Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex senatore Pd, il partito è davvero in balia di Twitter?
«Il problema di fondo sta nelle cosiddette parlamentarie, indette in quel modo strampalato tra Natale e Capodanno. Quando indici una consultazione così sconclusionata, con pochissimi giorni per la campagna elettorale e in quel periodo dell’anno, fai sì che i candidati corrano soprattutto sui social network. E rincorrano l’elettorato iper-ideologizzato, l’unico che va a votare a quelle condizioni».
Di chi è la responsabilità?
«Di Bersani. Visto che aveva vinto le primarie sull’elettorato di appartenenza, mentre Renzi su quello di opinione, pensava di livellare i gruppi parlamentari rendendoli fedeli a se stesso».
E invece?
«Invece i singoli parlamentari, i giovani soprattutto, sono diventati dipendenti ciascuno da poche decine di follower più radicali. Ma sono quelli che hanno dato loro i voti per le primarie, e non sono rappresentativi dell’insieme dell’elettorato del Pd. Insomma, sono molto più simili all’elettorato più radical di Grillo».
Risultato?
«Una gigantesca operazione da apprendista stregone: Bersani ha inventato un sistema che poi ha reso ingestibili i gruppi, persino da lui».
Una parte dei deputati del Pd è più grillina che piddina?
«Esattamente, perché selezionati con quel metodo sconclusionato che potenzia a mille l’elettorato iper-militante».
Che percentuale è dei deputati?
«Secondo me almeno il 15-20, cioè 50 deputati. Quelli che perfino nello scrutinio su Prodi hanno votato Rodotà».
QUINDI CHE FARE PER LE PROSSIME DECISIONI?
«Per fortuna la fiducia è a scrutinio palese. E se non ti allinei sul voto di fiducia al governo te ne devi andare».
E su altre questioni?
«Il problema sono le votazioni a scrutinio segreto, quello è vero».
Che si fa? Linee guida per i social media?
«No, e nessuna sanzione. Bisogna cambiare la legge elettorale con i collegi uninominali. Questo garantisce – con un preavviso normale e in un periodo normale – di fare parlamentarie normali».
