in questo articolo cadavrexquis analizza la condizione soggettivo- culturale e comunicativa dell’omosessuale, usando (magari anche in modo non esplicito) il metodo di Erving Goffman
questo è un piccolo testo letterario e scientifico, come di consueto magistralmente scritto
PFerrario
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Una cosa che, per esempio, distingue l’omosessuale medio dall’eterosessuale medio – entrambi, cioè, spogliati da qualsiasi orpello che differenzi individuo da individuo – è che il secondo non si preoccupa mai, né saprebbe porsi il problema, dell’effetto che fa in quanto eterosessuale, cioè in quanto appartenente a una categoria. L’omosessuale, invece, lo fa sempre e se anche non lo fa esplicitamente (o cerca di non farlo esplicitamente, saltando al di là della propria ombra per ribadire il concetto, corretto in astratto, che ognuno di noi è un individuo a sé stante in cui si amalgamano diverse caratteristiche che rendono inutile una qualsiasi etichetta) di fatto ha sempre l’atteggiamento guardingo di chi non soltanto vive, ma ha ben presente l’immagine rispecchiata di sé nell’altro.
tutto l’articolo qui: cadavrexquis: Non vedere l’effetto che si fa.
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