Il consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma costituzionale che punta a rendere diretta l’elezione del presidente del Consiglio.
Il testo – che però la maggioranza considera modificabile in parlamento – si compone di cinque articoli.
- Riscrittura completa dell’articolo 92 Cost con introduzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri; il presidente del Consiglio deve essere un parlamentare.
- Fissa la durata del mandato a cinque anni;
- Il nuovo articolo 94 Cost. prevede che in caso di “cessazione dalla carica del presidente del Consiglio eletto, il Presidente delle Repubblica possa conferire l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il governo del presidente eletto ha ottenuto la fiducia”.
- Previsione che la legge elettorale debba assicurare un premio di maggioranza su base nazionale che garantisca il 55 per cento dei seggi alle liste collegate al presidente;
- Abolizione dei senatori a vita di nomina presidenziale (Art.59 comma 2 Cost.)
I rischi di carattere costituzionale maggiori sono molti, i più macroscopici: uno è la violazione dell’articolo 67 Cost. sul divieto di mandato imperativo per i parlamentari. Il secondo è il rischio della “dittatura del secondo”: nel caso in cui il primo premier venga sfiduciato, il parlamento potrà eleggerne un altro a maggioranza invariata e questo secondo godrà di più libertà di azione perchè, se il parlamento lo sfiduciasse, si andrebbe direttamente al voto e quindi anche il parlamento decadrebbe. Un terzo riguarda la legge elettorale, che dovrà essere scritta, ma il premio di maggioranza su base nazionale è stabilito anche per il Senato, che però viene eletto su base regionale.
Sul tema, i commenti di Nadia Urbinati, Mariano Croce, e Marco Damilano
