una nuova possibilità per il suo futuro.

Vediamo un Ryan estremamente attivo, efficiente, apparentemente felice. Ogni volta che si prepara per un viaggio fa gli stessi movimenti, è impegnato in un rito di efficientismo che gli dà la sicurezza di esistere.
“Chi sono io” gli sembra di saperlo ogni volta che è impegnato nell’atto di compiere questo rito, che però, in realtà, è un rito che lo estranea dalla vera realtà dell’essere.
La finalità del rito è di “riconnettere”. Ogni volta che siamo impegnati in un rito lo facciamo perché ci sentiamo scollegati e allora abbiamo il bisogno di ricollegarci.
I riti scandiscono naturalmente il tempo, il giorno, la notte, anche il pranzo è un rito che ricollega tutti i vari membri della famiglia.
Anche nel film si annuncia un rito: quello del matrimonio della sorella.
Per Ryan, il senso del proprio esistere è nello straniamento dell’essere, quindi è impegnato di più in un contro-rito di “scollegamento”. Si sente molto più sicuro nel piano astrale e astratto dove si è collocato. Vediamo che anche il suo segretario appoggia questa sua volontà di distanza dagli altri: ”Ha telefonato tua sorella Kara per parlarti del matrimonio della sorella più piccola e le ho detto che eri in volo e non sapevo quando e dove arriverai” e Ryan è soddisfatto di questa risposta.
Quando dovrà poi rispondere necessariamente alla sua chiamata, dirà di lei che è quella che nella famiglia tiene tutto sotto controllo, è la “colla”.
In ogni famiglia c’è sempre qualcuno che prende in carico la stirpe e che tiene in mano il collegamento generazionale. Nel genogramma familiare appaiono persone che non si ricordano gli avvenimenti più importanti, mentre per contro, c’è chi tiene la memoria e l’archivio di tutti gli eventi e si assume il compito di trasmettere la memoria dell’albero genealogico, della discendenza.
Ryan è quello che vuole tagliare i ponti e questo non mancherà di essergli rinfacciato dalla sorella.

Ryan, il tempo libero e l’incontro con Alex

Tra un volo e l’altro Ryan passa le serate nelle hall degli alberghi e cerca donne.
L’incontro con Alex è particolare: una donna che gli assomiglia molto, agenda piena, voli e spostamenti frequenti, desiderio di libertà. I due si piacciono, hanno un approccio facile, sono brillanti, abili conversatori, si parlano del “fintintimo -finto intimo”, si coccolano, si crogiolano nella relazione pur sapendo che è finta, però piace e ci stanno bene. Nel finto intimo si nasconde bene la paura della vera intimità, il peso dello zaino, del legame.

Alex gli svela il numero di miglia percorse fino a quel momento, ma Ryan non fa altrettanto alla sua richiesta di sapere quanto ha volato. Dice solo di aver in mente a quale cifra vuole arrivare e illustra un ragionamento sul concetto di fedeltà alla compagnia di volo: non c’è niente di banale nella fedeltà. Le miglia che si accumulano sono segnale di fedeltà e lo dimostrano le numerose card che ha già conquistato affidandosi con continuità ai servizi offerti.
E’ chiaro come ci sia una netta separazione tra terra e cielo. Ryan rifugge le relazioni interpersonali, ma per quanto riguarda l’effimero considera la fedeltà un bene prezioso perché gli permetterà di diventare parte di un club esclusivo in cui potrà ricevere il meglio del meglio del servizio cui è stato fedele.
Alex e Ryan sono molto simili nella loro interazione seduttiva: lei lo spiazza perché ha sempre già fatto tutto prima e meglio di lui (lui si vanta di un rapporto sessuale in un volo intercontinentale, mentre lei è più brava perché lo ha fatto addirittura in un volo locale di breve durata).

Nella prosecuzione del film assisteremo ad una telefonata di Alex che gli chiede perché non l’ha più cercata. Ryan risponde che non sapeva se fosse opportuno. Alex lo rassicura: “Io sono la donna di cui tu non ti devi preoccupare mai. Se hai voglia mi puoi chiamare, se non mi vuoi, va bene lo stesso.”.
Alex mette in chiaro la loro storia con un ragionamento che in genere fanno gli uomini. Infatti ha un atteggiamento molto maschile. “Alla fine sono come te, solo che ho la vagina”, aveva quindi ben subodorato sua paura dei legami. Perfetto rispecchiamento narcisistico.

In una pausa di lavoro assistiamo al colloquio telefonico di Ryan con la sorella Kara, che gli chiede esplicitamente un favore; fare delle foto in ogni città che gira alla sagoma di cartone dei due prossimi sposi. Sono praticamente finte foto per un matrimonio che s’ha da fare. Però Ryan non esprime un giudizio in merito a questa richiesta: non la considera brutta di per sé, in fondo è una cosa finta cui lui è ben abituato. Trova anche il sistema di infilare la sagoma nella borsa, e poiché non ci entra, alla fine la lascia aperta facendo fuoriuscire le teste della coppia.
In questo frangente conosciamo meglio la sorella depositaria del compito della memoria della famiglia, che praticamente lo richiama al legame con la terra: anche tu devi devi contribuire a  darmi una mano in questo matrimonio.

Innovazioni lavorative e l’incontro con Nathalie

Intanto in ufficio ci sono novità: il capo lo richiama con tutti gli altri dipendenti e presenta la giovanissima Nathalie. La ragazza è tutta euforica e illustra agli astanti un rivoluzionario progetto: il loro lavoro di viaggiatori da globale deve diventare locale, ovvero “Glocal”.
Questo è interessante: già a livello socio-antropologico da tempo si era compreso che la globalizzazione, questa impronta che viene data alla società verso l’universalizzazione, portava contemporaneamente in sé il processo antagonista: quello della rivendicazione delle differenze. C’è quindi una conflittualità intrinseca che nasce all’interno della società globalizzata: l’azione rivendicativa dei diritti etnici, culturali, religiosi che si acuiscono.
Non sappiamo ancora che esiti potrà avere questo fatto, certo che ancora non esiste un’integrazione, iI processo della globalizzazione che è partito si sovrappone a una richiesta di mantenimento delle proprie differenze identitarie.
Nel film si parla del processo  inverso,  dal globale al locale: e’ vero che nasce da un’esigenza di tagliare i costi: per continuare a tagliare le teste occorre ridurre le  spese aziendali e Nathalie per ridurre i costi della società dice che non bisogna più viaggiare, ma lavorare in sede.

In chiave simbolica, questo “dall’universale al particolare” fa pensare che la direzione verso cui ci stiamo avviando non è quella di una reale universalizzazione dell’essere, bensì quella di un potenziamento dell’ego che diventa lui universale, un’ipertrofia dell’Io, un potenziamento globale dell’Io stesso. L’Io dovrebbe essere annientato dal processo di globalizzazione, invece risorge assorbendo l’universale al suo livello.
L’io non trapassa mai nel noi, nel sociale, ma si potenzia. Questo è il paradosso della società globale che stiamo vivendo e non è dato di sapere se ci sarà un rimedio.

Ryan è sconcertato: lui non perde il lavoro, ma se non potrà più volare non raggiungerà mai il monte ore delle miglia sperato. Tenta di ribellarsi dicendo che nel viaggiare, nell’andare direttamente a contatto con le persone, vi è “una maggiore dignità nel licenziare”. Ryan si rende conto subito che il nuovo programma presentato da Nathalie di licenziare via computer è disumano, ma sembra ignorare che anche quello che fa lui è disumano. Proietta la sua stessa disumanità sulla proposta di Nathalie.
Il capo non pare apprezzare le osservazioni di Ryan e controbatte dicendogli di fare un training a Nathalie, così standogli appresso potrà imparare e correggere il metodo, giacché il suo progetto sembra la soluzione migliore per l’efficacia aziendale.

A questo punto vediamo Ryan e Nathalie partire insieme: Ryan è molto efficiente, mentre lei è più sprovveduta. Perde tempo nel salutare il fidanzato, non ha una valigia adatta, si capisce che non ha alcuna confidenza col viaggiare. Ryan non perde occasione per farglielo notare “Se devi economizzare il tempo, devi imparare anche gli accorgimenti per risparmiarlo”.  E, in effetti, Nathalie deve prendere atto che lui ottimizza magnificamente i tempi morti, le lungaggini, le file, tant’è vero che a un certo punto lo rimprovera di essere razzista poiché le suggerisce di tenere sott’occhio soprattutto gli asiatici “seguili, perché loro sono molto organizzati, non stare dietro ai vecchi perché sono lenti e diffida dei genitori con i bambini perché perdono un sacco di tempo”.
Mentre sono in aereo, lui si prepara alla conferenza e lei batte alacremente sul computer per migliorare il sistema di come licenziare le persone con questo mezzo.
Ryan le fa notare che ciò che sta perfezionando è ciò che vendono, non il contenuto. “Che cosa facciamo noi? Siamo qui per rendere il limbo tollerabile, per traghettare queste anime ferite nel fiume dell’angoscia”.
C’è una bella mistificazione in questa spiegazione: sembra quasi che il licenziato debba ringraziare chi lo manda via.

Nathalie si presenta con Ryan nella società che sta operando licenziamenti. Lui le dice di ascoltare e di intervenire solo alla fine del colloquio per offrire alla persona il “pacchetto” con i suggerimenti da seguire una volta disoccupato.
Nathalie esegue, ma a un certo punto s’intromette per farsi vedere brava e competente. C’è però uno scontro tra lei e il licenziato e Ryan deve riprendere in mano la situazione. Guarda la persona che ha di fronte e gli fa un discorso motivazionale sul fatto che i figli non hanno stima di lui perché non è mai stato capace di tirare fuori i suoi sogni. Insomma è molto bravo a indorare la pillola, facendolo pure sentire un verme perché ha rinunciato ai suoi desideri.
La sera li vediamo a cena, lui gode dei vantaggi di essere un cliente fedele, e spiega a Nathalie che tutto quello che scegli, compreso il ristorante, è sempre legato all’aumento del numero delle miglia. Nathalie gli domanda: “Dov’è che vuoi arrivare” e Ryan non glielo tiene nascosto come ha fatto con Alex: “Voglio arrivare a 10 milioni di miglia”. Perché a Nathalie lo può dire e ad Alex no? Perché con Alex si sente in competizione.

Le prove di Nathalie

Nathalie non lo prende positivamente e quando sente dire a Ryan “Ti mettono il nome sull’aereo”, replica: “Voi uomini se non mettete la vostra firma vi sentite ragazzini” e considera che questo atteggiamento è legato al fatto che gli uomini non possono fare figli. Poi riceve un SMS dal fidanzato in cui dice che “è meglio vedere altre persone” (di questo fidanzato aveva ricevuto una telefonata in cui già si capiva l’insofferenza verso i continui viaggi di Nathalie con Ryan e un inizio di gelosia “vai a letto con lui”? “No”, gli risponderà Nathalie, “è vecchio”. Ryan per la prima volta si specchia e pensa all’immagine di sé che vi vede dentro.

Finalmente vediamo Nathalie in opera alle prese con i licenziamenti e Ryan che fa da supervisore. Entrambi lasciano trasparire il disagio e quel po’ di angoscia che arriva davanti alle reazioni dei futuri disoccupati, però cercano subito di mascherarla. Devono, infatti, trovare subito la risposta adatta per frenare le reazioni di chi li ascolta, devono essere efficienti, l’aspetto emotivo e il coinvolgimento sono banditi.
Una donna nera risponde a Nathalie che lei una soluzione l’ha trovata: si butterà dal ponte. Questa volta Nathalie non riesce a essere impassibile, ne è sconvolta e scappa via. Ryan la rincorre e la rassicura, dice che tutti fanno così, ma poi dopo la crisi stanno meglio e ritrovano il loro equilibrio.  Sono le favole che si raccontano per non confrontarsi con la propria angoscia.
Quelli che riusciranno a elaborare la loro crisi e che potranno ricostruire la loro esistenza sono solo una minima parte, la maggior parte va incontro a una depressione, si portano ai margini della società e, nel film, sapremo più tardi che quella donna effettivamente si butterà dal ponte.

Ryan tiene un’altra conferenza e in fondo alla sala è presente anche Nathalie. Ritorna il racconto dello zaino e questa volta Ryan invita a metterci dentro non gli oggetti, ma i rapporti con le persone: amici, conoscenti, parenti, coniugi. Poi, scherzando, dice che non li inviterà a bruciarlo, ma di lasciarlo a terra, perché è importante non portarsi appresso il peso dei legami con le persone. Ci sono animali simbiotici che si uniscono per sempre, ma loro non sono cigni, sono squali.
Chi ha meno peso può correre più velocemente.

Sul pulmino che li porta all’albergo Nathalie chiede: “Ma davvero tu non ti vuoi sposare, non vuoi figli?” Alla replica “vendimi il matrimonio”, lei, a parte il dire che c’è l’amore, non sa dirgli una motivazione per cui vale la pena di sposarsi, anche perché è stata appena lasciata dal fidanzato. In albergo ha una crisi e crolla con una crisi infantile in cui piange istericamente.
Il suo sviluppo psico-emotivo è ancora allo stato infantile, è cresciuta razionalmente ma non a livello affettivo, dove c’è la vera maturazione dell’essere. E’ intellettivamente forte, ma emotivamente immatura.

Ryan, Alex e Nathalie

Intanto arriva Alex che trova Ryan abbracciato a Nathalie, intento a confortarla per il suo dispiacere dell’abbandono.
Tutti e tre vanno al bar, dove si crea una solidarietà femminile con un buon livello di comunicazione fra le due donne, mentre Ryan viene lasciato sempre più in disparte. Le due donne si confrontano sulle esperienze con il sesso maschile. Nathalie cerca di capire dove ha sbagliato: “la vita non ha nessun valore se non trovi la persona giusta, se non sei con qualcuno con cui vivere la tua vita”. Alex parla dei requisiti maschili del partner ideale: un bel sorriso, avere i capelli, guadagnare più della donna.
La dimensione affettiva di Nathalie è separata da quella intellettiva. E’ un aspetto d’anima dissociato dall’aspetto logico-razionale. Qui emerge sempre più questa dimensione sommersa dell’affetto che non risulta appagato, anche perché il lavoro che svolge la porta in direzione contraria: “Come si può essere lasciati con un SMS ?” si chiede senza pensare che quello che lei propone per il suo lavoro non è molto differente: essere licenziati via Internet.
Ryan rimane estraniato dalla conversazione, mentre Alex la pensa come Nathalie. Scopriremo poi che quest’ultima ha un marito e figli ma, avendolo sempre tenuto nascosto, non può dire di avere già raggiunto questo risultato. Quando Nathalie dice che è importante avere marito, figli, casa, cane, legittime aspirazioni di una vita reale, le due donne su quel punto s’intendono. Tutto ciò che dice Alex sul tipo d’uomo con cui vivere fa dire a Natalie che “E’ uno squallore”. Le caratteristiche dell’uomo ideale sono di una banalità estrema, ma l’importante è che lui ci sia.

Assistiamo a tre tipi diversi di dissociazione nei tre personaggi in questione.
Nathalie è intellettivamente dissociata dall’affettività.
Ryan è più integrato, più unitario tra ciò che dice e ciò che fa, però ha nettamente separato la dimensione affettiva da questa unità integrata di parola e comportamento.
La dissociazione di Alex si manifesta in un altro modo: ha realizzato una famiglia cui tiene e che non vuole rovinare, ma da cui periodicamente evade per riscoprirsi fidanzata, con il piacere della seduzione, della conquista, della sessualità.  In sostanza ha una doppia vita di cui è consapevole e di cui gode con un controllo molto pianificato, simile a quello di Ryan. Nella sua dissociazione sembra comunque la più equilibrata, ma è solo apparenza. Secondo la metafora dello zaino, Alex ha lo zaino sia pieno che vuoto, due vite parallele. Se fosse soddisfatta dello zaino pieno non cercherebbe un’evasione. Se la cerca è perché ha un fondo d’insoddisfazione e d’infelicità.

In psicoanalisi, da un punto di vista psicodinamico e psicopatologico, si distinguono due tipi di dissociazione: quella orizzontale tra coscienza e inconscio, tra pensieri e sentimenti, tra mente e corpo, generalmente inconsapevole, e quella verticale della doppia personalità o tra due diversi Io che possono venire agiti consapevolmente in base alle circostanze.
Il sistema socioeconomico e di produzione attuale richiede sempre più personalità di questo tipo, che sappiano adattarsi e dislocarsi secondo le esigenze mercantili del momento. Ma sono personalità frantumate, schizofreniche, o, più precisamente, liquide.

Al mattino, in albergo, Alex si sta preparando per andarsene, senza curarsi di salutare Ryan, che svegliandosi si accorge dei suoi preparativi “Te ne saresti andata senza salutarmi”? Tant’è che chiederà a Nathalie se ha fatto la stessa cosa con l’avventura occasionale avuta durante la partecipazione alla festa della sera prima.
Alex non si pone il problema che lui si possa coinvolgere nel rapporto con lei, anche se ci sono chiari segnali. All’aeroporto: “Se ti senti solo chiamami” dice Alex e Ryan risponde “Mi sento solo”, ma lei la prende come una battuta e ci ride sopra (fa parte di un gioco seduttivo e forse anche lui non ne è del tutto consapevole).
Nathalie a un certo punto chiede perché loro due non si mettono insieme, ma Ryan tergiversa spiegando che la loro è un altro tipo di relazione.

A Detroit ci sono le compagnie che stanno licenziando e per la prima volta Nathalie deve usare il suo metodo. Nonostante la difficoltà (si ripresenta la sua scissione fra ragione e sentimento) Nathalie si dimostra brava, supera la prova e quindi sono richiamati in sede. Ryan però all’ultimo minuto decide di non partire con Nathalie, ma va da Alex per invitarla ad accompagnarlo al matrimonio della sorella, perché non vuole andarci da solo.

Ryan e la famiglia

La prima cosa che scopre quando incontra la sorella in albergo è che lei si sta separando. Quando chiede chi è Alex, loro non sanno bene come presentarsi, cosa rispondere e scherzano sul fatto che alla loro età la parola “fidanzato” suona ridicola.

Al momento della prova prematrimoniale, a casa della sorella giovane che si deve sposare, la vediamo attaccare le foto finte che le ha portato Ryan sulla cartina dell’America. Ryan si trova a suo agio e man mano che recupera il clima familiare, si rende conto dell’importanza di avere vicino Alex: la porta a rivedere i suoi luoghi d’infanzia, si svela, le fa conoscere la famiglia e quindi si fa conoscere di più. Alex viene accettata come se fosse la sua fidanzata: lei potrebbe dirgli a questo punto la verità sul suo conto. Non lo fa e non la vediamo mai una volta telefonare a casa per sapere come stanno i bambini. È proprio “dislocata”.
Mentre abbiamo visto Nathalie vivere i sentimenti a uno stadio infantile, Ryan non è immaturo affettivamente: è proprio una dimensione che non conosce e non vuole conoscere. Quando ci s’imbatterà sarà in grado di essere più umano e maturo; nella misura in cui emergerà questa dimensione, lui saprà viverla bene.
Non vuole accollarsi il legame perché sa che comporta una serie di impegni, ne ha paura.
Anche il futuro cognato, alla vigilia della celebrazione del matrimonio ha una crisi. La sorella Kara richiama Ryan alle sue responsabilità di membro adulto della famiglia: “Sei tu il più adatto visto che fai i seminari motivazionali”. Ryan le risponde che ciò che spiega è “come non impegnarsi” facendo sbalordire la sorella: “Ma che cavolo insegni alle persone?”
Tuttavia acconsente di parlare al cognato e gli chiede “Perché hai deciso di dirlo solo ora?” All’inizio cerca di vendergli il matrimonio come valore, ma ad un certo punto conviene di essere l’ultimo che può parlare a favore di questo evento.
Qui lo sentiamo più vero, anzi, proprio in quel momento sta prendendo coscienza dei suoi sentimenti.
La domanda fulcro è “quando sei stato felice eri solo”? “No”, risponde il cognato. “Allora è meglio essere in coppia che da soli”. L’affermazione finale di Ryan è vincente come presa di coscienza anche per se stesso, lui che vive sull’aereo: “c’è sempre bisogno di un co-pilota”. Questa considerazione fa cambiare completamente la prospettiva di entrambi. Il cognato supera la crisi e Ryan impara a conoscersi meglio. La sorella gli dice: “Ben tornato a casa”. Non ha più lasciato lo zaino a terra. Ha avuto un ruolo giusto.

Ryan e Alex

Ryan torna alla sede lavorativa, ma non accetta il ruolo di fronte al computer. Anche in occasione di una nuova conferenza, dopo l’esordio iniziale, non ce la fa a continuare e abbandona il discorso alla prima frase: ha capito che vuol stare con Alex e parte verso la sua casa pensando di concludere felicemente la loro storia.
Ma invece c’è il colpo di scena: quando suona il campanello rimane spaesato di fronte ad una Alex che gli chiede “Ma come ti è saltato in mente” e una voce maschile in lontananza (quella del marito) che chiede “Chi è ?”. “Uno che si è perso” è la laconica, ma vera, risposta di Alex.
Lei lo chiama telefonicamente e cerca di capire perché si è comportato così. Quando entrambi s’interrogano sulle reciproche aspettative lei risponde “Sei stato una parentesi”. La sua vita reale è un’altra: ha una famiglia che ama.

Abbiamo già visto che Ryan è un tipo unitario, separato nella dimensione affettiva, però unitario tra il dire e il fare, coerente. Nel momento in cui prende coscienza è tutt’uno, lascia perdere lo zaino e la filosofia annessa e va verso di lei. Le dice “Pensavo che cercassimo la stessa cosa”, ma evidentemente ciò che cercavano i due non era la stessa cosa e il non aver mai comunicato fra loro in profondità ne aveva impedito la conoscenza.

Il nuovo Ryan

Nel momento in cui Ryan riprende l’aereo, succede che lo raggiunge l’avviso che ha conquistato i 10 milioni di miglia, ma adesso che importanza ha? Tant’è vero che al comandante che si siede accanto a lui per festeggiare, non sa più cosa dire. Anche in questo caso assistiamo a una finzione di ruolo: si deve creare una situazione, un rito fatto apposta per il vincitore, il comandante che si siede, beve lo spumante, dice frasi di circostanza.
Ryan ora è il settimo viaggiatore nel mondo a ricevere questa speciale card e il comandante gli chiede stupito dove ha trovato il tempo, dove vive. E la risposta è praticamente obbligata: “QUI”.
Ryan torna in ufficio, e il suo capo gli dà la notizia che il progetto è stato abbandonato. La donna che si è suicidata ha fatto rinunciare Nathalie al suo progetto.
Adesso ricomincerà a viaggiare, ma Ryan non è più così contento. Ora che accarezzava l’idea di poter tornare a casa la sera, trovandosi in dolce compagnia, deve prendere atto che deve continuare a stare tra le nuvole.
Fa però due cose importanti: spedisce una lettera di referenze per far assumere Nathalie in un altro posto di lavoro e regala una parte delle miglia per fare un viaggio “vero” (non solo di fotografie) alla sorella che si è sposata.
Prendersi carico della propria vita vuol dire anche aiutare a portare il fardello degli altri.
La sua prospettiva è cambiata: lui continuerà il lavoro di prima, ma lo farà in modo completamente diverso. La valigia che non mollava mai, viene appoggiata per terra mentre guarda il tabellone degli orari, ora non è più identificato col suo ruolo. Prima si sentiva libero e pago di sé, ma in realtà non lo era. Ora si scopre libero, ma in senso diverso, più completo, perché libero di accettare anche i legami: quelli familiari e sociali esistenti, ed eventualmente anche quelli sentimentali futuri, se e quando si presenteranno.
Il film termina con questa riflessione di Ryan che ha ripreso il suo viaggio tra le nuvole, di notte.

NOTA
Analisi psico-simbolico-spirituale di Baldo Lami e Maria Luisa Mastrantoni, trascritta e rielaborata da Luciana Quaia (3 gennaio 2011)


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