Walter PASSERINI, Scuola, università e formazione professionale. Ecco su cosa dovremmo puntare | in La Stampa 3 luglio 2012

I giovani senza lavoro nel Vecchio continente sono oltre 5,5 milioni. Se in Italia oltre un giovane sui tre che cercano un lavoro è disoccupato, ci battono solo Grecia e Spagna, i campioni dello spread (oltre il 50% di disoccupazione giovanile), mentre i più virtuosi sono i tedeschi, gli austriaci e gli olandesi, compresi tra l’8 e il 9% di disoccupazione giovanile.

Forse dovremmo mandare i nostri governanti degli ultimi 10-15 anni a studiare le politiche dei paesi più amici dei giovani e capiremmo che in quei paesi gli under 25 sono la priorità. In Italia invece sono il segno dell’impotenza, la cartina di tornasole della cattiva volontà di una classe dirigente di gerontocrati, legati come cozze ai loro privilegi. Certo l’anagrafe alla fine vincerà, ma intanto lo spreco di speranze, di risorse e di futuro grida vendetta e dovrebbe farci vergognare. Eppure i rimedi, il pentagramma delle cose da fare è sotto gli occhi di tutti.

Le voci dell’agenda si chiamano scuola, università, orientamento, lavoro, culture. Il distacco della scuola dal mondo del lavoro è abissale. Certo vi sono esempi eroici di contatto tra mondi che non si amano, ma sono ancora una goccia rispetto ai bisogni. Stage, concorsi, alternanza, apprendistato sono strumenti che in altri paesi rappresentano la norma, mentre in Italia suscitano lo scherno degli scettici. Le università per legge dovrebbero fornire servizi di placement ai propri studenti, ma quelle che lo fanno davvero si contano sulle dita di due mani. L’orientamento è una cosa troppo seria per essere lasciato nelle mani delle famiglie, degli insegnanti o delle compagnie di giro, che stipano i ragazzi in sale cinematografiche altrimenti vuote e infliggono loro lezioni sul nulla.

da La Stampa 3 luglio 2012

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