Il discorso del 47° presidente, le implicazioni per l’America e il mondo: punto per punto (da Prima Ora, il Punto del Corriere della Sera, a cura di Gianluca Mercuri)
- L’affronto a Biden Senza mai nominarlo, il presidente entrante ha attaccato l’uscente, seduto a due passi da lui, affermando che il suo ritorno alla Casa Bianca pone fine a «un governo che non riesce a gestire le crisi in patria e all’estero, che non protegge i cittadini ma protegge criminali usciti da ospedali psichiatrici arrivati illegalmente, che difende i confini di Paesi stranieri ma non i propri e la sua gente». Altra stoccata, quando ha detto di aver ricevuto «un mandato per capovolgere completamente un orribile tradimento». Trump continua cioè a contestare la legittimità del successo di Biden nel 2020. Un punto su cui ha insistito.
- L’altro discorso e la grazia di massa Con la moglie Melania sepolta per ore sotto un cappellino che aveva la funzione di celare la mancanza di sorrisi e di approvazione espressiva, un Trump in modalità fluviale ha tenuto un secondo discorso nella Emancipation Hall del Campidoglio, con i fedelissimi che non erano potuti entrare nella Rotunda del giuramento. Lì è stato ancora più duro, come riporta Viviana Mazza: «Trump ha detto che l’elezione del 2020 fu rubata, ha accusato Nancy Pelosi, l’ex speaker democratica della Camera (assente all’insediamento) di aver rifiutato 10 mila soldati che le aveva offerto per difendere il Campidoglio il 6 gennaio 2021 (cosa mai dimostrata), ha sostenuto che le accuse a lui e ai sostenitori per quel giorno sono false e ha accennato al fatto che intende concedere dei perdoni presidenziali». Detto, fatto: nella notte italiana il presidente ha graziato gli assalitori del 6 gennaio 2021. Quattro anni fa, il passaggio di consegne tra presidenti non c’era stato proprio per il tentativo trumpiano di sovvertire il voto.
Ma cosa farà – o ha già fatto, con un centinaio di ordini esecutivi firmati già nelle prime ore – Donald Trump? Che anni si prospettano con lui nel posto più importante del mondo? Se sarà lo tsunami promesso, per molti aspetti sarà comunque più graduale di quanto annunciato. Vediamo perché.
Lui e l’America
- Le incognite sui migranti È uno dei temi-chiave del trumpismo, da sempre. Oltre a dichiarare lo stato di emergenza al confine col Messico, Trump ha subito rispolverato una legge del 1798, l’Alien Enemies Act, che gli dà poteri straordinai per combattere le gang criminali. Ha anche bloccato la app CBP, un canale di immigrazione legale che faceva entrare 1.450 migranti al giorno. Più complicata, invece, l’espulsione di massa di milioni di migranti clandestini: misura applicabile solo con un ricorso massiccio alla forza che sfocerebbe facilmente in disordini. Da capire poi dove saranno mandati, gli espulsi. Non semplice neanche l’altra misura-bandiera, lo stop allo ius soli, la cittadinanza automatica ai figli di migranti illegali nati in America: nelle misure varate ieri non c’era. La spiegazione è che ci sono vincoli costituzionali non certo semplici da risolvere.
- Dazi non subito, non proprio Anche qui, c’è un gap tra dire e fare. Trump ha promesso dazi su qualsiasi prodotto all’ingresso negli Usa: tra il 10 e il 20% dall’Europa, al 25% da Canada e Messico e al 60% dalla Cina. Ma per ora è probabile che usi la minaccia per trattare con le controparti. Le incognite d’altronde non mancano, e anche se Trump ha sempre negato effetti inflazionistici, i dazi che ha annunciato sono enormi anche rispetto al suo primo mandato. Perciò, come spiegano Mazza e Gaggi, «è probabile che l’indiscrezione pubblicata qualche giorno fa – i tecnici studiano dazi limitati a pochi settori strategici dell’economia proprio per evitare di rendere ancor più costosa la spesa degli americani – sia fondata».
- Ambiente ed energia «Drill baby drill», trivella bellezza trivella: Trump l’ha ripetuto con gusto e lo farà. Ma l’America è già ultra-perforata e lui punterà quindi sulle aree protette e quelle costiere. L’obiettivo è abbassare ulteriormente il prezzo di gas e petrolio per contenere l’inflazione. Cancellate, poi, le norme di Biden per favorire le auto elettriche. E l’America uscirà di nuovo dagli Accordi di Parigi sul clima.
- Gender e diversità Ci solo due generi, ha detto Trump: maschi e femmine, e così sarà ovunque. Nell’amministrazione, nell’esercito, nelle scuole, non ci si potrà definire in altri modi. Nemmeno nelle carceri, dove saranno eliminate le protezioni per i transgender. Forte dei consensi guadagnati tra gli afroamericani, il presidente procederà senza troppe esitazioni alla cancellazione delle politiche Dei (diversity, equity, inclusion) adottate per sostenere le minoranze etniche svantaggiate.
- Il ruolo della tecno-oligarchia C’erano tutti, accanto a lui. Ed è uno schieramento plastico, plateale, che non si può paragonare alle connessioni passate tra Big Tech e i democratici: quel rapporto era molto più controverso, ora c’è un’alleanza esplicita. La spiega Gaggi: «I capi di big tech vengono descritti come genuflessi davanti al nuovo potere politico. In realtà, però, loro – o, meglio, alcuni di loro – “sono” il nuovo potere politico». Non pensate solo ai tre più ricchi del pianeta, i soliti Elon Musk (434 miliardi di dollari), Jeff Bezos (240) e Mark Zuckerberg (212): contano anche di più i meno glamour Peter Thiel e Marc Andreessen, guru dell’economia digitale, che «hanno visioni ideologiche su un futuro dell’America segnato da forme di autoritarismo tecnologico più definite e coerenti di quelle di Elon». Andreessen è il vero ideologo del tecno-trumpismo e Thiel, già padrino del vicepresidente J.D. Vance, ha un numero impressionante di uomini nella nuova amministrazione.
Lui e il mondo
- Le nuove minacce a Panama Ieri Trump ha lasciato in pace Canada e Groenlandia, mentre ha ribadito che intende riassumere il controllo del canale costruito dagli Usa, poi ceduto al Paese centroamericano e ora di fatto controllato dai cinesi. Ha detto però che intende essere un «portatore di pace».
- I piani di pace I suoi propositi sono noti: stop alla guerra tra Russia e Ucraina – anche se non proprio in 24 ore come aveva promesso – con prevedibili sacrifici territoriali per il Paese aggredito. In Medio Oriente, punta a fare ingoiare agli israeliani un mini-Stato palestinese in cambio di una storica normalizzazione con i sauditi: sarà durissima. Ma se ci riuscisse, il suo sogno di un Nobel per la Pace non sarebbe assurdo.
- Un mondo ridotto a giungla? È il timore del grande geo-politologo Ian Bremmer, che parla di G-Zero in contrapposizione ai multilateralismi dei G7 o G20. Bremmer prevede un Trump senza troppi ostacoli in patria e senza troppe remore fuori:
«Ciò che rende questa volta diversa è la mano molto più forte di Trump in patria e all’estero. Non solo ha un mandato, il controllo del Congresso e del Partito repubblicano e una Corte Suprema con 6-3 a suo favore, ma avrà anche un’amministrazione più ideologicamente allineata e fedele. Il suo stile di leadership personalistico e il consolidamento del potere significano che la politica interna ed estera degli Stati Uniti dipenderanno sempre più dalle decisioni di un solo uomo e della sua cerchia ristretta, proprio quello che i Padri fondatori hanno cercato di evitare attraverso i controlli e gli equilibri costituzionali».
«La visione del mondo di Trump rappresenta un deciso rifiuto dell’impegno americano del dopoguerra per la sicurezza collettiva globale, il libero scambio e la promozione della democrazia a favore del transazionalismo. Gli Stati Uniti stanno sempre più adottando un approccio piuttosto cinese alle relazioni internazionali: la conclusione di accordi bilaterali con scarsa considerazione per i valori comuni, lo Stato di diritto, il multilateralismo o il bene pubblico globale. L’idea è che il Paese più potente del mondo possa giocare questo gioco in modo più efficace di Pechino. Si chiama “America First” non a caso».
«Trump non è la causa, ma il principale sintomo e beneficiario: il suo ritorno al potere accelererà la tendenza verso un sistema internazionale più pericoloso e soggetto a crisi. Il predatore più forte potrà anche accumulare uccisioni impressionanti, ma la giungla diventerà sempre più letale e selvaggia per tutti – compresi, alla fine, gli Stati Uniti».
Lui, l’Europa e l’Italia
Giorgia Meloni ha presenziato all’inaugurazione, seduta accanto al presidente argentino Javier Milei: «La leader della destra italiana è l’unico capo di governo occidentale invitato alla cerimonia, ma solo il tempo dirà se sia stato un azzardo o una scommessa vinta», scrive Monica Guerzoni. In queste settimane, affiora infatti un dubbio cruciale: la presidente del Consiglio agirà da cerniera tra l’Europa e l’America di Trump, o invece riscoprirà grazie a Trump le proprie pulsioni sovraniste e anti-europeiste, coltivando un rapporto privilegiato con lui? Se ne occupa Massimo Franco:
«Nelle tensioni che emergono in Europa si coglie un’incognita. E cioè se l’Italia del governo di destra si prepara a mediare tra Usa e Ue; o se è l’avanguardia di un rapporto in ordine sparso con la Casa Bianca. Certo, la presenza solitaria di Meloni a Washington stride con l’assenza dei vertici delle istituzioni europee. E il fatto che molti degli invitati siano antieuropeisti convinti di destra acuisce i timori. Né aiuta il tentativo scoperto di Trump di agitare lo spettro dei dazi per le merci europee esportate negli Usa. Eppure, tirare conclusioni appare affrettato, se non imprudente. Quanto avviene conferma solo l’esigenza di ogni Paese di calibrare l’appartenenza all’Europa con l’alleanza con gli Stati uniti; e sapere che trovare un equilibrio non sarà facile. Ma appare un percorso inevitabile. E c’è chi ritiene che il ruolo di Meloni non sia tanto quello di diventare l’avanguardia trumpiana nel Vecchio continente. Semmai, potrebbe essere l’antidoto a rapporti conflittuali e destinati a complicarsi, sebbene necessari a entrambi, Usa e Ue. Per questo sembra che la Commissione Ue non veda male questo dialogo ravvicinato».
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Donald Trump ha prestato giuramento come 47esimo presidente degli Stati Uniti. Ieri si è tenuta a Capitol Hill la cerimonia d’inaugurazione con cui è stato ufficializzato il suo insediamento alla Casa Bianca. Una cerimonia al chiuso – sia per questioni meteorologiche che di ordine pubblico – alla quale era presente come unica leader occidentale la premier Giorgia Meloni. Mattia Ferraresi analizza il primo discorso tenuto da Trump nel quale ha annunciato l’inizio di una “età dell’oro” attaccando il Green Deal, i migranti e i diritti Lgbtq+. Mario Del Pero spiega cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi quattro anni. Secondo un sondaggio, gli esperti occidentali temono che l’agenda politica del tycoon abbia ripercussioni negative per l’economia e l’ambiente.
dal quotidiano IL FOGLIO:
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Le promesse del nuovo presidente sono mostruose, ma altre potrebbero apparire tutt’altro. Il fine invalida i mezzi. Ribaltare Machiavelli per difendere la democrazia liberale dalle imposture di Trump, di Claudio Cerasa, Leggi tutto l’articolo
L’egocrazia democratica di Mr. Donald Trump
Il discorso trumpiano, la grande rivoluzione del XXI secolo e la nuova religione del complotto del deep state. Il nuovo presidente ha mostrato la sua volontà di gestire la democrazia e la repubblica americana in forma imperiale, di Giuliano Ferrara, Leggi tutto l’articolo
DA IL POST:
