…. l’avanguardia del movimento è la stessa: una generazione di giovani, educati, “connessi”, informati di ciò che accade all’estero, mossi dal desiderio e dalla rivendicazione di libertà, oltre che dalla critica alla natura predatoria delle dittature. Alla base dei movimenti, dunque, c’è un elemento generazionale, che a sua volta rimanda a un aspetto demografico: pressoché ovunque nel mondo arabo, stiamo assistendo alla progressiva diminuzione del tasso di natalità. Quella che è scesa per le strade, è la generazione figlia del picco demografico, e nutre aspettative molto alte in termini non solo sociali, ma anche di educazione e politica. I giovani del Cairo o di Tunisi non hanno nessuna intenzione di vivere come i loro padri: i dittatori erano già in carica quando sono nati – si pensi a Gheddafi, Mubarak e in parte allo stesso Ben Ali – e, sotto questo punto di vista, hanno voluto rompere con la tradizionale cultura autoritaria che ha dominato i Paesi in cui vivono. Ciò spiega anche l’assenza di veri e propri leader carismatici delle rivolte, e prima ancora di qualunque culto del leader carismatico. Si tratta di una generazione piuttosto individualistica, che reclama pluralismo, multipartitismo, parlamentarismo, e che non lega le proprie rivendicazioni a vere e proprie ideologie o a un’idea forte dello Stato
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nessuno slogan islamico, nessuna bandiera religiosa, nessuno che brandisca il Corano. Ciò non vuol dire che i dimostranti siano portatori di una mentalità secolare, perché continuano a essere credenti, ma lo sono in senso personale. Nel mondo arabo, infatti, al contrario di quanto continuano a pensare in molti, la religione si è individualizzata e depoliticizzata
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già venti anni fa sostenevo che il modello della rivoluzione islamica, a causa di contraddizioni interne, non potesse più funzionare, e che le vie di uscita dall’impasse dell’islam politico fossero due: da una parte la via della democratizzazione, dall’altra il salafismo, che preferisco definire neo-fondamentalismo, in altri termini una re-islamizzazione che si declina come progetto sociale e culturale, piuttosto che politico.
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