I soccorritori del «999» chiamati la sera del 3 agosto 2007 dalla giovane mamma Tracey Connelly, trovarono morto Baby P, il piccolo Peter con la chioma bionda e gli occhi azzurrissimi. Era adagiato nelle lenzuola del suo lettino inzuppate dal sangue di 22 ferite. Il corpo era macchiato dai lividi e dai segni delle emorragie interne provocate da ripetute percosse sull’ addome, alla testa, alla schiena. E, sulla pelle delicata, era timbrato coi buchi scavati dai mozziconi di sigaretta. Appena due giorni prima, la pediatra Sabah Al-Zayyat, in un ospedale del nord di Londra vicino a Tottenham dove abitava la famiglia, aveva visitato Baby P e non si era accorta di quelle ecchimosi rispendendo il bimbo di diciassette mesi a casa. Nell’ inferno della sua casa. Non aveva dato retta, la dottoressa, ai pianti di dolore e neppure si era resa conto che alcune delle cicatrici e dei «blu» erano stati nascosti con un velo di cioccolata. Un’ atrocità. Tracey Connelly col convivente Jason Barker, ladro, piromane, attaccabrighe, e il sadico fratello di questo, Steven, un nazista fanatico e violentatore di bambini, aveva cancellato le prove degli ultimi accanimenti. Ma ben peggio della pediatra, prima di quel 3 agosto 2007, avevano combinato i responsabili dei servizi sociali di zona i quali per 70 volte, dall’ 1 marzo 2006 il giorno della nascita di Peter, pur avendo Tracey, la mamma, nei loro registri di cura e di assistenza, avevano sentenziato che Baby P doveva vivere lì, nell’ inferno.
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E il giudice svelò i torturatori di Baby P, di Fabio Cavalera in Corriere della sera 12.8.2009
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alla riflessione di chi elogia il welfare inglese e, all’opposto, denigra quell italiano.
non sempre l’erba del vicino è sempre più verde
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