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Vive in uno dei Paesi più belli del mondo Carlos Gonzalez, di anni sei, che l’altra notte ha visto massacrare nella penombra la sua famiglia dentro una baracca di lamiera. Uno dei posti più belli e più violenti, il Guatemala: i laghi e i narcos, i resti della civiltà Maya e i 39 omicidi per ogni 100 mila abitanti.
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Tra i cinque piccoli sopravvissuti, a parlare con i poliziotti della «Unidad de delitos contra la vida» è stato soprattutto Carlos, felpa grigia e pantaloni corti giallo sporco. Non il cugino Alfonso, di 12 anni, o Kevin di 11. Ma Carlos, che da martedì notte è il capofamiglia di una famiglia sterminata. Sono rimasti in due: lui e la sorella di 4 anni, Jimena. La foto del loro abbraccio li riprende di spalle, mentre camminano verso la porta (chiamiamola così) di casa. Intorno i corpi insaccati nei teli neri, il fango, un paio di anatre che zampettano in mezzo ai cartellini gialli con i numeri che indicano i 40 bossoli lasciati dai sicari. Carlos che mette la mano sulla spalla di Jimena, lei che gli si aggrappa alla vita. È la foto di un ritorno impossibile, di un inizio tutto da soffrire: i due orfani sono già stati affidati all’assistenza sociale. Ma a vederli così, sembrano due che si incamminano per proprio conto, in mezzo alla palta, accanto a un inutile poliziotto panzuto con i guanti di lattice di una improbabile squadra scientifica.
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