| La via di Atreju, di Tommaso Ciriaco “La via italiana” di Giorgia Meloni è un misto di risentimento, rivendicazione, rabbia. Contro la stampa. Contro i nemici che minacciano la sorella Arianna. Contro le opposizioni. La Cgil. Contro Elly Schlein e pure Romano Prodi (non sia mai tornasse davvero un grande centro cattolico e democratico). Contro Roberto Saviano e gli amici del gay pride. Ma soprattutto, contro oscuri “detrattori” travestiti da fantasmi: li evoca per un’ora dal palco, ma sono ectoplasmi senza nome e senza forma. È “il loro sistema”, dice proprio così. Quelli della “Ztl”, quelli con la “spocchia”. I “tifosi dello spread”. È il mondo di Giorgia: noi contro di loro, il bene contro il male. La destra del popolo contro i radical chic. O forse, più banalmente: è la destra al potere, senza aggettivi. Tutto è studiato, nel catino del Circo Massimo: ogni attacco, ogni singolo bersaglio, ogni frase pronunciata a squarciagola. La premier si sofferma pochissimo sugli ultimi ventisei mesi trascorsi a Palazzo Chigi, molto di più su chi prova a opporsi al suo governo. Forse teme le recenti crepe nella maggioranza, forse vuole preparare l’elettorato alla terza legge di bilancio di sacrifici, fatto sta che la presidente del Consiglio riscopre le radici, costruisce il nemico, alimenta passioni ostili all’avversario, si nutre dello scontro. E promette: andrò avanti fino al 2027 e “oltre”. |
