Il figlio, di Jeanne-Pierre e Luc Dardenne | Tracce e Sentieri, 5 Agosto 2004 – 8 Novembre 2011

C’è un filone nel cinema di cultura francese il cui tono emotivo mi sembra definibile come “oggettivo ed empatico”: attributi che mi arrivano contemporaneamente,. Sono registi, autori, interpreti che sanno raccontare storie di normale vita quotidiana con oggettività, sguardo attento e partecipazione emotiva. E’ uno stile riconoscibile in un attimo, attraverso una inquadratura o i volti di certi attori. Penso ai giovani sulla soglia della vita adulta dei film di Rohmer, alla Marsiglia popolare di Guèdiguian, agli slanci vitali delle ragazze di “La vita sognata degli angeli” di Zonca …
Ma con i film dei belgi Jeanne-Pierre e Luc Dardenne l’effetto è sempre quello molto coinvolgente di una presa di coscienza in situazioni estreme. In  “Il figlio (2002) al falegname Olivier, che insegna questo mestiere in una scuola professionale per adolescenti usciti dal riformatorio, capita di incrociare il sedicenne che cinque anni prima ha strangolato, durante un furto, il suo figlio. Gli capita questo nello stesso giorno in cui la sua ex-moglie gli comunica che si risposerà e che è incinta. E gli capita di voler far posto nella sua vita a questo ragazzo.
La macchina da presa sta addosso ad Olivier, indugia sui suoi gesti di lavoro, registra le sue attenzioni educative, mostra la sua solitudine, insiste sul suo mal di schiena, che cura con una specie di cilicio e esercizi di ginnastica effettuati in una fredda e scarna cucina. Ma, soprattutto, la cinepresa ci fa partecipare al costruirsi di questa relazione che nasce da un dolore non rimarginato. Olivier guarda, scruta, spia, interroga il ragazzo. Gli insegna a riconoscere le qualità del legno, ad usare gli attrezzi, ad imparare un lavoro che potrebbe dargli un’altra chance di vita. E solo alla fine gli rivela di essere il padre della sua vittima.
Alla ex-moglie che gli dice “Nessuno lo farebbe. Perché lo fai?”, Olivier risponde “Non lo so”. E’ lo spettatore che deve provare a rispondere. L’immedesimazione con Olivier è intensa e passa attraverso lo sguardo, le incertezze e la  sua evidente sofferenza. Si partecipa al dramma interiore, ai dilemmi, alle domande che lo attraversano come lance. Olivier, durante tutto il racconto, non chiama mai per nome il ragazzo. Nominare, dare il nome a questo “figlio” che ha ucciso l’altro e che ne ha preso il posto è la cosa impossibile.  Per tutto il film Olivier corre, corre avanti e indietro,  come per cercare la strada giusta per riprendere a vivere.

E’ una storia di dolore per un figlio perso e di un padre che lo ridiventa per caso, per desiderio,. per necessità.

Film: “Il figlio”, di Jeanne-Pierre e Luc Dardenne | Tracce e Sentieri, 5 Agosto 2004 – 8 Novembre 2011.

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