Qualche esercizio contro il cervello rettile
di Duccio Demetrio
Demoni assopiti
Stare in silenzio, entrare in luoghi muti o taciturni, suscita quasi sempre il nostro imbarazzo. Si attiva un segnale d’allarme (più o meno squillante, a seconda delle nostre abitudini) che ci impone di cercare la causa e la fonte di tale anomalia. Persino quando siamo soli, ci protendiamo per cogliere una fonte sonora, una voce, almeno un fruscio. E ciò ci tranquillizza, certo in ragione della loro qualità più o meno rassicurante.
Il silenzio evoca il tempo mitico e archetipico di un pianeta in attesa che l’uomo apparisse, iniziasse a parlare. Non a starsene in silenzio, in attesa che il linguaggio rompesse quel silenzio cosmico. Erroneo è pensare che quella dimensione più non ci riguardi. Ci impaura ancora invece, e lascia attoniti. Ben lo sa chi abbia vissuto mai l’esperienza del deserto, dell’alta montagna o sia andato alla deriva. Su una barca a vela, nella calma piatta di una notte. Sia appassionato di speleologia.
La mente umana, in simili circostanze, rivela ancora tutto il suo legame con il cervello “rettile” quando non riesca a sopportarle.
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