«𝗘𝗦𝗜𝗦𝗧𝗘 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗢𝗦𝗔 𝗖𝗛𝗘 𝗖𝗜 𝗣𝗢𝗥𝗧𝗔 𝗗𝗔 𝗦𝗘𝗠𝗣𝗥𝗘 𝗔𝗗 𝗘𝗦𝗦𝗘𝗥𝗘 𝗢𝗥𝗚𝗢𝗚𝗟𝗜𝗢𝗦𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟’𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔: è il suo modello di #integrazionescolastica o, meglio, la sua prospettiva pedagogica inclusiva …segnalato da Animazione sociale

l’altro ieri Ernesto Galli della Loggia ha liquidato quello che lui definisce il “mito dell’inclusione” nella scuola italiana. Provocando in tante/i di noi sgomento misto a rabbia e tristezza, anche perché a pubblicarle è il Corriere della Sera, quotidiano su cui esce l’inserto Buone Notizie.
Galli della Loggia mette in discussione la convivenza nelle #classi tra #studenti “normali” e quelli con gravi disabilità o Bisogni Educativi Speciali (#BES), o “incapaci di spiccicare una parola d’italiano”. Parla della #scuola italiana come “caso unico al mondo” e questa sua frase, per la verità, noi la leggiamo non come una nota di discredito ma di #merito per la nostra scuola che, tra fatiche e dedizioni, porta avanti quotidianamente la prospettiva inclusiva.
🔴 SIAMO ANDATI OGGI a cercare un passaggio scritto alcuni anni fa da Andrea Canevaro, uno dei padri dell’#inclusionescolastica, insieme a Luigi d’Alonzo e Dario Ianes. Lo condividiamo qui sotto perché quando avanzano pensieri regressivi bisogna aggrapparsi ai punti fermi piantati dai maestri della nostra #pedagogia:
👉 «𝗘𝗦𝗜𝗦𝗧𝗘 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗢𝗦𝗔 𝗖𝗛𝗘 𝗖𝗜 𝗣𝗢𝗥𝗧𝗔 𝗗𝗔 𝗦𝗘𝗠𝗣𝗥𝗘 𝗔𝗗 𝗘𝗦𝗦𝗘𝗥𝗘 𝗢𝗥𝗚𝗢𝗚𝗟𝗜𝗢𝗦𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟’𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔: è il suo modello di #integrazionescolastica o, meglio, la sua prospettiva pedagogica inclusiva, che, sorretta da una considerazione antropologica di valore è stata capace di scardinare un sistema scolastico rigido, chiuso, monolitico e selettivo.
Il nostro Paese nel 1971 accettava una #scommessa molto importante per la sua crescita civile, sociale e culturale; la scommessa dell’#integrazione, nelle classi e nella scuola, di tutti gli alunni, anche di coloro che presentavano una #disabilità, anche di coloro che fino ad allora erano relegati in istituzioni chiuse come le #scuolespeciali o in forme istituzionali solo apparentemente meno emarginanti, come le #classidifferenziali.
Si capì l’importanza di aprire le porte delle scuole a tutti agli alunni con disabilità, perché si riconobbe a costoro la dignità di persone nonostante il loro #deficit fisico, malgrado le loro difficoltà di ordine sensoriale, sebbene le loro potenzialità cognitive fossero talvolta gravemente limitate. Il rispetto per la “vita” richiedeva l’assunzione di questo dato di fatto: la persona con disabilità è una #persona e come tale necessita di rispetto e di educazione in contesti formativi normali.
Il “valore della persona” postulava non solo di essere affermato, ma di essere concretamente promosso da un #contestoeducativo in grado di offrire tutto ciò che la condizione di disabilità richiedeva e questo non poteva che essere l’ambiente scolastico #normale».
[Tratto da “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, University Press di Bolzano]

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