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Perché mai un uomo può “essere brutto” – magari calvo, con un naso prominente, occhi sporgenti… – mentre alle donne è richiesto di rispettare precisi canoni estetici e di apparire sempre giovani e attraenti?
È una domanda per la quale non abbiamo una risposta soddisfacente. Una donna nasce, cresce e passa tutta la vita a tenersi alla larga dall’essere identificata come “brutta”: è la storia raccontata da Giulia Blasi in questo libro, una raccolta di saggi brevi che hanno l’esplosività di una serie di monologhi lucidi e affilati, a metà tra ferocia e risata.
Dall’infanzia alla prima adolescenza, dai vent’anni all’età in cui comincia l’invecchiamento, la storia del suo corpo è la storia del corpo di ogni donna: un corpo che va nel mondo con la consapevolezza della quantità di spazio che può occupare e di attenzione che può pretendere in ragione di come viene etichettato. Una consapevolezza che cambia prospettiva se ci si pone la domanda iniziale e poi si prosegue secondo la stessa logica chiedendosi: chi ha detto che, per occupare uno spazio pubblico, per vivere appieno in società, si debba per forza essere belle?
Giulia Blasi appartiene alla Generazione X (i nati fra il 1964 e il 1980) ed è stata un’adolescente infelice nei rutilanti anni Ottanta.
Per fortuna, più o meno a quell’epoca, ha scoperto due cose che la rendono felice: il femminismo e la scrittura.
Ha pubblicato
Nudo d’uomo con calzino (Einaudi Stile Libero),
Il mondo prima che arrivassi tu e Siamo ancora tutti vivi (Mondadori),
Se basta un fiore (Piemme).
Con Rizzoli sono usciti i suoi saggi Manuale per ragazze rivoluzionarie (2018; Bur 2020) e Rivoluzione Z (2020).
