Dove sono i Churchill, gli Attlee, le Thatcher?
Dove sono gli statisti che hanno fatto grande il Regno Unito?
Lo spettacolo offerto dalla classe politica britannica di oggi sarebbe ridicolo, se non fosse tragico: quello cui stiamo assistendo è il suicidio in diretta dell’intera élite di una nazione che una volta dominava un impero vasto dal Canada all’Australia.
E le conseguenze possono coinvolgere l’Europa tutta.
Ormai quasi ogni giorno in Parlamento va in scena un’opera buffa: e i dimostranti ecologisti che lunedì si sono denudati in aula mostrando le chiappe ai deputati non erano la cosa più ridicola. A Westminster tre volte hanno bocciato l’accordo sulla Brexit raggiunto da Theresa May con la Ue: ma quando poi hanno provato a indicare un’alternativa, hanno impallinato tutte le ipotesi. No a una soft Brexit, ma no anche alla sua revoca, no a un secondo referendum, ma no anche al no deal (l’uscita senza accordi). Deputati d’accordo su una sola cosa, non essere d’accordo su nulla: la Madre di tutti i Parlamenti, depositaria della sovranità nazionale, ha abdicato a se stessa. Ma il governo, se possibile, ha fatto anche peggio. Theresa May ha tracciato, all’inizio delle trattative, delle linee rosse che non era in grado di rispettare e in cui è finita intrappolata. Brexit significa fine del mercato unico, dell’unione doganale, della libertà di circolazione, della giurisdizione europea, aveva proclamato: ma non aveva spiegato al Paese il baratto necessario fra sovranità e prosperità. Più si guadagna in termini di indipendenza politica, più si perde in termini di integrazione economica: e non se ne esce. E poi (ops!) si erano dimenticati della questione irlandese: una bazzecola… Per questo i negoziati condotti dai britannici con Bruxelles sono stati la fiera del dilettantismo. (L’articolo completo sul Corriere di oggi)