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modificare il modello d’intervento, costruendo un approccio palliativo progressivo, consapevoli dell’era della cronicità in cui siamo entrati, e dell’esigenza di personalizzare le cure per tutti, ma a maggior ragione per gli anziani. Ciò non significa abbandonare terapeuticamente pazienti che possano ancora trarre un beneficio significativo da un intervento anche invasivo, ma non infliggerlo a persone che non hanno possibilità di sopravvivere ad esso un tempo congruo, con una qualità di vita compatibile con la loro visione della propria dignità. Occorre per questo fare un altro passo verso il coinvolgimento del paziente nel percorso di cura, grande sfida per la medicina di questo secolo. Un passo che comporta: a) di partire da una corretta informazione, che prospetti rischi e benefici per la salute fisica e mentale di ciascuno; b) di concertare le cure con il paziente, con rispetto per il suo mondo interiore e le sue possibilità di comprensione, c) di dargli la possibilità di esprimere le proprie preferenze (anche con un po’ di anticipo rispetto alla situazione concreta della scelta terapeutica, soprattutto in considerazione dell’incidenza delle demenze senili oggi).
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Sorgente: La nuova frontiera delle cure palliative, la quarta età, di Marina Sozzi | Si può dire morte
