Gabriele De Ritis sul libro di Duccio Demetrio, L’interiorità maschile, Cortina 2010

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demetrio

DUCCIO DEMETRIO,L’interiorità maschile. Le solitudini degli uomini,RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2010


Indice del volume:

Con sguardo preoccupato: Cronaca di un’idea
1.  Maschi e uomini: Una specie interiore?
2.  In un corpo di donna: Miti e storie
3.  Figure d’uomo nel tempo: Quando Narciso è triste
4.  La tragicità maschile: Nel labirinto, non si estingue l’eroe
5.  In fuga da se stessi: L’epica della solitudine
6.  Ritratti virili: Nobili d’animo e di silenzi
7.  A scuola dalle donne: Esercizi per maschi affaticati
8.  Un commiato incruento: Per dimenticare Giuditta

DUCCIO DEMETRIO, Dia-logo versus mono-logo? Riflessioni sull’esercizio autobiografico come incontro filosofico (contenuto inAdultità. Rivista semestrale sulla condizione adulta e i processi formativi, n.27, marzo 2008 – numero monografico intitolato Le pratiche filosofiche nella formazione: imparare a vivere, a cura di Romano Màdera), pp.7-12

Indice del saggio:
Preambolo
Esercizi filosofici e tenacia introspettiva della scrittura di sé
Non dimenticare la lezione fenomenologica
L’autobiografia come stile filosofico e di vita

DUCCIO DEMETRIO,L’educazione è interiore. E’ autodisciplina che lascia e cerca tracce invisibili(contenuto neL’educazione non è finita, RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2009), pp.139-144

Tutta la seconda parte dell’opera è un’illustrazione dell’idea dell’educazione come autodisciplina interiore:
I. L’educazione è autodisciplina – Perché deve tornare nelle nostre mani, pp.109-12
II. L’educazione è liberale – E’ autodisciplina che non tollera gli oltraggi del potere, pp.123-130
III. L’educazione è personale – E’ autodisciplina che ci rende unici e irriproducibili, pp.131-137
IV. L’educazione è interiore – E’ autodisciplina che lascia e cerca tracce invisibili, pp.139-144
V. L’educazione è generosa – E’ autodisciplina dei diritti non solo verso se stessi, pp.145-148
VI. L’educazione è indocile – E’ autodisciplina del dovere di essere indisciplinati, pp.149-151

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Lo stile latino preferisce il concreto all’astratto. Esso ‘direbbe’ “l’uomo interiore”, non “l’interiorità maschile” E Duccio Demetrio, che pure intitola la sua opera “L’interiorità maschile”, a pagina 44 – discutendo di “Chirone: l’uomo completo” – per la prima volta scrive: “l’uomo interiore” (non “il maschio interiore”). Nella pagina successiva si dedica ad una “Lode agli uomini interiori”. Un ulteriore ‘passaggio’ è dato da ‘uomo’ rispetto a ‘maschio’.

L’opera si apre con un auspicio che l’Autore rivolge a se stesso: vorrebbe scrivere come uomo, non comemaschio. Dunque, più che al maschio interiore è interessato all’uomo interiore. D’altra parte, l’interiorità maschile è cosa che pertiene all’uomo, più che al maschio. E’ più corretto dire, allora,l’uomo interiore.

Cioè che è in questione qui è l’interiorità dell’uomo, del maschio come della femmina. Il titolo va bene, perché è chiaro: allude alla condizione in cui si ritrova il maschio, per cui ha da realizzare la propria natura umana, deve crescere a dignità di uomo, ergendosi al di sopra dell’appartenenza di genere, se per genere si vorrà intendere il genere maschile e il genere femminile. A me piace dire: il genere umano maschile e il genere umano femminile, dove l’accento è posto su umano, più che su maschile efemminile.

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L’opera di Demetrio è dedicata

A tutte le donne che ci aiutano a interrogare la vita interiore, senza fare troppe domande alle nostre solitudini.

A pagina 15 si legge:

Interiorità è pensare, custodire intimità, èavere una memoria alla quale poniamo domande, è tutto quanto non può sfuggire alla coscienza. L’interiorità èpreoccupazione etica, è propensione filosofica e artistica, è vocazione religiosao soltanto sensibilità per quanto, della vita, non riusciamo sempre acomprendere. Nessuno, il bruto quanto l’animo migliore, ne è esente. Varieranno i contenuti e le tensioni interiori, ma tanto il criminale quanto l’uomo integerrimo ne hanno una. Chi di più e chi di meno, ognuno ama coltivarla e non si astiene dal farne apertamente argomento di discussione anche con altri, con i quali condivide identiche sensibilità: in ragione della propria storia, di consuetudini educative apprese. Nella caparbia volontà di non voler vivere solamente di apparenze. E’ a questo punto che le qualità interiori si divaricano: per taluni sono fonte di una ricerca continua, per altri sono lo strumento per pensare (anzi per covare), non visti, pensieri e azioni non particolarmente elevati. O funzionali ai propri più disparati tornaconto.

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Saltando a una rapida conclusione, a proposito della necessità di attivare gli strati profondi della propria sensibilità ci è di aiuto quanto afferma Duccio Demetrio nel saggio contenuto in Adultità, che si apre così:

In una recentissima intervista, Pierre Hadot ci ricorda che: «In ambito filosofico, l’esercizio spirituale può considerarsi come una pratica volontaria, tutta personale, destinata a provocare una profonda trasformazione dell’individuo, una profonda metamorfosi del sé». E prosegue: «Per alcuni filosofi antichi, questa pratica potrebbe essere messa in relazione con il prepararsi ad affrontare le difficoltà della vita: la malattia, la povertà, la mancanza del necessario, la variazione improvvisa della fortuna impongono un esercizio interiore che ci aiuta nella quotidianità e, nello stesso tempo, ci insegna a ragionare e a interiorizzare il sapere» (Intervista a Pierre Hadot a cura di N.Ordine, Corriere della sera, 27 febbraio 2008, p.37).

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… visto da Ada Ascari, della Libera Università dell’Autobiografia

… visto da Giorgio Macario, della Libera Università dell’Autobiografia

… visto da Paolo Ferrario

… visto da me: Ciò che sono diventato. Al di là e oltre ciò che credevo di essere

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