A causa del coronavirus un imprenditore italiano su dieci è esposto all’usura. Lo dice l’indagine della Confcommercio sull’infiltrazione della criminalità organizzata nel commercio e nella ristorazione durante e dopo il lockdown. Carenza di liquidità e calo dei consumi hanno messo in difficoltà il 60% delle attività prese in considerazione. Quasi il 30%, tra burocrazia e protocolli di sicurezza, ha visto incrementare i costi. E c’è un 11% di imprese che indica nella criminalità un ulteriore ostacolo.
«Il racket ha già fiutato l’affare. Il prezzo: da 3 a 5.000 euro per un contratto di lavoro falso, da badante a chi fa il manovale, da colf a chi lava i piatti in un ristorante. Un escamotage che vale il permesso di soggiorno a chi è rimasto fuori dalla sanatoria, almeno la metà dei 600.000 immigrati irregolari che vivono in Italia, di certo tutti quelli che lavorano nell’edilizia, nella logistica, nel turismo, nel terziario» [Ziniti, Rep].