Questa breve lettura psicoanalitica del film, per punti essenziali, vuole essere più che altro un ordito di guida alla comprensione psicologica profonda della vicenda umana che vi si narra, in modo tale da farne risaltare le analogie in termini di processo con quanto avviene al nostro interno quando ci imbattiamo improvvisamente in un dato esperienziale estremo, che ci apre violentemente gli occhi su un aspetto della realtà che non conoscevamo, e con quanto avviene nel sociale, in cui l’individuale è trama e tramato, poiché non si può capire l’uno se non attraverso l’altro, e soprattutto perché è proprio attraverso l’uno che si vuole parlare dell’altro e, come vedremo, del “possibile oltre” il sottosuolo melmoso del “troppo umano”. A tal fine è necessario integrare nel peculiare simbolismo psicoanalitico i codici simbolici universali patrimonio dell’umanità fin dai primordi, anche perché costituiscono la matrice più antica da cui scaturisce il discorso dell’inconscio. Lo stesso sceneggiatore parla di come si è trovato immediatamente d’accordo col regista nell’escludere di voler fare un film realistico, sociologico, localistico, quanto invece simbolico e universale, affinché (amplifico io) possa meglio parlare nel profondo dell’attuale condizione di umano degrado e al fine di rendere praticabile la via d’uscita indicata dal fanciullo verso una nuova antropologia.
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