ANALISI COMPARATA DEI PIANI SOCIALI NAZIONALI 2001, 2018-2020; 2021-2023; 2024-2026, E DEI PIANI NAZIONALI DI LOTTA ALLA POVERTA’ 2018-2020; 2021-2023; 2024-2026
di Luigi Colombini
ex docente di Legislazione ed Organizzazione del Servizi Sociali – Università Statale Roma TRE, corsi DISSAIFE e MASSIFE
Collaboratore del SUNAS
Redattore di ”OSSERVATORIO LEGISLATIVO SOCIO-SANITARIO SUNAS
Responsabile della Rassegna legislativa “WELFORUM
PARTE PRIMA
LA PROGRAMMAZIONE SOCIALE NAZIONALE
L’avvio
Il primo tentativo di programmazione socio-assistenziale si può fare risalire al cosiddetto “Progetto ‘80’ del 1969, nell’ambito del quale, nel disegno di definire attraverso un quadro di programmazione, il futuro dell’Italia degli anni ’80, furono individuate le prime politiche sociali articolate sull’unità Locale dei Servizi Sanitari e Sociali. A tale riguardo si sottolinea che nel contesto del complesso percorso di riforma dello Stato e della Pubblica Amministrazione, avviato con i Governi di Centro-Sinistra negli anni ’60-70, con l’istituzione delle Regioni, della individuazione delle competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali, con la legge n. 382/75, con i susseguenti DPR n. 616/1977 e DPR n. 617/77, è stato definito il quadro istituzionale che ha delineato il ruolo dello Stato, in quanto a legislazione e programmazione, indirizzo e coordinamento, il ruolo delle Regioni quanto a legislazione regionale e conseguenti provvedimenti di alta amministrazione, nonché programmazione regionale, e il ruolo degli Enti locali, associati obbligatoriamente nel distretti, per la gestione dei servizi sanitari, sociali e scolastici.
Nel corso degli anni ’80 le Regioni, nella perdurante assenza della legge sull’assistenza, hanno emanato specifiche leggi regionali di “riordino” dell’assistenza e dei servizi sociali, e avviato una propria programmazione sociale.
Dal 1985 al 2000 si è venuta a determinare da una parte una programmazione sanitaria (con le legge n. 595/85) con successivi piani sanitari (il primo Piano sanitario risale al 1994), e dall’altra una sorta di azioni programmatiche individuate in specifiche leggi di settore (tossicodipendenti, persone don disabilità, handicappati, minori, immigrati, ecc.).
In relazione a quanto disposto dalla legge 328/2000, a livello statale con il DPR maggio 2001 fu emanato il Piano Nazionale per gli Interventi ed i Servizi Sociali, che, a distanza di diciassette anni ha avuto il suo seguito con il Piano nazionale sociale 2018-2020, e successivamente il Piano Sociale nazionale 2021-2023.
Per inciso, con la legge n. 328/00 e con il PNISS (Piano nazionale integrato dei servizi sociali) si è pertanto concretamente definita la programmazione “sociale”, che trova il suo corrispondente interfaccia, per ciò che concerna la sanità, nella programmazione sanitaria, istituita con la ricordata legge n. 595/95 e poi riconfermata con il d. lgs. n. 502/92 e s. m. i. (con particolare riferimento alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 229/99).
In tal modo la programmazione sociale è uscita dal limbo delle teorizzazioni e delle enunciazioni, per assurgere a norma giuridica che in quanto tale deve essere osservata e realizzata nel percorso normativo che presuppone, e che è finalizzata alla costruzione del sistema integrato dei servizi sociali e del sistema nazionale, regionale e locale del welfare.
La stessa programmazione sociale, peraltro, si collega a tutta la tradizione metodologica e deontologica propria del Servizio Sociale Professionale, che fin dall’inizio, assumendo in sé stesso le conquiste e i risultatati scientificamente validati delle scienze sociali (sociologia, antropologia culturale, statistica, psicologia sociale, medicina sociale, economia politica, ecc.) ha trovato il terreno già fertile per definire il percorso metodologico necessario.
LE LINEE FONDANTI DEL PRIMO FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE SOCIALI
Nel corso della complessa vicenda legata alla configurazione definitiva di un sistema di welfare (articolato sulla previdenza, sanità ed assistenza), il primo obbiettivo del legislatore, come peraltro già disposto nel comparto sanitario (dotato di un proprio Fondo sanitario), è stato quello, anticipando la legge 328/2000, di definire già nel 1998 con il d.lgs. n. 112/98 il sistema dei servizi sociali, e dall’altra di costituire il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) – art. 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 – con il quale sono state adottate disposizioni per l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Il Fondo è stato caratterizzato dalla ricomposizione delle risorse statali destinate ad interventi in materia di “servizi sociali”.
La stretta aderenza fra le linee di azioni, di servizi ed interventi sociali, con la legge 328/2000 sono state poste le basi per:
* la sussidiarietà verticale (rapporto fra le Istituzioni), partendo quindi dal livello amministrativo più prossimo al cittadino, e quindi con l’attribuzione, individuata dalla legge n. 265/99 e dal D. lgs. 267/00 della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane), attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;
*la sussidiarietà orizzontale (rapporto fra le Istituzioni e la società civile), in base alla quale è stato precisato – confermato anche dall’art. 118 della Costituzione – che “i Comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali. In tale contesto è stato riconosciuto il ruolo e la funzione del Terzo settore – per come si esprime nelle sue articolazioni: organizzazioni di volontariato, associazionismo, fondazioni, cooperative sociali, impresa sociale). Tale disposizione è stata confermata dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2020.
*la definizione delle priorità;
*la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sociale (LIVEAS): in tale contesto è stato finalmente individuato quale primo livello il Segretariato Sociale ed il Servizio Sociale Professionale, che pertanto è entrato nel sistema giuridico a tutti gli effetti. A tale riguardo, come per i LEA sanitari, è stato posto l’impegno di finanziarli, rientrando nel novero dei diritti esigibili, attraverso il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, secondo standard di servizio e di costo ben definiti.
A) IL PRIMO PIANO NAZIONALE DEGLI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI: DPR 3 maggio 2001
L’art. 18 della legge n. 328/2000 recita:
“ Il Governo predispone ogni tre anni il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, tenendo conto delle risorse finanziarie individuate ai sensi dell’art. 4 nonché delle risorse ordinarie già destinate alla spesa sociale dagli enti locali.
“Il Piano nazionale è adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i ministri interessati”
Sullo schema di piano sono acquisiti l’intesa con la Conferenza unificata di cui al d.lgs. 281/97, nonché i pareri degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all’art.1, comma a) e b) della legge 476/87 e successive modificazioni maggiormente rappresentative delle associazioni di rilievo nazionale che operano nel settore dei servizi sociali, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, e delle associazioni di tutela degli utenti.
Con il DPR 3.5.01 è stato quindi, a seguito della citata procedura, emanato il primo “Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003 (G.U. n. 181 del 6.8.01, s.o.)
A tale riguardo, si viene a configurare uno stretto legame fra la originaria “filosofia” della programmazione, avviata nel 1966, e la programmazione sanitaria, che è stata avviata con la richiamata legge 595/85.
1.IL PERCORSO PER LA DEFINIZIONE DEL PIANO E LA SUA ARTICOLAZIONE
Il PNISS, secondo lo spirito della concertazione, avviato dal Governo dell’epoca, ha riscontrato l’intesa positiva della Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali nella riunione del 2 febbraio 2001, ed ha rappresentato il primo provvedimento organico di programmazione nell’ambito delle politiche sociali.
Per la elaborazione del Piano, è stato altresì acquisito il parere:
-
degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale;
-
delle associazioni di rilievo nazionale che operano nel settore dei servizi sociali;
-
delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
-
delle associazioni di utenti.
Tenuto conto della articolazione funzionale del piano, se ne riportano gli aspetti più importanti.
-
Il Piano ha la funzione principale di orientare e mobilitare i diversi soggetti pubblici e privati) affinché “ciascuno faccia la propria parte”, attivando un rete progettuale (prima) e gestionale (poi).
-
Il Piano è articolato in:
-
elementi fondanti le nuove politiche sociali;
-
obiettivi prioritari;
-
indicazioni per lo sviluppo del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali.
2.LE PRIORITA’
La realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali il Piano viene indicato quale strumento attraverso il quale le politiche sociali perseguono gli obiettivi di ben- essere sociale.
Gli obiettivi prioritari sono i seguenti:
-
valorizzare e sostenere le responsabilità familiari;
-
rafforzare i diritti dei minori;
-
potenziare gli interventi a contrasto della povertà;
-
sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare i disabili gravi).
Inoltre sono previste specifiche azioni per gli immigrati, i tossicodipendenti, gli adolescenti.
Nel contesto del Piano sono state individuate specifiche aree di intervento connesse alla prima indicazione in ordine ai Livelli essenziali delle prestazioni sociali, premettendo i limiti delle risorse del FNPS:
-responsabilità familiari;
-diritti dei minori;
-persone anziane;
-contrasto della povertà;
-disabili;
-droghe;
-avvio della riforma.
3.I DESTINATARI DELLE POLITICHE SOCIALI
In termini generali viene indicato che tutti i cittadini italiani hanno diritto di fruire degli interventi e dei servizi.
Peraltro I primi destinatari sono i portatori di bisogni gravi con priorità per:
-
i soggetti in condizione di povertà o con limitato reddito;
-
soggetti con forti riduzioni delle capacità personali per inabilità di ordine fisico e psichico;
-
soggetti con difficoltà di inserimento nella vita sociale e sul mercato del lavoro;
-
soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
-
minori, specie se in condizioni di disagio familiare.
4.UNA PRIMA INDICAZIONE SUI LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI SOCIALI
In aderenza a quanto già indicato all’art. 22, lettera c) della legge 328/2000, sono stati individuati i Livelli Essenziali delle Prestazioni, individuati in:
-servizio sociale professionale e segretariato sociale per l’informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;
-servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari;
-assistenza domiciliare;
-strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
-centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
5.LA COSTRUZIONE DEL SISTEMA DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI
In osservanza del principio di sussidiarietà verticale, e secondo quanto già indicato già nel lontano DPR n. 616/77 e dal D.lgs. n. 112/98, il Comune, associato nell’Ambito territoriale sociale, secondo quanto disposto dall’art. 8 della stessa legge n. 328/2000, in quanto ente territoriale più vicino alle persone, ha la regia delle azioni dei diversi attori, in un’ottica di condivisione e verifica dei risultati.
Pertanto viene sottolineato che l’esercizio delle responsabilità pubbliche deve, in linea di massima, incombere di preferenza sulle autorità più vicine ai cittadini (art. 4 carta europea della autonomie locali).
Nella prospettiva della costruzione del welfare di comunità, viene altresì rimarcato il principio della sussidiarietà orizzontale, con il riconoscimento dl ruolo del Terzo settore e delle sue espressioni organizzate nell’ ambito della programmazione e della gestione dei servizi sociali.
6.L’ ANALISI E LA RILEVAZIONE DEI BISOGNI
Nel contesto del Piano è indicato che I diversi livelli di governo si dotano di strumenti per la verifica periodica dei bisogni della popolazione e della adeguatezza delle risposte.
A tale riguardo il Piano è stato corredato da una appendice statistica.
7.LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE E LOCALE
Particolare attenzione è stata conferita al ruolo delle Regioni per l’elaborazione della programmazione sociale regionale, ed al Piano di Zona, strumento cardine per la costruzione del sistema locale degli interventi e dei servizi sociali, con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, la definizione delle strategie, degli obiettivi e delle risorse disponibili.
8.I CRITERI DI RIPARTO DELLE RISORSE
In fase di prima applicazione il riparto funzionale delle risorse indistinte è effettuato sulla base delle quote riportate nello schema seguente
aree di intervento %
responsabilità familiari 15%
diritti dei minori 10%
persone anziane 60%
contrasto povertà 7%
disabili 7%
avvio della riforma 1%
OSSERVAZIONI
La legge “328” è intervenuta nel contesto di una complessa fase riforma dello Stato, che è sfociata nella legge costituzionale n. 3/2001 (Riforma del Titolo V della Costituzione), pubblicata sulla G.U. n. 59 del 12 marzo 2001, e quindi dopo appena tre mesi dalla stessa, validata dal referendum confermativo del 2 ottobre 2001, che in effetti, affermando che l’assistenza diventava legislazione esclusiva delle Regioni, ha interrotto il disegno unitario di indirizzo e coordinamento dello Stato in materia, ed ha escluso il riferimento del potere sostitutivo dello Stato per le Regioni inadempienti.
Pertanto il disegno complessivo della legge quadro “328” – che è stata per un certo verso introdotta quale riferimento normativo e concettuale per la affermazione dei principi costituzionali di tutela dei diritti, di superamento delle disuguaglianze da qualunque causa determinate, di promozione delle opportunità dalla legge quadro n. 104/1992 – ha avuto il suo sbocco nel primo Piano Nazionale di Interventi e dei Servizi Sociali: il semestre novembre 2000-maggio 2001 è quindi da considerare fondamentale per il concreto attuarsi, dopo oltre un secolo, del rinnovato Stato sociale.
Tale impostazione è stata peraltro resa problematica nella sua reale attuazione non solo dalla citata legge costituzionale n. 3/2001, ma anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 423/2004 che ha sancito l’illegittimità costituzionale dei criteri di riparto del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, demandando alla potestà regionale il compito di determinare il riparto secondo proprie scelte discrezionali. Pertanto non ha avuto efficacia quanto indicato nel Piano Nazionale degli Interventi e servizi sociali in ordine al piano di riparto del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, che aveva individuato specifiche aree di intervento sopra indicate e relativo finanziamento.
Dal 2006, comunque, si è determinato un cosiddetto “spacchettamento” del FNPS, accompagnato da ulteriori Fondi specifici per la non autosufficienza, la famiglia, i giovani, mentre per le persone con disabilità è stato finanziato fin dal 1998 il Fondo per l’occupazione dei disabili.
Il susseguirsi, dal giugno 2001, di governi diversi, ha determinato la stasi del processo avviato dalla legge “328”, che in effetti, anche a fronte della grave crisi del Servizio Sanitario Nazionale, che ha portato all’ obbligo di osservare rigide regole di bilancio (legge 403/2001), con la nomina dei commissari ad acta per i piani di rientro, hanno interrotto i piani di azione e di intervento definiti nella legge “328”, con particolare riferimento alla determinazione dei Livelli Essenziali Assistenziali.
L’impegno a definire la programmazione sociale attraverso del Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali, con il suo aggiornamento a cadenza triennale è stato sospeso, e ripreso solo dopo circa venti anni.
Peraltro, già a decorrere dal 2013,sulla base di una proposta del Coordinamento delle Regioni, la programmazione delle risorse del Fondo è avvenuta sulla base di macro-livelli e aree di utenza).
Tale rinnovata strutturazione del Fondo ha superato l’erogazione delle risorse in senso indifferenziato, ed ha prioritariamente individuato una funzione di delimitazione di aree di intervento riferite agli “obiettivi di servizio”, intesi quali standard da garantire nelle more della definizione dei livelli essenziali.
In particolare sono stati individuati i servizi di accesso e presa in carico, domiciliari, territoriali, residenziali e di sostegno al reddito e all’autonomia, rivolti alle aree dell’infanzia e dell’adolescenza(e più in generale delle responsabilità familiari), della disabilità e della non autosufficienza e della povertà ed esclusione sociale.
Con I successivi Decreti di articolazione e riparto del Fondo, iniziando dal Decreto 21 febbraio 2014, in relazione al riparto del FNPS, hanno delineato la definizione di Macro-Livelli secondo la seguente articolazione::
1 Servizi per L’accesso e la presa In carico da parte della rete assistenziale: Accesso; Presa In Carico; Pronto Intervento Sociale
2 Servizi e Misure per favorire la Permanenza a Domicilio: Assistenza Domiciliare; Servizi di prossimità
3 Servizi per la prima Infanzia e Servizi Comunitari Territoriali
4 Servizi Territoriali a carattere residenziale per le fragilità: Centri Diurni e altri Servizi Territoriali Comunitari
5 Misure di Inclusione Sociale – Sostegno al Reddito: Interventi/Misure per facilitare inclusione e autonomia; Misure di Sostegno al Reddito.
Tale riferimento concettuale ed operativo ha confermato il sostanza il ruolo di indirizzo e coordinamento da parte dello Stato, ed il suo impegno, sempre peraltro procrastinato, a definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali.
Inoltre sono state poste le basi per la definizione di specifici Fondi correlati al FNPS (intorno ai quali è già in fase di elaborazione un apposito saggio), a cui le Regioni sono tenute a corrispondere con propri provvedimenti di competenza (Piani sociali regionali, ripartizione del Fondo sociale regionale, individuazione degli Ambiti Territoriali Sociali, monitoraggio e potere sostitutivo),
B) IL SECONDO PIANO SOCIALE NAZIONALE 2918-2020: Decreto 26 novembre 2018
Nel 2018, sull’onda di una rinnovata attenzione e rilancio delle politiche sociali, in relazione al decreto concernente il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, e in continuità con i precedenti decreti che già dal 2014 ne avevano ridefinito le linee di intervento per macro-aree, è stato adottato il Piano Sociale Nazionale, relativo al triennio 2018-2020.
Al riguardo si fa presente il Piano sociale nazionale interviene a distanza di circa venti anni dalla legge 328/2000, che ha delineato il “sistema” integrato di interventi e servizi sociali (e non “servizio”, intendendosi al riguardo il concorso delle Istituzioni competenti (Regioni, Province, Comuni – sussidiarietà verticale – e della società civile con le sue espressioni organizzate – sussidiarietà orizzontale – alla costruzione del welfare basato sulla previdenza, la sanità e l’assistenza), e dal primo ed unico Piano Nazionale degli interventi e dei servizi sociali del maggio 2001.
Uno degli aspetti più importanti del Piano è ravvisabile nella ripristinata azione a livello statale nella sua funzione di indirizzo e coordinamento e di vigilanza sulla effettiva realizzazione dei servizi e degli interventi, così come indicati nei macro-livelli, e viene confermata in effetti la capacità e la competenza dello Stato centrale a dettare linee di programmazione a fronte delle risorse erogate dal FNPS.
La “ratio del FNPS è comunque legata al finanziamento dei livelli essenziali (a fronte delle risorse disponibili), così come individuati nell’art. 22 della legge 328/2000, e sono stati confermati i Macro-livelli già definiti nei Decreti ministeriali dal 2014 al 2017, come sopra indicati, con ulteriori specificazioni:.
LE AREE DI INTERVENTO SONO INDIVIDUATE IN:
-Infanzia, Adolescenza e Responsabilità familiari
-Disabilità e non autosufficienza
-Povertà ed esclusione sociale
LA SPECIFICAZIONE E LA TIPOLOGIA DELL’ OFFERTA DEI SERVIZI
1) Segretariato sociale, Telefonia sociale, Centri di ascolto tematici, ecc.
2) Servizio sociale professionale, Valutazione multidimensionale, Servizio per l’affidamento minori, per adozione minori, ecc.
3) Interventi quali mensa sociale e servizi per l’igiene personale, per sostegno a specifici target in emergenza sociale
4) Distribuzione pasti e/o lavanderia a domicilio, Assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari, ecc.
5) Servizi accoglienza di adulti e anziani, ecc.
6) Centri per le famiglie, Centri diurni riabilitativi, Laboratori, Centri di aggregazioni sociali, ecc.
7) Residenze per anziani, Strutture per disabili, Comunità educativo-assistenziali, ecc.
8) Supporto all’inserimento lavorativo, Buoni spesa o buoni pasto, Interventi per senza dimora, ecc.
9) Contributi economici per servizi alla persona, per alloggio, per i servizi scolastici, ad integrazione del reddito familiare, ecc.
OSSERVAZIONI
Nel Piano è dedicata una specifica sezione al rafforzamento del Servizio Sociale Professionale e del Segretariato Sociale”, e quindi è chiaramente specificata l’endiadi fra Segretariato Sociale e Servizio Sociale Professionale, che costituiscono una unità operativa di esclusiva competenza del professionista “dedicato”: l’Assistente Sociale.
Nello specifico, quindi, viene confermato il target previsto nel Piano Povertà che vi sia in ogni Ambito territoriale almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti.
Viene pertanto delineato il seguente schema operativo:
INFORMAZIONE ACCESSO >VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE>PROGETTO PERSONALIZZZATO.
Tale percorso di prestazione professionale pone l’Assistente Sociale nella sua connotazione funzionale che lo porta ad essere responsabile del procedimento e di essere centrale nel proprio ruolo di coordinamento dell’ equipe multiprofessionale.
C) IL TERZO PIANO SOCIALE NAZIONALE 2021-2023: Decreto 22 ottobre 2021
Il Piano si colloca in continuità con le previsioni della Legge “328”, che già prevedeva, all’articolo 20, un Piano nazionale a governare l’utilizzo delle risorse del FNPS, già istituito nel 1998, nella prospettiva della definizione del LEPS.
Il Piano, inoltre, costituisce la risultante di un lungo processo di elaborazione e di riconsiderazione delle politiche sociali, che in effetti ha trovato la sua ulteriore specificazione, quale riferimento normativo vincolante, nella successiva Legge 30 dicembre 2021, n. 234, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, che ha sancito da una parte la base per la costruzione strutturata dei servizi sociali articolata nei LEPS, “costituiti dagli interventi, dai servizi, dalle attività e dalle prestazioni integrate che la Repubblica assicura, sulla base di quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e in coerenza con i princìpi e i criteri indicati agli articoli 1 e 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328, con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità, e dall’altra il riconoscimento degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) che costituiscono la sede necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS medesimi.
È pertanto su tale intreccio virtuoso che si rilanciato in maniera organica e coordinata il sistema complessivo delle politiche sociali.
Inoltre il Piano si è connesso anche alle gravissime situazioni e accadimenti provocati dalla pandemia Covid-19, e alle risposte del governo dell’ epoca con l’approvazione del PNRR che hanno avuto specifico rilesso sulla ristrutturazione e ricostruzione del sistema sanitario e sociale nel paese.
1. IL PERCORSO E LA SUA DEFINIZIONE
Viene premesso che il Piano, in attuazione del D. Lgs. 147/2017, Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà all’art 21), nel riformare la governance del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), ha previsto che l’utilizzo delle sue risorse sia oggetto di programmazione di cui è responsabile la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, composta, oltre che dalle amministrazioni centrali competenti per materia, dai rappresentanti di ciascuna giunta regionale oltre che delle giunte di 20 comuni individuati dall’ANCI, con la partecipazione in sede consultiva del Terzo settore, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali di cui alla legge “328”.
2.LE PRIORITA’
Il Piano, in continuità con i precedenti, ha come obiettivo il benessere sociale della popolazione attraverso lo strumento del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Con specifico riferimento alle azioni che fanno riferimento al FNPS, si distinguono specifici ambiti di impiego:
A) AREA DELLE AZIONI DI SISTEMA
1. Punti unici di accesso
Il PUA si pone quale primo luogo dell’accoglienza sociale e sociosanitaria: porta di accesso alla rete dei servizi e delle risorse territoriali e modalità organizzativa dei servizi di accoglienza e orientamento tra Comune/ATS e Distretto ASL, istituita per garantire pari opportunità d’accesso alle informazioni e ai servizi sociali e sociosanitari, a coloro che ne abbiano necessità.
Tale indicazione sarà ripresa e ulteriormente specificata e finanziata dal successivo Piano Nazionale per la Non autosufficienza 2022-2024.
2. LEPS Supervisione del personale dei servizi sociali
La supervisione professionale viene riconosciuta quale strumento fondamentale di guida, sostegno e verifica del lavoro degli Assistenti Sociali, e si caratterizza come processo bidirezionale di supporto alla globalità dell’intervento professionale dell’operatore sociale, come accompagnamento di un processo di pensiero, di rivisitazione dell’azione professionale ed è strumento per sostenere e promuovere l’operatività complessa, coinvolgente, difficile degli operatori che contribuisce anche a prevenire fenomeni di burnout.
La supervisione degli operatori sociali è individuata fra le azioni prioritarie da attivare in tutti gli Ambiti, nell’ottica del suo riconoscimento come LEPS. Essa verrà finanziata con rilevanti risorse a valere sul PNRR e si prefigura, al di là dell’orizzonte temporale di utilizzo del PNRR, un finanziamento a valere sul FNPS
3. LEPS Dimissioni protette
La “dimissione protetta” è una dimissione da un contesto sanitario che prevede una continuità di assistenza e cure attraverso un programma concordato tra il medico curante, i servizi sociali territoriali dell’Asl di appartenenza e dell’Ente locale.
L’attività volta a garantire le dimissioni protette è individuata fra le azioni prioritarie da attivare in tutti gli Ambiti, nell’ottica del suo riconoscimento come LEPS. Essa verrà finanziata con rilevanti risorse a valere sul PNRR e si prefigura, al di là dell’orizzonte temporale di utilizzo del PNRR, un finanziamento a valere sul FNPS e sul FNA.
4. Potenziamento professioni sociali
Già avviata nel contesto del Piano Nazionale di Lotta alla Povertà, e con riferimento al Fondo di solidarietà
comunale, il Piano conferma il deciso orientamento all’ obiettivo di rafforzare ed espandere il Servizio Sociale prevedendo (e sarà confermato nella citata legge di bilancio) l’erogazione dei contributi agli ATS per l’assunzione degli Assistenti Sociali a tempo indeterminato.
In tale contesto viene peraltro sottolineata la necessità di un approccio multidisciplinare per la valutazione delle persone.
B) INTERVENTI SPECIFICI
1. Interventi rivolti alle persone di minore età
In relazione alla complessità dello svolgimento di adeguate politiche rivolte alle persone di minore età, è stato svoto un lavoro di concertazione svolto in seno al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, negli scorsi anni, con il coinvolgimento di tutti gli attori nelle politiche di tutela del diritto di bambini e ragazzi ad una famiglia, non solo i diversi livelli di governo territoriale ma anche l’area del Terzo Settore e della società civile e che ha portato alla redazione condivisa di documenti di indirizzo dapprima in tema di affidamento familiare, successivamente in tema di accoglienza in strutture residenziali e, infine, sull’intervento con bambini e famiglie in situazioni di vulnerabilità, tutti oggetto di accordo in sede di Conferenza Unificata.
Tali linee di indirizzo sono qui integralmente richiamate e costituiscono il principale riferimento per l’attuazione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza a valere sulle risorse del FNPS.
In tale contesto sono state individuate specifiche azioni che da una parte confermano interventi già disposti con precedenti Decreti (programma P.I.P.PI.) e dall’ altra ne introducono nuovi, come di seguito specificato
1.1 LEPS Prevenzione allontanamento familiare – PIPPI
Nell’ottica del lavoro di prevenzione e sostegno a favore delle famiglie cosiddette vulnerabili, è stato sperimentato, già a partire dal 2011, il programma PIPPI (Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione).
Il programma è stato confermato, ed è il risultato di una collaborazione tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Laboratorio di Ricerca e Intervento in Educazione Familiare dell’Università di Padova, con la partecipazione dei servizi sociali e di protezione e tutela minori nello specifico, così come di diversi soggetti del privato sociale, di alcune scuole e di alcune ASL che gestiscono i servizi sanitari delle Città, delle Regioni e degli Ambiti Territoriali italiani che hanno aderito alla sperimentazione.
La prospettiva finale è di riconoscere il modello PIPPI come LEPS.
1.2 Intervento Promozione rapporti scuola territorio – Get Up
Il progetto GET UP – progetto sperimentale promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e alcuni dei principali capoluoghi di provincia in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione – pone al centro gli adolescenti ed è finalizzato a sviluppare la partecipazione attiva dei ragazzi, il protagonismo, la promozione della loro autonomia, l’utilità sociale e civile del loro agire.
I progetti locali si pongono l’obiettivo di permettere ai partecipanti di avvicinarsi alle problematiche della propria comunità, di studiarle, di attivarsi in prima persona e cimentarsi nell’elaborazione di risposte e soluzioni attraverso l’attuazione di interventi diretti.
La scuola viene individuata quale fulcro della sperimentazione in quanto luogo fondamentale di crescita e formazione dei ragazzi.
1.3 Sostegno ai care leavers
Viene ravvisata la necessità di un supporto economico e residenziale da parte del servizio pubblico nei confronti dei ragazzi che vivono fuori dalla propria famiglia di origine, e che cessa al compimento del 18° anno di età, un momento che coincide spesso con l’obbligo della dimissione dalla struttura residenziale o la fine del progetto di tutela presso la famiglia affidataria.
Dopo il diciottesimo anno di età l’unica opportunità aggiuntiva di assistenza è rappresentata dall’applicazione del cosiddetto “prosieguo amministrativo” ossia del procedimento che discende dall’art. 25 e seguenti del Regio Decreto n. 1404 del 1934, che consente al Tribunale per i minorenni di prolungare il progetto di accoglienza e sostegno fino al compimento del 21° anno di età.
Da tali premesse prende spunto l’avvio del programma sperimentale di interventi, in via sperimentale, in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivano fuori dalla famiglia. di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria finanziato con le risorse del Fondo ad ho istituito dall’articolo 1, comma 250, della legge n. 205 del 2017, che predispone una riserva di 5 milioni di euro a valere sulla Quota servizi del Fondo Povertà per un triennio.
1.4 Garanzia infanzia
Attenzione particolare, anche in relazione alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 14.6.2021, varata a seguito della Risoluzione del Parlamento Europeo del 2015, che ha istituito una Garanzia europea per l’infanzia, sono stati preconizzati specifiche azioni, meglio individuate nelle apposite schede.
C) L’ ARTICOLAZIONE DELLE AZIONI E RELATIVO FINANZIAMENTO
Nel contesto del Piano sono indicate le azioni che debbono essere osservate e definite con specifici finanziamenti:
A) Accesso, valutazione e progettazione
B) Misure per il sostegno e l’inclusione sociale
C) Interventi per favorire la domiciliarità
D) Centri servizi, diurni e semi-residenziali
E) Strutture comunitarie e residenziali
F) Azioni di sistema
D) IL SISTEMA INFORMATIVO
Il Piano sottolinea l’importanza dell’ informazione quale base conoscitiva e propulsiva per lo svolgimento degli interventi e la definizione delle priorità.
Viene pertanto richiamato il Decreto del Ministro del lavoro 22 agosto 2019, n.103, attuativo del sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali (SIOSS), che rappresenta la componente più innovativa del Sistema informativo unitario dei servizi sociali, interamente gestita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e composta da due distinte banche dati: la banca dati dei servizi attivati e la banca dati delle professioni e degli operatori sociali. La banca dati dei servizi attivati è a sua volta articolata in:
– anagrafe degli ambiti territoriali; modalità di esercizio della funzione socio-assistenziale e relative forme di attuazione;
– sistema degli interventi e dei servizi sociali offerti;
– moduli di approfondimento sulle caratteristiche dei servizi attivati per tipologia di intervento. In sede di prima applicazione, sono stati avviati i seguenti moduli
– segretariato sociale;
– servizio sociale professionale;
– affidamento familiare;
– servizi residenziali per minorenni.
OSSERVAZIONI
Il Piano, pur connesso strettamente al FNPS, è caratterizzato da una specifica attenzione delineare ed approfondire la metodologia e la articolazione ragionata delle azioni di sistema e di individuazione delle priorità, secondo un criterio proprio dei principi, dei metodi e delle tecniche dell’ intervento sociale, secondo gli orientamenti definiti sul piano scientifico dalle scienze sociali.
La definizione delle priorità ed il relativo finanziamento sono strettamente connesse alle leggi di bilancio n.178/2020 e n. 234/2021, che hanno in effetti rappresentato la base giuridicamente vincolante per la strutturazione del sistema degli interventi e dei servizi sociali.
In tale contesto, viene rilevata le presenza di altri Piani nazionali (lotta alla povertà, famiglia, gioventù, non autosufficienza), nonché di altri Fondi nazionali dedicati (povertà, persone con disabilità, giovani, famiglia e minori, non autosufficienza, ecc.) che postulano la necessità di una programmazione integrata.
Particolare rilievo è dato al ruolo del Segretariato Sociale e del Servizio Sociale Professionale, nonché agli interventi rivolti ai minori.
D) IL QUARTO PIANO NAZIONALE DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI 2024-2026: Decreto 2 aprile 2025
Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali rappresenta la conclusione di un processo di aggiornamento e di approfondimento dei precedenti Piani, nella considerazione della validità e delle scelte
metodologiche già definite, ed alle quali si collega.
Di rilievo altresì l’apporto della Rete già disposta dal d.lgs. n. 147/2017, alla formulazione del Piano, e quindi in effetti la ripresa del principio della concertazione, già avviato con la legge “328” e con il PNISS del 2001.
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I PRINCIPI FONDANTI
La presentazione dei principi fondanti costituisce la base di riferimento ed il disegno da seguire per lo sviluppo conseguente delle azioni e degli interventi sociali, e ne costituiscono l’ossatura fondamentale, e costituiscono la sintesi di una lunga elaborazione concettuale ed operativa, già avviata dai Piani precedenti, nonché dalle leggi correlate.
1) Effettività, trasparenza e accountability.
Fulcro attorno al quale si sviluppa il nuovo Piano sono tre principi tra loro strettamente concatenati: l’effettività delle politiche sociali e delle azioni che esse sostengono, la trasparenza dell’agire amministrativo e affidabilità delle scelte o accountability.
2) Responsabilità condivise
Riprendendo le considerazioni già espresse nel primo piano sociale, e seguendo anche lo sviluppo delle normative avviate negli anni ’90 (con riferimento alla legge 241/90), viene rilevata l’opportunità di pervenire a Patti di collaborazione con il Terzo settore e gli Attori pubblici.
3) Supportare e potenziare l’integrazione tra le politiche pubbliche
In continuità con il Piano 2001-2023, viene sottolineata la necessità di un approccio multidisciplinare risulta necessario per poter rispondere ai bisogni complessi delle persone, da realizzarsi con il lavoro svolto dall’intera équipe multidisciplinare attraverso la creazione di Reti istituzionali che consentano, innanzitutto, l’interazione tra il mondo sociale e sanitario per l’attuazione sinergica dei LEPS e dei LEA, oltre che la creazione di uno stretto raccordo con il sistema giudiziario, dell’istruzione e della formazione, delle politiche del lavoro e delle politiche abitative.
4) Rafforzare l’infrastruttura dei servizi
Riprendendo quanto disposto dalla Legge 30 dicembre 2021, n. 234, il Piano individua negli ATS la dimensione organizzativa necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS. La gestione associata delle funzioni sociali è declinata nelle Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) per l’Attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEPS), che definiscono anche alcuni dei principi relativi all’organizzazione dei servizi.
5) Semplificazione per la programmazione e gestione degli interventi
Viene confermata l’importanza del Sistema Informativo dell’Offerta dei Servizi Sociali (SIOSS) per la Banca dati dei servizi attivati e la Banca dati delle professioni e degli operatori sociali, nonché della tenuta del Registro degli ATS.
Viene altresì individuato il Portale per l’Analisi Sociale (PAS) istituito per favorire i processi di alimentazione del Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS) gestito dall’INPS messo a disposizione delle Regioni e Province autonome, degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS), dei Comuni e degli altri Enti erogatori di prestazioni sociali strumenti di business intelligence per l’analisi multidimensionale dei dati a supporto della programmazione.
Inoltre viene evidenziato il ruolo del Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL).
6) Intercettare e accompagnare i territori più fragili
Viene rilevato come il territorio nazionale continua ad essere caratterizzato da persistenti disparità socioeconomiche e di accesso ai servizi, nonostante le misure di supporto e di rafforzamento dell’offerta di prestazioni di aiuto, di cura e di assistenza messe in atto negli ultimi anni dal Legislatore.
Viene ritenuto necessario considerare i segmenti sempre più ampi di popolazione in condizioni di grave marginalità estrema e senza dimora, che presentano bisogni complessi e di diversa natura (salute, tossicodipendenze, disagio mentale).
7) Attenzione alla fragilità relazionale ed economica
Viene rilevato che nelle società contemporanee, le modalità con cui si esprimono le forme di marginalità e fragilità sono molteplici e riguardano diverse fasi del ciclo di vita. Sono sempre più consistenti le situazioni di insufficiente autonomia: persone che invecchiano con pluripatologie, sempre più sole e – se non ancora anziane – con stili di vita e problematiche di salute mentale, di dipendenza.
Viene considerata la necessità di investire sulla prevenzione, passando da una logica riparativa rivolta a famiglie che già hanno incontrato difficoltà, a interventi preventivi a carattere universale che, attraverso il coinvolgimento attivo degli individui, riconoscano, valorizzino e attivino le risorse personali, familiari e di contesto.
8) Opportunità di integrazione, promozione e benessere
Il Piano riflette pienamente la prospettiva universalistica che orienta e guida il sistema dei servizi sociali: si rivolge ad adulti e minorenni, anziani e cittadini di paesi terzi, singoli e nuclei familiari in ogni fase del ciclo di vita per perseguire gli obiettivi relativi alla qualità della vita, all’integrazione e alla promozione del benessere della popolazione.
Nel Piano appare quindi importante procedere con un’attenta definizione dei potenziali destinatari (soggetti in situazioni di marginalità estrema, senza dimora, con disabilità, con problematiche di salute mentale o dipendenze; nuclei familiari di origine straniera e/o in situazione di vulnerabilità; anziani auto-sufficienti, ma sprovvisti di una rete familiare e/o sociale di supporto; giovani coppie con difficoltà nell’accesso a beni primari, ecc.) poiché ciascuno di questi target richiede, al contempo, servizi con un’offerta universalistica e risposte personalizzate in base ai bisogni specifici.
9) I beneficiari da assistiti ad attori
Il sistema dei servizi e degli interventi sociali è orientato a garantire l’equità, la giustizia sociale, il rispetto e la soddisfazione dei diritti, la promozione di interventi che mirino alla riduzione delle disparità sociali e al riconoscimento a tutte le persone del diritto di accesso al sistema di protezione sociale. Il principio ispiratore è rappresentato dalla centralità della persona e del suo benessere secondo una visione olistica che tenga in considerazione tutte quelle variabili e quei fattori interni ed esterni che possono avere influenza sulla qualità della vita di una persona, in particolare per le situazioni che richiedono una presa in carico da parte dei servizi. Quindi, è necessario considerare non solo i bisogni legati a difficoltà e limitazioni, ma anche le risorse che si traducono in competenze e abilità a livello individuale e collettivo.
In un’ottica di promozione dell’autonomia e capacitazione delle persone, sostenibilità e generatività degli interventi, un sistema innovativo di welfare considera l’esperienza maturata dal beneficiario nella relazione con professionisti e servizi sociosanitari e la utilizza per contribuire a migliorare l’organizzazione dei servizi e alcune pratiche professionali come, ad esempio, quelle che valorizzano gli “esperti per esperienza”.
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I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI SOCIALI
Viene richiamata la legge “328”, dove Il fondamento della rilevanza giuridica dei LEPS si rinviene nell’articolo 22 della Legge 8 novembre 2000 n. 328 e ss. mm. ii. che ha delineato, in forma generica, una serie di ambiti di intervento riconosciuti come livelli essenziali, a cui è cronologicamente seguita la riforma dell’articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione che, nel 2001, ha riservato allo Stato la definizione dei LEPS da assicurare su tutto il territorio nazionale.
La rilevanza centrale dei LEPS e della loro fruizione omogenea, a livelli minimi ed essenziali, su scala nazionale è ribadita dalla previsione dell’articolo 120, comma 2, della Costituzione, ove è previsto che l’esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo nei confronti delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni sia esercitato, tra l’altro, “quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”.
La tutela dei LEPS e la loro regolamentazione normativa risulta esplicitamente e strettamente collegata alla tutela dell’unità giuridica e dell’unità economica della Repubblica, divenendo essa stessa strumento ed espressione dell’unità medesima, nel rispetto dell’autonomia delle singole Regioni, competenti per quanto attiene alle attività di programmazione ed organizzazione dei servizi inerenti ai diritti civili e sociali, considerato che è a livello territoriale che i diritti divengono in concreto fruibili ed esigibili da parte dei cittadini.
A tale riguardo viene altresì richiamata la Legge di bilancio n. 178/2021 che ha formalmente definito in norma di un livello essenziale di sistema nei termini di un rapporto assistenti sociali e popolazione minimo di 1:5000 e a stanziare risorse finalizzate al suo perseguimento nell’ambito del servizio pubblico quale precondizione necessaria di natura infrastrutturale dell’intero edificio del sistema dei servizi sociali e sono state individuate, nell’ambito del federalismo fiscale, nuove risorse specificamente destinate al rafforzamento dei servizi sociali e formalmente correlate alla definizione di obiettivi di servizio per la cui definizione è stato avviato un lavoro sinergico e coordinato con la filiera sociale e con gli enti locali.
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LA GOVERNANCE COMPLESSIVA DEL SISTEMA PER DARE ATTUAZIONE AGLI IMPEGNI
Richiamando sia la legge n. 234/2021, che il Piano sociale 2001-2003, viene confermato che nell’ATS il legislatore ha individuato la dimensione territoriale e organizzativa necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS.
(Legge 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, commi 159-171).
Pertanto sono state individuate una serie di azioni di orientamento operativo utili al rafforzamento della gestione associata degli ATS, suddivise in impegni in capo al MLPS per sostenere lo sviluppo del sistema e impegni in capo alle Regioni e in capo ai comuni/agli ATS per supportarne il rafforzamento.
Gli impegni riguardano sostanzialmente:
-la stabilizzazione e il superamento della parcellizzazione delle fonti finanziarie, con relativa semplificazione delle procedure amministrative anche con riferimento alla rendicontazione delle risorse inerenti i fondi statali;
-l’accesso condiviso ai dati che alimentano i sistemi informativi nazionali, regionali e di ATS;
-il sostegno all’adozione da parte dei comuni di forme stabili e strutturate di gestione associata con particolare riferimento ai Consorzi di cui all’articolo 31 del TUEL;
-l’adozione di atti di programmazione integrata con le altre componenti del welfare locale e regionale; garanzia di presenza di personale adeguato e formato sia sul versante amministrativo sia soprattutto su quello strategico e di programmazione;
-utilizzo di procedure di co-programmazione e di co-progettazione con il mondo del Terzo settore; adozione di modelli organizzativi omogenei e funzionali all’integrazione del comparto sociale con quello sociosanitario e con quello socioeducativo, in ordine alla costruzione di un sistema di welfare effettivamente cross-settoriale, cross-servizi e cross-disciplinare.
D) L’ AMMINISTRAZIONE CONDIVISA
Nel contesto del Piano, viene rilevato che sul piano nazionale, il luogo istituzionale per il confronto e la condivisione degli obiettivi di programmazione sociale si conferma essere la Rete della protezione e dell’inclusione sociale
Questi processi hanno conosciuto un nuovo impulso con l’introduzione nel nostro ordinamento di pratiche di amministrazione condivisa successive alla definizione di procedure di co-programmazione e co-progettazione nel Codice del Terzo settore e nelle Linee guida di cui al DM 72/202119. In questa prospettiva, assume rilievo la costruzione di una base conoscitiva condivisa tra i diversi attori, promuovendo la costituzione di osservatori per la conoscenza del territorio e dei fenomeni sociali di comune interesse, la diffusione dei dati e delle informazioni, il miglioramento complessivo della capacità di intervento e azione di tutti i soggetti interessati, anche sul piano della programmazione (Piani sociali di zona e Piani regionali delle politiche sociali), che resta funzione essenziale per la corretta implementazione dei sistemi territoriali di interventi e servizi sociali.
E) L’ ANALISI DELLA SITUAZIONE SOCIALE ED ECONOMICA DEL PAESE
Nel Piano, viene illustrato e sottolineato, con riferimento a dati socio-demografici ed economici, lo stato delle condizioni della popolazione, e relative considerazioni, di cui si riportano aspetti ritenuti più rilevanti.
L’effetto combinato di un’alta speranza di vita e il perdurare di un regime di bassa fecondità contribuiscono al progressivo aumento degli anziani, da un lato, e alla contrazione di bambini e giovani dall’altro, determinando uno squilibrio intergenerazionale particolarmente critico in alcune aree del Paese.
È il cosiddetto “inverno demografico”, uno scenario in cui di anno in anno la popolazione vede ridurre la sua capacità di rinnovarsi per effetto dell’apporto quantitativo dato dall’ammontare delle nuove generazioni .
Il lavoro è un altro fattore di sviluppo sociale che determina le politiche sociali.
Il numero di occupati è in aumento ormai da anni e già dal 2022 poteva dirsi recuperata la perdita di posti di lavoro dovuta alla pandemia. Sul mercato del lavoro permangono tuttavia alcune caratteristiche che influenzano anche il sistema delle politiche sociali: la stagnazione salariale e la contenuta produttività del lavoro, bassi tassi di occupazione della componente femminile e di quella dei trentenni, forte consistenza dell’impiego saltuario o precario e a tempo in part time (quest’ultimo particolarmente diffuso tra le donne e spesso involontario).
Nel 2023, secondo l’Istat, le persone fra i 50 e i 74 anni sono arrivate a rappresentare il 39,8% degli occupati (erano il 21,6% nel 2004).
Il problema della sostenibilità dell’allungamento delle carriere lavorative è uno delle sfide più rilevanti per il nostro Paese come per il resto dell’Europa28, in una duplice prospettiva: quella dell’aumento di opportunità per i lavoratori maturi e quella dell’invecchiamento attivo (active ageing).
Nel 2022 si registra un calo del numero di persone in cerca di occupazione (-171mila unità) rispetto al 2021 (Figura 3), che è proseguito per tutto il 2023. Il numero di inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ridottosi già nel corso del 2022, è calato ancora (-2,5%).
Tuttavia, rimangono squilibri prima di tutto di genere che fanno dell’Italia il Paese con il livello più basso di occupazione femminile in Europa
La condizione di povertà e il rischio di esclusione sociale
Nel 2022 quasi 12 milioni di residenti in Italia risultano a rischio di povertà relativa (il 20,1% della popolazione).
Si riduce significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale30 (4,5% rispetto al 5,9% del 2021), con una diminuzione marcata al Nord-ovest e al Centro.
Poco meno di un quarto della popolazione (22,8%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, valore in calo rispetto al 2022 (24,4%).
Nel 2023 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le ripartizioni, sebbene il Mezzogiorno rimanga l’area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio (39,0%).
Il rischio di povertà ed esclusione sociale è del 28,5% per le persone con età inferiore ai 18 anni, destinatari dei servizi cui il FNPS vincola il 50% delle risorse, 4 punti percentuali superiore a quanto misurato sul totale della popolazione (anno 2022). Inoltre, nel 2022, i bambini e i ragazzi di età inferiore ai 18 anni a rischio di povertà risultano pari al 25,4% del totale dei minorenni (l’analogo valore dell’UE è pari al 19,3%) e i bambini e i ragazzi di età inferiore ai 18 anni in situazione di severa deprivazione materiale e sociale risultano pari al 4,7% del totale dei minorenni (sono l’8,4% nell’UE).
LA RILEVAZIONE ED IL COMMENTO SULL’ IMPIEGO DELLE RISORSE
L’analisi della spesa sociale nel nostro Paese può avvalersi del confronto tra i dati Eurostat sulla spesa locale per il comparto della protezione sociale e dei dati Istat derivanti, da un lato, dai conti della protezione sociale e, dall’altro, dall’indagine sulla spesa sociale dei Comuni. Sebbene questi dati siano caratterizzati da una certa eterogeneità34, segnalano che la spesa sociale in Italia si colloca tra gli 8 e i 12 miliardi di euro, mostrando una spesa locale in termini percentuali sul PIL inferiore rispetto alla media UE ed evidenziando forti disparità territoriali interne, sia in termini di spesa pro-capite sia in termini di utilizzo della spesa per aree di utenza e macroaree di intervento.
In estrema sintesi vengono avanzate le seguenti considerazioni:
-Il peso limitato dei servizi sociali territoriali
La dimensione del welfare complessivo italiano, prendendo in analisi la spesa sociale pubblica complessiva destinata alla protezione sociale in relazione al PIL, mostra un allineamento con i dati registrati dai Paesi della nostra area di riferimento. Come mostra il primo grafico della figura 1, l’Italia al 2022 registra una quota di spesa pubblica per la protezione sociale pari al 22% del prodotto interno lordo, superiore di 2 punti percentuali rispetto alla media dell’UE. Considerando però la spesa sociale locale in Italia, i dati mostrano valori sensibilmente più bassi: nel 2022 la quota di questa spesa in Italia vale lo 0,7% del PIL, contro una media EU-27 del 2,5%, il 2,9% della Germania e il 2,1% della Francia (Figura 4).
Ai trasferimenti monetari classificati come previdenziali (TFR, malattia, assegni al nucleo familiare, disoccupazione, etc.) vengono destinati 94 miliardi (15%), da evidenziare che il 65% di questi sono in carico alla PA; 45 miliardi (7%) sono destinati ai trasferimenti monetari assistenziali.
-Una spesa disomogenea
Anche i dati relativi all’Indagine sulla spesa sociale dei Comuni dell’ISTAT35 mostrano dei risultati analoghi. Nel 2021 la spesa complessiva dei comuni per il sociale è pari a 8,4 miliardi (nel 2018 era di 7,5 miliardi), se si considerano anche le compartecipazioni alla spesa degli utenti e del SSN si raggiungono 10,4 miliardi. I dati ISTAT evidenziano, inoltre, alcune importanti caratteristiche dell’offerta di servizi sociali territoriali in relazione alle differenze di spesa pro-capite su base regionale, alla concentrazione della spesa per aree di utenza e alla distinzione di spesa per le tre macroaree (interventi e servizi, trasferimenti in denaro e strutture).
Per quanto riguarda la spesa pro-capite, si registra un valore medio nazionale pari a 142 euro annui; la cifra sale a 197 euro nel nord-est mentre è pari a soli 72 euro nel sud del Paese.
Su base regionale i dati evidenziano delle sostanziali differenze territoriali (vedi Figura 5): la spesa pro-capite massima, pari a 429 euro, si registra in Trentino-Alto Adige, seguono con più di 200 euro annui la Sardegna, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. Al contrario, in Basilicata e in Campania la spesa pro-capite è inferiore a 70 euro e si registra una spesa pro-capite di appena 28 euro in Calabria.
Le conseguenze della pandemia e della crisi ucraina
-La pandemia di Sars-Cov-2 ha rappresentato un punto di svolta per il sistema di welfare italiano, causando una grave crisi sociale ed economica. Questa crisi, sebbene in parte mitigata negli anni immediatamente successivi, si sta acutizzando a causa di eventi traumatici globali come il conflitto in Ucraina e quello in Medio Oriente. Di conseguenza, le condizioni di vita di molti individui e famiglie sono peggiorate, spingendo le autorità governative a incrementare la quota di trasferimenti monetari rispetto all’erogazione “in natura” di beni e servizi.
LE PRIORITA’
Nel contesto del Piano, sono individuate le priorità che vengono individuate di natura trasversale al Piano sociale nazionale 2024-2026 e al Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2024-2026.
1. Coincidenza tra gli ambiti sociali e quelli del lavoro e sanitari.
Il Piano assume la necessità di arrivare all’individuazione di ambiti sociali, sanitari e del lavoro omogenei che trovino coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi.
2. Potenziamento degli uffici di piano.
Gli operatori e le operatrici degli ATS sono gli attori principali delle politiche messe in atto, e le dimensioni professionale, tecnica e amministrativa sono determinanti per realizzare le azioni organizzative, amministrative, contabili e operative necessarie, perseguendo gli indispensabili obiettivi di efficienza ed efficacia. In particolare, le attività di programmazione e pianificazione degli interventi richiedono risorse dedicate con competenze in materia di analisi dei dati e monitoraggio, progettazione sociale, contabilità degli Enti Locali e gestione finanziaria, diritto pubblico.
3. Potenziamento del servizio sociale professionale.
L’investimento nello sviluppo dell’infrastruttura professionale e organizzativa è fondamentale per rendere concreti i diritti sociali di cittadinanza a cui i LEPS intendono dare risposta e per garantirne la sostenibilità nel tempo. In questa direzione si orientano la definizione del LEPS di assistenza sociale, l’introduzione del contributo, con natura di finanziamento strutturale, per il potenziamento dei servizi e il LEPS Supervisione del personale dei servizi sociali.
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4. Rafforzamento della gestione associata e della infrastruttura organizzativa degli ATS per l’attuazione dei LEPS.
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È indispensabile promuovere e sostenere l’adozione, da parte dei Comuni, di forme stabili e strutturate di gestione associata dei servizi sociali, con particolare riferimento ai Consorzi di cui all’articolo 31 del TUEL, favorendo il superamento della frammentazione, la razionalizzazione della spesa e il conseguimento di una maggiore efficienza dei servizi, al fine di semplificare le linee operative interne all’organizzazione degli ATS.
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5. Potenziamento della capacità amministrativa nel settore delle politiche sociali.
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La qualità ed efficacia del lavoro di cura è strettamente collegata alla qualità, tempestività ed efficacia dell’azione amministrativa che supporta il lavoro tecnico delle équipe multidisciplinari e del singolo operatore. Ritardi amministrativi si traducono in perdita di opportunità e ridotta capacità di intervento.
6. Rafforzamento delle reti territoriali dei servizi e della capacità di favorire la partecipazione del Terzo settore e della comunità secondo l’approccio della amministrazione condivisa.
Il dettato normativo (si veda il D. Lgs. 147/2017) è orientato a: promuovere accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti ed organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute, al fine di realizzare un’offerta integrata di interventi e di servizi; adottare ambiti territoriali di programmazione omogenei per il comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro, prevedendo che gli ATS trovino coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi con le delimitazioni territoriali dei distretti sanitari e dei centri per l’impiego (cfr. PT.1); identificare specifiche forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali a livello di ambito territoriale.
7. Potenziamento delle Equipe multiprofessionali.
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Ogni territorio è chiamato innanzitutto alla realizzazione del potenziamento dei servizi sociali per dare lungo respiro alle politiche intraprese e, in particolare, garantire la piena esigibilità dei LEPS che insistono sull’area povertà e minori e famiglie, i quali richiedono e implicano la presenza di équipe multidisciplinari, tenendo in considerazione la connessione con il lavoro svolto dai diversi professionisti principalmente nell’ambito sanitario, giudiziario, dell’istruzione, delle politiche del lavoro e delle politiche abitative. Le équipe multidisciplinari devono sempre prevedere la presenza dell’Assistente sociale del Comune di competenza della persona o del nucleo beneficiario, affiancato da altre figure professionali interne, quali l’educatore e lo psicologo, nonché da uno o più referenti delle altre Istituzioni competenti (Centro per l’Impiego, Distretto sanitario,Istituzioni scolastiche, Servizi abitativi, ecc.) per realizzare i risultati concordati e condivisi all’interno delle équipe, grazie anche al LEPS Supervisione del personale dei servizi sociali in prospettiva multiprofessionale.
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8. Sviluppo della Cartella sociale informatizzata sviluppando l’interoperabilità tra i sistemi e favorendo la piena alimentazione del SIUSS.
9. Sviluppo del catalogo informatizzato dei servizi per agevolare le attività di segretariato sociale e le attività di pronto intervento sociale, in collegamento con l’alimentazione del SIOSS.
10. Integrazione tra le piattaforme di programmazione, gestione, monitoraggio e rendicontazione dei fondi, incremento della disponibilità di dati di monitoraggio.
11 Attuazione del LEP pronto intervento sociale (PIS).
Il servizio di pronto intervento sociale (di cui al comma 170 dell’articolo 1 della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 e ss. mm. ii.) si attiva in caso di emergenze ed urgenze sociali, circostanze della vita quotidiana dei cittadini che insorgono repentinamente e improvvisamente, producono bisogni non differibili, in forma acuta e grave che la persona deve affrontare e a cui è necessario dare una risposta immediata e tempestiva in modo qualificato con un servizio specificatamente dedicato. Il pronto intervento sociale viene assicurato 24h/24 per 365 giorni l’anno.
12. Formazione degli operatori sociali e dei responsabili della organizzazione dei servizi
Gli operatori e le operatrici degli ATS sono gli attori principali delle politiche messe in atto e le dimensioni professionale, tecnica e amministrativa sono determinanti per perseguire gli indispensabili obiettivi di efficienza ed efficacia. La pianificazione della formazione di base e continua e le azioni di capacity building che interessano tutte le figure operanti negli ATS (es. rapporto con corsi di studio universitari professionalizzanti delle figure professionali, tecniche e amministrative) risultano quindi indispensabili nell’ottica del rafforzamento dell’infrastruttura professionale e organizzativa. Per raggiungere questa finalità è in fase di rafforzamento la collaborazione con le università italiane sia per inserire nei curricula formativi dei corsi di studio che formano gli operatori delle équipe multiprofessionali alcuni contenuti chiave relativi al LEPS, sia per avviare un’azione specifica di formazione tramite l’attivazione di un master di primo e uno di secondo livello
OSSERVAZIONI
Il Piano rappresenta la conclusione di un complesso percorso in base al quale, anche in relazione ai Piani precedenti ed ad una adeguata normativa di sostegno, traccia un quadro di riferimento arricchito anche da dati conoscitivi ed analisi mirata sullo stato della popolazione per come si esprime nelle sue espressioni significative (invecchiamento, inverno demografico, immigrazione, lavoro, ecc,) e lo stato reale della spesa sociale ed i suoi riflessi sulla disparità esistente fra le varie Regioni.
Di assoluto rilievo l’intendimento di realizzare i LEPS su tutto il territorio nazionale, ed il rafforzamento non solo del Servizio Sociale Professionale, ma anche dell’Ufficio di Piano e relativo personale.
OSSERVAZIONI FINALI
Nel corso dei venticinque anni che intercorrono dal Primo Piano Sociale Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali che risale al 2001 ed al recente Piano 2024-2026, si ritiene di avanzare le seguenti osservazioni:
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La legge 328/2000 va considerata quale legge-quadro, ed quanto tale, per come è stata impostata ed articolata, costituisce riferimento fondamentale per lo svolgimento delle politiche sociali.
In particolare si evidenziano i seguenti aspetti che ne hanno caratterizzato i punti di forza:
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Il ruolo della concertazione e della considerazione del ruolo delle Istituzioni e delle sue articolazioni territoriali, nonché del ruolo del Terzo settore nella formulazione ed elaborazione dei Piani.
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Il principio della sussidiarietà verticale, come sopra illustrata, che costituisce il fondamento per lo svolgimento delle politiche sociali che trova nel territorio ricomposto negli Ambiti Territoriali Sociali il riferimento istituzionale ed operativo al livello locale. A tale riguardo si sottolinea che, anche a fronte delle programmazioni sociali regionali, è stato definito il ruolo e l funzione dell’ Ufficio di Piano, e tale deciso orientamento è stato confermato.
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Il principio della sussidiarietà orizzontale, che è definito dall’ art. 118 della Costituzione.
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La definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), che quand’ anche avviati e definiti nella stessa legge, sono stati ulteriormente definiti nei successivi Piani Sociali Nazionali.
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Il principio universalistico delle prestazioni, con riferimento alla definizione delle azioni di sistema per specifiche aree di intervento e con l’individuazione delle priorità.
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Il principio della programmazione, intesa quale strumento operativo per la definizione e realizzazione delle politiche sociali a livello statale, regionale e locale con il Piano Sociale di Zona.
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L’impegno a definire le professioni sociali, nel quale ambito è stata pienamente riconosciuta la figura dell’Assistente Sociale.
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La progrediente elaborazione ed approvazione dei Piani Sociali Nazionali, per come si sono susseguiti nel corso di sette anni, denotano il comun denominatore di dare continuità alle azioni ed agli interventi prospettati, definendo in ultima analisi in quadro di coerenza sul quale ruota il sistema degli interventi e dei servizi sociali, rafforzato peraltro da specifici e vincolanti interventi normativi di assoluto rilievo:
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la Legge di bilancio n. 178/2020, ha disposto il potenziamento dei servizi sociali, con l’individuazione di un livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali definito da un rapporto tra Assistenti Sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 5.000 in ogni ambito territoriale.
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La legge di bilancio n. 234/2021, ha tracciato con assoluta chiarezza il quadro di riferimento per:
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-la definizione dei LEPS, costituiti dagli interventi, dai servizi, dalle attività e dalle prestazioni integrate che la Repubblica assicura, sulla base di quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e in coerenza con i princìpi e i criteri indicati agli articoli 1 e 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328, con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità.
-Il riconoscimento del ruolo degli ATS, che costituiscono la sede necessaria nella quale
programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività.
-il riconoscimento del Servizio Sociale Professionale e del ruolo degli Assistenti Sociali, il ruolo della Supervisione e l’importanza della formazione ed aggiornamento del personale.
Tale lungo percorso (una generazione) trova il suo sbocco finale nel ruolo delle Regioni, tenute a programmare ed a ripartire il FNPS rivolto agli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) con il contestuale impegno a definirli sul piano giuridico ed istituzionale, e a costruire effettivamente gli Uffici di Piano, peraltro definiti un obiettivo prioritario nel più recente Piano 2024-2025, con adeguati investimenti e risorse umane.
A tale riguardo si ritiene opportuna l’emanazione di apposite linee-guida intorno alla strutturazione del Servizio Sociale Professionale secondo un adeguato riferimento per gli Assistenti Sociali non solo riconducibile al rapporto 1/4000 abitanti, ma anche quale ulteriore parametro quello relativo al rapporto 1/500 famiglie ed al territorio da servire, tenendo conto della intensità e della sua estensione.
Le prospettive di un adeguato sviluppo dei servizi sociali latamente intesi vanno connesse alla coesistenza di altri Piani di azioni e di intervento (famiglia, minori, anziani, non autosufficienti, gioventù, persone con disabilità, dipendenze, ecc.) e imperniate a livello locale sugli Uffici di Piano, strumento operativo dei Comuni associati negli ATS, in modo da pervenire alla costruzione di un welfare di comunità, nel quale ambito ciascun Ufficio di Piano deve costruire la programmazione locale dei servizi sociali e definire il Bilancio sociale di ambito alimentato sia dal FNPS che da ulteriori risorse regionali e locali.
PARTE SECONDA
LA LOTTA ED IL CONTRASTO ALLA POVERTÀ
Il lungo cammino per lo svolgimento di specifici interventi per la lotta alla povertà risalgono al 1997 e, in successione, fino al 2017, quando con il d.lgs. 147 (Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà) sono stati delineati progetti ed interventi di protezione sociale e di contrasto e lotta alla povertà, e con il DM 18 maggio 2018 sono stati approvati i “Criteri di riparto del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale ed adottato il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà.
A livello statale con Decreto 9 novembre 2023 è stata disposta la liquidazione di ulteriori risorse in favore degli ambiti territoriali per gli assistenti sociali in servizio nell’anno 2022 e determinando ulteriori risorse prenotate per gli assistenti sociali previsti in servizio nel 2023.
Tale provvedimento, preceduto da analoghe disposizioni introdotte nel 2022, ha coinvolto nella fase istruttoria tutte le Regioni, che hanno a loro volta approvato specifici piani di lotta alla povertà, legati anche alla gestione del Reddito di cittadinanza, nonché a specifici programmi volti alla povertà alimentare (Basilicata, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Umbria).
Nel corso di oltre trenta anni, a iniziare dal 1997 con il decreto legislativo 18 giugno 1998 è stato introdotto, in via sperimentale, in talune aree, il reddito minimo di inserimento proposto dalla Ministra l’on.le Livia Turco. Nel lungo silenzio dei Governi succedutisi dal 1998 al 2015, è solo con Il Sostegno per l’Inclusione Attiva (S.I.A.) – istituito con l’articolo 1, comma 386, della legge n. 208/2015, che viene avviato un organico piano di lotta alla povertà.
Con il d.lgs. n. 147/2017, è stato introdotto il REI (Reddito di Inclusione) individuato quale livello essenziale, e quindi obbligatorio e diffuso in tutto il territorio nazionale, superando le pregresse sperimentazioni, a cui sono seguiti due Piani nazionali per la lotta alla povertà, prefigurando un quadro di sistema basato sugli ATS, ed è stata avviata una prima azione di sistema, volta a costituire ”La Rete della protezione e dell’inclusione sociale”, quale responsabile tra l’altro, dell’elaborazione di un Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, quale strumento programmatico per l’utilizzo delle risorse della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione.
A tale riguardo si sottolinea che il Rei è stato inteso quale organico riferimento per lo svolgimento di concertate politiche di lotta e di contrasto alla povertà, e connesso alla strategia europea volta a promuovere significativi programmi volti non solo a monetizzare interventi di sostegno al reddito, ma soprattutto di favorire e sostenere processi di inclusione sociale.
A)IL PRIMO PIANO NAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTÀ
Con il Decreto 18 maggio 2018 sono stati approvati i “Criteri di riparto del Fondo per la lotta alla povertà’ e all’esclusione sociale ed adottato il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà.,
Il Piano ha costituito l’atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti alla Quota servizi del Fondo Povertà e individuato, nel limite di tali risorse, lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per l’attuazione del REI come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale.
Nel contesto del suddetto Piano sono state definite le priorità di impiego del Fondo per la lotta alla povertà, e quale prima priorità viene individuato il Servizio Sociale Professionale.
B)IL SECONDO PIANO NAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTÀ
Al primo piano nazionale per la lotta alla povertà 2018-2020, ha fatto seguito, con decreto interministeriale del 30 dicembre 2021 il Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà per il triennio 2021-2023 e il riparto delle risorse del fondo.
A tale riguardo si sottolinea che il predetto piano è intervenuto in piena vigenza del Reddito di Cittadinanza, nell’ambito della definizione del Patto per l’inclusione sociale, ed ha confermato l’orientamento a costruire un sistema strutturato di sostegno e di supporto al percorso di emancipazione e di contrasto alla povertà. individuando la valutazione multidimensionale e il progetto personalizzato quali livelli essenziali delle prestazioni.
Pertanto per ciò che concerne i servizi per l’accesso e la valutazione e i sostegni da individuare nel progetto personalizzato afferenti al sistema integrato di interventi e servizi sociali, è stata ripresa con maggior vigore ed aggiornato quanto già indicato dalla L. 328 del 2000:
a) segretariato sociale;
b) servizio sociale professionale per la presa in carico, inclusa la componente sociale della valutazione multidimensionale;
c) tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione;
d) sostegno socioeducativo domiciliare o territoriale;
e) assistenza domiciliare socio-assistenziale e servizi di prossimità;
f) sostegno alla genitorialità e servizio di mediazione familiare;
g) servizio di mediazione culturale;
h) servizio di pronto intervento sociale.
In tale contesto all’interno del Fondo nazionale per la lotta alla povertà sono state disposte specifiche indicazioni, già peraltro avviate con il d.lgs. 147/2017, circa il progressivo potenziamento del Servizio Sociale Professionale e gli impegni finanziari per l’assunzione a tempo indeterminato di assistenti sociali, fino a raggiungere in rapporto con la popolazione, di un assistente sociale ogni 4.000 abitanti.
Di particolare rilievo l’istituzione del Centro servizi per il contrasto alla povertà.
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C)IL TERZO PIANO NAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTÀ
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Con il Decreto del 2 aprile 2025 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha adottato il Piano Nazionale Sociale 2024-26 ed il Piano Nazionale per la Lotta alla povertà.
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In estrema sintesi si rappresentano di seguito le priorità e le linee di intervento disposte, che si riallacciano a quanto già indicato dal d. lgs. 17/2017, dai Piani Nazionali per la lotta alla povertà 2018-2020 e 2021-2023.
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In via preliminare il Piano Povertà ha la specifica funzione di individuare lo sviluppo degli interventi nell’ottica di una progressione graduale, nei limiti delle risorse disponibili, nel raggiungimento di Livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire sull’intero territorio nazionale.
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Viene confermato, quindi, il riconoscimento dei LEPS nel loro carattere universalistico, specificando che le risorse del Fondo povertà saranno utilizzate secondo l’articolazione delle priorità del Piano come aggiornate alla luce degli interventi normativi vigenti che hanno riguardato:
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– l’istituzione dell’Assegno di inclusione;
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-la definizione di nuovi LEPS nell’ambito del contrasto alla marginalità estrema e degli interventi di pronto intervento sociale;
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– l’eliminazione dal Fondo della quota di finanziamento dedicata alla sperimentazione di interventi in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Nell’obiettivo di costruire specifiche azioni di sistema, il Piano evidenzia il ruolo delle Regioni, quanto a programmazione, e il ruolo determinante degli Ambiti Territoriali Sociali, per potenziare gli interventi e i servizi relativi alla definizione dei percorsi personalizzati di inclusione sociale e i sostegni in essi previsti, riferibili ai beneficiari dell’ADI, nonché ai nuclei familiari e agli individui in simili condizioni di disagio economico.
Nel contesto del Piano sono in effetti confermate le linee di intervento e le disposizioni connesse all’obiettivo di rafforzare le azioni di sistema volte a conferire continuità agli interventi con riferimento a:
− Rafforzamento del Servizio Sociale Professionale;
− Rafforzamento degli interventi di inclusione (valutazione multidimensionale e attivazione dei servizi e sostegni nel Patto per l’Inclusione Sociale, tra i quali il Pronto Intervento sociale;
-rafforzamento delle equipe multiprofessionali);
− Segretariato sociale/servizi per l’accesso;
− Sistemi informativi;
− Progetti Utili alla Collettività (PUC)
Viene anche indicato il ruolo del volontariato e degli Enti del Terzo settore (ETS), definite d’intesa con i Comuni.
Riprendendo quanto già indicato nel secondo Piano nazionale di lotta alla povertà 2021-2023, è stata confermata la disposizione relativa all’ istituzione dei Centri servizi per il contrasto alla povertà (previsti peraltro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanziato dall’Unione europea – Next generation Eu la Misura M5C2 – Inclusione e coesione, il sub-investimento) vicini a luoghi della vita cittadina, ben riconoscibili e facilmente accessibili.
Viene prevista la creazione di almeno un Centro servizi in 250 ATS, prevedendo un finanziamento di circa 1,1 milioni per centro, per un totale di circa 270 milioni di euro.
OSSERVAZIONI
L’azione dei Governi succedutisi nel corso degli anni nei confronti della lotta ed al contrasto alla povertà, è caratterizzata da una fluttuazione di provvedimenti che specialmente nell’ultimo quinquennio hanno il carattere e l’approccio alla ricerca ed alla scelta di soluzioni.
Nel governo 2021-2022, sono state portate avanti specifiche azioni per la lotta ed il contrasto alla povertà, ed è stato approvato il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà (con il DM 30 dicembre 2021 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), e ripartito il fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale relativo al triennio 2021-2023
In relazione all’emergenza COVID sono state introdotte diverse misure non solo in ambito sanitario ma anche sociale, da parte dello Stato e da parte delle diverse Regioni italiane.
Particolare attenzione è stata conferita allo sviluppo ed al finanziamento del Servizio Sociale Professionale realizzato negli Ambiti Sociali Territoriali.
Proprio con il decreto legislativo n. 147/2017 e con il Piano nazionale per la lotta alla povertà si è avviato un deciso percorso volto a rafforzare il Servizio Sociale Professionale negli Ambiti Territoriali Sociali, e quindi all’obiettivo, come già sostenuto da Abhijit V. Banejee e da Esther Duflo (premio Nobel per l‘economia nel 2019) nel libro “L’economia dei poveri”, di superare il concetto di sussidio per giungere alla prospettiva concreta attuazione di promozione dell’autonomia e della liberazione dal bisogno, con adeguati programmi di intervento sociale e di politiche volte ad orientare e sostenere le persone in stato di povertà e le loro famiglie.
Il recente Piano, in ultima analisi, si collega a quanto già portato avanti dai precedenti piani, che comunque trovano la loro fonte primaria nel d. lgs. n 147/2017, che in effetti ha delineato tutte le azioni di sistema, ed individuato già allora il ruolo del Segretariato Sociale e del Servizio Sociale Professionale.
