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- Tra le sentenze su cui la procura di Padova fonda l’impugnazione di atti di nascita relativi a figli di due donne, nati con fecondazione eterologa praticata all’estero, c’è quella del dicembre 2022 con cui la Cassazione ha vietato che sull’atto sia indicato il genitore non biologico. Ma tale sentenza riguarda la gestazione per altri, non l’eterologa.
- L’impugnazione non si basa nemmeno sulla circolare del Viminale che ha recepito il principio di tale sentenza. La procura mostra solerzia maggiore rispetto a Piantedosi. Il ministro è intervenuto sulle trascrizioni da fare in futuro. La procura impugna trascrizioni fatte dal 2017, cioè nel passato.
- A chi dice che la procura ha applicato la legge, serve replicare che non c’è una legge, ma un vuoto legislativo che genera caos. E non c’è legge che oggi protegga i minori vissuti per anni sapendo di avere due genitori, i quali ora si trovano sprovvisti non solo di uno dei due, ma pure dei diritti che quel genitore poteva garantire.
alcuni estratti:
La legge italiana consente l’accesso alla eterologa a coppie formate da soggetti di sesso diverso, con patologie di sterilità o di infertilità che non possono essere risolte. Per aggirare l’ostacolo, coppie dello stesso sesso ricorrono a questa pratica andando in stati dove essa non è vietata.
Per diversi anni, gli ufficiali di stato civile in Italia hanno trascritto atti di nascita con l’indicazione di entrambi i componenti della coppia omoaffettiva. Sulla stessa linea si è posta la giurisprudenza. Ad esempio nel 2016 la Cassazione ha ammesso la trascrizione di un atto straniero relativo alla nascita di un figlio da due donne a seguito di procedura assimilabile alla fecondazione eterologa, per aver la prima donato l’ovulo e la seconda condotto a termine la gravidanza con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto.
Successivamente, la Cassazione è sembrata mutare orientamento, negando il riconoscimento del minore, nato da eterologa, da parte del genitore d’intenzione, vale a dire la persona legata al genitore biologico. Tuttavia in questi casi, a differenza di quello del 2016, il bambino era nato in Italia, e non all’estero, per cui andava applicata la legge italiana, che considera madre soltanto colei che ha partorito.
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Dunque, a chi dice che la procura di Padova ha agito in base alla legge, bisogna replicare che, al contrario, c’è un vuoto legislativo che genera caos. Negli anni scorsi diversi tribunali di merito avevano avallato la scelta dei sindaci di consentire l’indicazione sull’atto di nascita di genitori dello stesso sesso. Ora si va in senso opposto, come dimostra il caso di Padova, e non solo.
Il 23 giugno, il tribunale di Milano ha eliminato l’indicazione del padre non biologico dall’atto di nascita del figlio di una coppia di uomini, nato con maternità surrogata. Mentre, per eliminazione del nome della madre non biologica dagli atti relativi ai figli di tre coppie di donne, nati con procreazione assistita, i giudici hanno affermato che serve un altro procedimento per la «rimozione dello stato di figlio».
In questo caos, non c’è una legge che tuteli il bambino durante il tempo che serve per l’adozione speciale. E non c’è una legge che oggi protegga i minori di Padova, nonché altri nella stessa situazione, vissuti per anni sapendo di avere due genitori, i quali ora si trovano all’improvviso sprovvisti non solo di uno dei due, ma pure dei diritti che tale genitore poteva garantire. Non basta la non meglio precisata “sanatoria” ipotizzata da Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia: serve una legge.
