la Regione Lombardia vara il “Fattore Famiglia”. Si tratta di un indicatore per le politiche sociali, che non solo tiene conto delle situazioni reddituali e patrimoniali, ma contempla anche a pieno titolo il numero di figli e i carichi di cura

la Lombardia vara il Fattore Famiglia. Si tratta di un indicatore per le politiche sociali, che non solo tiene conto delle situazioni reddituali e patrimoniali, ma contempla anche a pieno titolo il numero di figli e i carichi di cura, ad esempio la presenza nel nucleo familiare di anziani non autosufficienti o di disabili.

Il Fattore Famiglia sarà ora sperimentato per un anno in alcuni Comuni del territorio lombardo. A livello regionale ha già trovato applicazione per quanto riguarda la Dote scuola 2012-2013, misura che interessa un terzo degli studenti lombardi (circa 300.000) con uno stanziamento di 81 milioni e che, con i nuovi parametri applicati, darà diritto alla Dote a 8.000 famiglie in più dello scorso anno.

SPERIMENTAZIONE – Parte ora un periodo di sperimentazione su tutte le unità d’offerta sociali e socio sanitarie “che consenta di valutare – ha aggiunto Boscagli -, con grande attenzione, l’appropriatezza degli indicatori individuati, l’impatto sulle famiglie lombarde e la sua sostenibilità”. Solo dopo questa fase, i cui risultati saranno resi noti e valutati dal Consiglio regionale, la Giunta regionale sarà investita del compito di definire i criteri attuativi. “L’eredità del paradigma ‘tutto a tutti’ e in maniera indifferenziata – ha notato ancora Boscagli – ha consegnato una situazione divenuta insostenibile e profondamente iniqua. Molti cittadini in stato di bisogno sono oggi fuori dal sistema di assistenza e solo grazie al sistema di protezione familiare possono ricevere assistenza quotidiana senza gravare sulle risorse pubbliche”.

RISPETTO DEI LEA – La misura lombarda non tocca in nulla i Livelli essenziali di assistenza (Lea), che sono di competenza nazionale. In altri termini, il provvedimento lombardo non si colloca minimamente in contrasto con la disciplina nazionale dei Lea e la sua legittimità è supportata sia dalla giurisprudenza costituzionale sia dal recente parere della Corte dei Conti sul nostro sistema socio-sanitario. I principi cardine della legge regionale sul Fattore Famiglia si collocano, infatti, nel pieno rispetto dei Livelli essenziali di assistenza e sono volti a riconoscere un ruolo centrale alla famiglia, commisurando lo strumento di valutazione della situazione economica agli effettivi carichi di cura e sono diretti a garantire il rispetto del principio di uguaglianza sostanziale attraverso l’aumento dell’offerta dei servizi su base regionale.

CARICHI DI CURA – Il Fattore Famiglia lombardo, declinato nella scala di equivalenza con i correttivi riguardanti i carichi di cura, diventa quindi lo strumento attraverso cui Regione, Province e Comuni determineranno, ciascuno nel rispetto delle rispettive competenze, il valore dei voucher sociali e sociosanitari, gli altri benefici economici e la compartecipazione economica ai costi delle prestazioni sociosanitarie e sociali. Per esempio la retta di una casa di riposo potrà essere rimodulata e differenziata appunto in base al Fattore Famiglia, favorendo ulteriormente i nuclei con maggiori carichi.

da Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà Sociale :: Politiche sociali, debutta il fattore famiglia

Il ‘Fattore famiglia’ lombardo e’ diventato legge in nottata, ma il provvedimento licenziato dal Consiglio regionale parla di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e di quota a valenza sociale delle prestazioni sociosanitarie. Sparisce dunque il riferimento ai Lea (Livelli essenziali di assistenza). Il Consiglio regionale ha approvato il provvedimento che introduce modifiche alle normative regionali sulla Rete dei servizi alla persona al termine di una seduta fiume che si e’ conclusa con la votazione finale della legge 40 minuti dopo la mezzanotte, grazie alla proroga di un’ora decisa dal presidente del Consiglio regionale Davide Boni (Lega Nord). Una scelta che e’ stata contestata dai gruppi di minoranza che hanno abbandonato l’Aula ritenendo non valida la prosecuzione della seduta oltre il termine delle 24, riporta una nota della Regione.

La legge sul Fattore famiglia ha comunque incassato 42 voti a favore espressi dai consiglieri di Lega Nord e Pdl. L’approvazione non e’ stata senza polemiche. Il capogruppo del Pd Luca Gaffuri, a nome dell’intera opposizione, ha annunciato “l’intento di chiedere nelle sedi competenti l’impugnazione di questa legge”. Con l’introduzione del Fattore famiglia lombardo, per la prima volta nel calcolo delle tariffe dei servizi sociali viene preso in considerazione il carico familiare attraverso la definizione di ‘scale di equivalenza’ che garantiscono e tutelano le famiglie numerose, le famiglie con figli minori, la presenza di persone disabili o non autosufficienti.

Per il primo anno questo nuovo sistema sara’ applicato in via sperimentale in un numero limitato di Comuni. Nel testo del provvedimento si sottolinea che la quota di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e la quota a valenza sociale delle prestazioni sociosanitarie sono stabilite dai Comuni sulla base del reddito e del patrimonio del nucleo familiare. Tra i criteri considerati: la valutazione, nel nucleo familiare, della presenza di occupati sospesi, cassa integrati o disoccupati iscritti in liste di mobilita’ e la definizione di scale di equivalenza che tengano conto della presenza di figli (inclusi i nascituri e i minori in affido), di persone con disabilita’, di anziani non autosufficienti, di un solo genitore convivente.

Il testo, che modifica anche il calcolo dell’Isee, ha suscitato le critiche veementi delle opposizioni, che non lo hanno votato, nonché di Cgil e Anci.
Per quanto riguarda i servizi socio-sanitari, la modifica arriva con un emendamento che prevede che “nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, la determinazione degli oneri per le prestazioni sociosanitarie, erogate dalle unità d’offerta sociosanitarie a carico del fondo sanitario, è stabilita per tipologia di unità d’offerta sulla base dello standard regionale di accreditamento, delle condizioni di salute della persona assistita e dei criteri di cui all’art. 8 comma 2”.
Ma secondo il gruppo consiliare del Pd, proprio il riferimento a questo comma dell’art. 8 vanifica di fatto il rispetto dei lea. Nel comma della nuova legge regionale in questione si stabilisce infatti che la quota di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e sociosanitarie sia stabilita in base ai criteri di valutazione del reddito e del patrimonio del nucleo familiare, del patrimonio mobiliare e immobiliare, oltre al carico familiare e il livello di assistenza richiesto. Il che significherebbe che, per la parte di prestazioni sanitarie erogate dall’area socio-assistenziale, dunque coperte dall’assessorato alla Famiglia, scatta la compartecipazione del cittadino in base al reddito, e non più solo in base alla gravità della sua situazione, come era previsto fino a oggi.
Duro il commento dell’opposizione. “Una regione che dichiara di avere i conti della sanità in pareggio chiede per prima nel Paese una compartecipazione delle famiglie e dei cittadini alla spesa sanitaria e proprio in un momento di crisi come questo – ha spiegato il consigliere Carlo Borghetti del Pd – di fatto si sancisce il principio che i lombardi pagheranno anche le prestazioni sanitarie che dovrebbero essere garantite universalmente con i lea. Un simile provvedimento regionale presenta diversi aspetti di illegittimità andando a interferire con competenze esclusive dello Stato”.
Di parere contrario l’assessore alla Famiglia, Giulio Boscagli, secondo cui “non vengono toccati i lea, che sono di competenza nazionale. Il provvedimento lombardo non si colloca minimamente in contrasto con la disciplina nazionale dei lea”. La legge prevede una sperimentazione di un anno su tutte le unità d’offerta sociali e socio sanitarie, “che sarà però attuata solo in 15 comuni lombardi – chiosa Borghetti – mentre per tutti gli altri 1500 comuni si dovrà attendere un anno prima dell’applicazione di nuovi criteri. E’ la prima volta che si approva una legge prima di conoscere gli esiti di una sperimentazione concepita per definirne i contenuti”.
Altra novità del provvedimento riguarda le Asp lombarde e la nomina dei loro vertici. Per le Asp di primo livello, quelle più grandi (7 su 13), tra cui anche il Pio Albergo Trivulzio, si prevede che il direttore generale, oggi nominato all’interno della struttura, sia invece indicato dalla Regione d’intesa con il Comune. Inoltre, spiega Gianantonio Girelli, responsabile Sanità Pd lombardo, “alla scadenza del mandato i cda saranno sostituiti da un consiglio di indirizzo, con poteri fortemente ridotti. Il potere gestionale passerà nelle mani del direttore generale e ci sarà un accentramento nelle mani della Regione di un patrimonio legato invece ai territori. Per le Asp di secondo livello rimane invece tutto invariato”.

Un commento

Lascia un Commento se vuoi contribuire al contenuto della informazione